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  • Mar 11, 2024
  • 2 minutes

Da un lato lotta contro la censura, dall’altro spera di portare la pace in Sudan con la sua musica: il cantautore Abazar Hamid viaggia nelle zone rurali del paese cercando di convertire le cantanti tradizionali arabe dell’odio note come “Janjaweed”.

Abazar Hamid ha presentato le sue canzoni d’amore e di pace al comitato di sorveglianza della musica che in gran parte le ha censurate e respinte. Solo i brani più innocui sono trasmessi dalla radio sudanese.

Clicca per vedere il video. Ci scusiamo per la pubblicità iniziale

Abazar Hamid è un avvocato, e spesso cerca di negoziare con i membri del comitato di governo quando si tenta di censurare i testi o le sue canzoni. Ha recentemente trattato con la censura il permesso di registrare e produrre ‘Nuovo Sudan’ e ‘la pace nel Darfur’ in cambio di non cantare una canzone intitolata ‘Basta’ (in arabo: ‘Kifaya’).

Il testo di ‘Basta’ dice:

Adesso il mormorio diventa un urlo
E la cenere brucia come un fuoco
contro l’imbroglio.
Non aspetteremo a lungo.
Non attenderemo la notte.

Abazar Hamid cerca di convincere le cantanti Hakama a smettere di cantare le canzoni che incitano all’odio e alla violenza. Il loro ruolo tradizionale è di incitare gli uomini prima della battaglia. Ecco un esempio di testo:

Il sangue dei neri scorre come l’acqua
prendiamo i loro beni
e cacciamoli dalla nostra zona
e il nostro bestiame andrà nella loro terra.

Il potere del [presidente sudanese Omer Hassan] al-Bashir
appartiene agli arabi
e noi vi uccidereme sino alla fine, voi neri
abbiamo ucciso il vostro Dio.

Amnesty International ha raccolto diverse testimonianze che citano la presenza di Hakama – le donne ‘Janjaweed’ -, durante un attacco contro il villaggio di Disa nel giugno 2003.

L’agenzia dell’ONU per i rifugiati stima che nel corso degli ultimi tre anni quasi 200.000 innocenti sono stati uccisi. Si stima che 86.000 persone sono state uccise come diretta conseguenza della violenza armata nel conflitto, mentre circa 110.000 sono morte di fame e malattie. Due milioni sono stati costretti a fuggire dalle loro case, tra cui 220.000 rifugiati sudanesi che sono fuggiti oltre frontiera.
Queste cifre, tuttavia, si basano su calcoli teorici.

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Le associazioni Tenda di Abramo e Free Woman organizzano in memoria di Elena Passini una serie di iniziative.
Un’occasione di riflessione sui temi relativi alla marginalità e alla progressiva perdita dei diritti che le persone immigrate o in situazione di difficoltà estrema subiscono nello scenario socio-culturale attuale.
La necessità di approfondire tali temi nasce anche dalla considerazione della drammaticità del momento storico che stiamo vivendo: le proposte legislative che riguardano gli immigrati (pacchetto sicurezza, possibilità di segnalazione dei clandestini da parte dei medici, schedatura dei senza fissa dimora) destano infatti forte preoccupazione e sconcerto perché sono il tragico segnale di una lettura del fenomeno immigrazione solo in chiave di allarme sociale e di sicurezza e non secondo gli imprescindibili paradigmi interculturali.

DEDICATO AD ELENA
ATTRAVERSARE IL CONFINE…
PER COSTRUIRE UNA CONVIVENZA POSSIBILE

Martedì 31 Marzo 2009 Ore 21.30
CINEMA TEATRO EXCELSIOR
FALCONARA M.ma
Proiezione del film PARADA di Marco Bechis
Il film ha per oggetto la riflessione sul tema del riscatto dall’emarginazione dei bambini di strada in Romania

Venerdì 3 Aprile 2009 Ore 21.15
Teatro di MONTEMARCIANO
CONCERTO di MUSICA POPOLARE BRASILIANA dal titolo “SAUDADE do BRASIL”
SELMA HERNANDEZ
Quintet

Martedì 7 Aprile 2009
Ore 21.30
CINEMA TEATRO EXCELSIOR
FALCONARA M.ma
Proiezione del film IL GIARDINO DI LIMONI di Eran Riklis
Il film ha per oggetto la riflessione sul difficile rapporto tra le culture israeliana e palestinese

La rassegna si concluderà con un incontro nel mese di maggio aperto a tutta la cittadinanza e alle istituzioni. Il convegno sarà l’occasione per una riflessione pubblica con alcuni esperti che con il loro lavoro quotidiano testimoniano e tracciano percorsi di integrazione e inclusione sociale.

Per saperne di più: Tenda di Abramo



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  • 11 Marzo 2024
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il pesce e i diritti cambogiaChi si occupa di aiuti umanitari era solito dire che se dai ad un uomo un pesce lo sfami per un giorno; insegnagli a pescare e lo sfamerai per tutta la vita. Ma…

‘Se va bene per un uomo potrebbe andare bene per una donna, e quella donna sa già come pescare.
Lei vorrebbe che il suo fiume fosse libero dalle aziende che rubano legname e dai pescatori di frodo.
Preferirebbe che il governo non costruisca dighe enormi, dighe che hanno rovinato i suoi mezzi di sussistenza.
Preferirebbe che la polizia non cacci via brutalmente le comunità per far posto alla diga.
Non vuole carità. Vorrebbe rispetto per i suoi diritti.’

Una donna capo villaggio, Cambogia

Mrs Svey Sap Sak, Cambogia. Foto: Jack Picone/Oxfam

Da: The urgency of now, Oxfam


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  • 11 Marzo 2024
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