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Mar 11, 2024

Sing for Darfur è il nome della Fondazione no-profit nata nella primavera del 2007 grazie a un gruppo di registi olandesi, con lo scopo di aumentare la consapevolezza del ruolo dell’Occidente nei confronti del Darfur.

L’olandese Johan Kramer è stato cofondatore e direttore della KesselsKramer, agenzia di comunicazione di Amsterdam e, dopo essersi occupato di pubblicità, fotografia, cortometraggi, videoclip, documentari, installazioni video, ha esordito con il doc The Other Final (2003), prima di questo Sing for Darfur, che non è un documentario, e non è nemmeno realizzato in Darfur. Il lungometraggio è stato girato a Barcellona, e qui lo spettatore segue a ritmo dinamico – ritmo dato anche e soprattutto dall’aspetto profilmico e filmico – le vicende di più personaggi in un giorno particolare: un concerto pop internazionale per aiutare la popolazione del Darfur. E ciò che viene messo in risalto e che segue proprio lo scopo della fondazione, è la palese distanza esistente tra la capitale catalana e il Darfur, distanza evidenziata da un senso di paura, di solitudine, di razzismo.



Ma durante il film, queste sensazioni negative vengono affrontate con apparente leggerezza e un pizzico di provocazione: lo spettatore non può rimanere indifferente, sotto il punto di vista stilistico-formale, all’importante uso del black&white, uso appositamente scelto da Kramer, il quale ha, infatti, dichiarato: «Credo che la scelta monocromatica possa considerarsi come uno specchio che riflette la realtà di una fastidiosa e superficiale società moderna in rapida e continua trasformazione». Ammirevole, inoltre, la scelta presa dalla fondazione di devolvere il denaro ricavato dal film a tutti quei registi sudanesi che vorranno realizzare progetti di sensibilizzazione per testimoniare la tragedia che affligge la popolazione della regione africana.


Grazie a
Cinemafrica!
Per saperne di più Sing for Darfur


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Mar 11, 2024

Da un lato lotta contro la censura, dall’altro spera di portare la pace in Sudan con la sua musica: il cantautore Abazar Hamid viaggia nelle zone rurali del paese cercando di convertire le cantanti tradizionali arabe dell’odio note come “Janjaweed”.

Abazar Hamid ha presentato le sue canzoni d’amore e di pace al comitato di sorveglianza della musica che in gran parte le ha censurate e respinte. Solo i brani più innocui sono trasmessi dalla radio sudanese.

Clicca per vedere il video. Ci scusiamo per la pubblicità iniziale


Abazar Hamid è un avvocato, e spesso cerca di negoziare con i membri del comitato di governo quando si tenta di censurare i testi o le sue canzoni. Ha recentemente trattato con la censura il permesso di registrare e produrre ‘Nuovo Sudan’ e ‘la pace nel Darfur’ in cambio di non cantare una canzone intitolata ‘Basta’ (in arabo: ‘Kifaya’).

Il testo di ‘Basta’ dice:

Adesso il mormorio diventa un urlo
E la cenere brucia come un fuoco
contro l’imbroglio.
Non aspetteremo a lungo.
Non attenderemo la notte.


Abazar Hamid cerca di convincere le cantanti Hakama a smettere di cantare le canzoni che incitano all’odio e alla violenza. Il loro ruolo tradizionale è di incitare gli uomini prima della battaglia. Ecco un esempio di testo:

Il sangue dei neri scorre come l’acqua
prendiamo i loro beni
e cacciamoli dalla nostra zona
e il nostro bestiame andrà nella loro terra.

Il potere del [presidente sudanese Omer Hassan] al-Bashir
appartiene agli arabi
e noi vi uccidereme sino alla fine, voi neri
abbiamo ucciso il vostro Dio.


Amnesty International ha raccolto diverse testimonianze che citano la presenza di Hakama – le donne ‘Janjaweed’ -, durante un attacco contro il villaggio di Disa nel giugno 2003.

L’agenzia dell’ONU per i rifugiati stima che nel corso degli ultimi tre anni quasi 200.000 innocenti sono stati uccisi. Si stima che 86.000 persone sono state uccise come diretta conseguenza della violenza armata nel conflitto, mentre circa 110.000 sono morte di fame e malattie. Due milioni sono stati costretti a fuggire dalle loro case, tra cui 220.000 rifugiati sudanesi che sono fuggiti oltre frontiera.
Queste cifre, tuttavia, si basano su calcoli teorici.




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Mar 11, 2024

ncew tekeste baireSi è tenuto il 14 e 15 aprile il Congresso regionale Cisl Marche “Noi vivremo del Lavoro”.
Ai lavori congressuali hanno partecipato Tekeste Baire, segretario nazionale di NCEW, il sindacato eritreo, e Tecle Yigzaw, Responsabile della ricerca e dello sviluppo del sindacato. ISCOS Marche è attiva in Eritrea con numerosi progetti, e pur tra mille difficoltà, cerca di lavorare alla costruzione di una società eritrea in cui siano riconosciuti i diritti fondamentali di pace, salute, istruzione, attraverso la crescita di un sindacato libero e indipendente.



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Mar 11, 2024

Riceviamo e pubblichiamo:

Una buona notizia per Pasqua.

A seguito dell’urgente richiesta dell’ILO al Ministro del Lavoro birmano per la immediata e incondizionata liberazione dei 5 sindacalisti arrestati il 1 Aprile dopo aver partecipato al primo Congresso del sindacato birmano, considerato dalla giunta una organizzazione terrorista, i cinque sindacalisti sono stati liberati.
Le autorita’ hanno proibito loro di continuare a lavorare con l’FTUB.

Ancora una volta l’intervento tempestivo dell’ILO, anche su sollecitazione CISL ha portato i suoi frutti.
Ancora 2.100 prigionieri politici sono nelle carceri birmane condannati a lunghi anni di detenzione senza alcun motivo, come il sidnacalista Myo Aung Thant che e’ stato insignito dalla CISL del Premio Giulio Pastore e che sta scontando la pena dell’ergastolo per il solo fatto di essere un leader sindacale.

L’appello per la liberazione immediata di tutti i detenuti politici puo’ essere sottoscritto sul sito

Cecilia Brighi



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Mar 11, 2024

Riportiamo da Misna:

Farid EsackIl lato orientale del muro di separazione (muro “della vergogna” o barriera di annessione coloniale secondo diverse associazioni per i diritti umani) che divide la Cisgiordania da Israele sta per ospitare uno dei più grandi graffiti al mondo. Attivisti olandesi e palestinesi scriveranno sulle lastre di cemento che lo compongono una lettera di oltre 2000 parole, in cui l’autore denuncia “la brutalità dell’apartheid israeliano”. Il testo, opera dell’intellettuale e attivista politico sudafricano Farid Esack, nominato dall’ex-presidente e premio Nobel per la pace Nelson Mandela alla guida di una commissione per i diritti umani e l’uguaglianza di genere, sarà scritto nero su bianco su un’unica riga, lunga circa 2500 metri. “Hanno forse dimenticato, i nostri fratelli e sorelle ebrei, l’umiliazione da loro patita” si chiede Esack nella missiva “ al punto che, nella loro terra, assistiamo a qualcosa di più brutale, spietato e inumano di quanto mai accaduto durante il regime di apartheid?”. In un altro brano, riportato oggi dal quotidiano israeliano Ha’aretz, lo scrittore musulmano sottolinea, in riferimento alla recente offensiva israeliana ‘Piombo fuso’ sulla Striscia di Gaza, costata la vita a oltre 3000 persone, che “neanche durante la segregazione razziale in Sudafrica si erano usate bombe e armi micidiali contro civili disarmati”. Secondo gli attivisti impegnati nel progetto, la scrittura del testo richiederà all’incirca otto giorni; la lettera andrà ad aggiungersi ai circa 850 messaggi che dal dicembre 2007 gli attivisti di ‘Send a message’, una ong di attivisti olandesi e palestinesi, hanno scritto sul muro e che gli sono stati commissionati per soli 30 euro da internauti di tutto il mondo. “Il nostro è un modo per dimostrare ai palestinesi che non sono soli e che il mondo non li ha dimenticati” dice Justus Van Oel, responsabile del progetto per parte olandese. Quanto ai palestinesi, i graffiti sono un modo per esorcizzare le difficoltà e inviare un messaggio all’esterno, precisa Faris Arouri, da parte palestinese: “Siamo persone come te, con senso dell’umorismo e voglia di vivere”.

Per saperne di più: Send a message

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Mar 11, 2024

L’International Labour Organization (ILO) celebrerà i suoi 90 anni con una serie di eventi ed attività nel mondo organizzate da governi e organizzazioni di lavoratori e datoriali in 128 stati membri.
A partire dal 21 aprile oltre cento eventi nel mondo saranno uniti nel tema “90 anni per la giustizia sociale”. Alcune nazioni lanceranno anche i nuovi programmi nazionali per il Lavoro dignitoso.
Il 90° anniversario arriva in un periodo di crisi globale, finanziaria, economica e del lavoro, nel quale il valore fondamentale della giustizia sociale, basata sui quattro pilastri del lavoro dignitoso: promozione dell’impiego, protezione sociale, dialogo e diritti sul lavoro, è centrale per un recupero sostenibile.

In Italia si terrà la Conferenza celebrativa del 90° anniversario dell’ILO – 21 aprile 2009 ore 10.00 – Parlamentino del CNEL, Viale David Lubin 2, Roma, con la partecipazione di ANTONIO MARZANO, Presidente del CNEL, il Presidente della Repubblica GIORGIO NAPOLITANO, CLAUDIO LENOCI, Direttore dell’Ufficio per l’Italia e San Marino, FRANÇOIS EYRAUD, Direttore del Centro internazionale di formazione dell’ILO di Torino, FRANCESCA SANTORO, Presidente Commissione internazionale e delle politiche comunitarie del CNEL; MAURIZIO SACCONI, Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, GIAMPAOLO GALLI, Direttore Generale di Confindustria, GIOVANNI TRIA, rappresentante del Governo al Consiglio di Amministrazione dell’ILO, FABRIZIO ONIDA, Consigliere del CNEL, Università Bocconi di Milano, CINZIA DEL RIO, rappresentante sindacale al Consiglio di Amministrazione dell’ILO.

Qui l’invito

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Mar 11, 2024

Segnaliamo un altro interessante articolo di Osservatorio sui Balcani:

A un anno dall’iniziativa europea sulla liberalizzazione dei visti, per i cittadini albanesi varcare il confine rimane un’impresa. Con Bruxelles ancora lontana e il Kosovo indipendente, nel paese si fanno strada aspirazioni nazionalistiche di integrazione panalbanese.
A quasi vent’anni dal crollo del regime, l’Albania rimane uno dei paesi più isolati d’Europa. In una graduatoria stilata in base alla libertà di movimento (fonte: la società Henry International Visa Restriction), si colloca al 182esimo posto su 192 paesi presi in esame, in coda a tutti i paesi europei – vicini balcanici inclusi – e a fianco di Cambogia, Libano, Pakistan e Sudan.

Il territorio più inaccessibile ai cittadini albanesi è l’Unione Europea, ma non sono di facile accesso neanche alcuni dei paesi balcanici non ancora integrati nell’UE. Non ha contribuito al miglioramento della situazione nemmeno l’iniziativa europea sulla liberalizzazione dei visti, entrata in vigore il primo gennaio 2008: questo è quanto risulta da un rapporto pubblicato dalla ONG di Tirana “European Movement in Albania”.

Continua la lettura su Osservatorio sui Balcani

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