Tramite tutte le strutture sindcali CISL è possibile raccogliere ed inviare beni e prodotti di prima necessità per i profughi interni dello Swat in Pakistan.
Come molte delle crisi in atto, anche quella del nord del Pakistan ha assunto i toni di una vera e propria emergenza umanitaria. Da diversi mesi la popolazione dei distretti del Dir, del Buner e dello Swat è vittima degli attacchi tra l’esercito pakistano e le milizie dei Taliban pakistani.
Nel Febbraio 2009 la firma di un accordo tra il Governo pakistano ed il leader religioso del distretto dello Swat avrebbe dovuto portare al disarmo dei Taliban nella zona in cambio della concessione di instaurare la legge coranica nel distretto. L’accordo non è stato rispettato dai Taliban e la risposta dell’esercito non si è fatta attendere. E’ in atto una guerra interna: il prezzo più alto di questa guerra continuano quotidianamente a pagarlo migliaia di famiglie – di cosiddetti profughi interni – costrette ad abbandonare le loro case ed il loro lavoro per salvarsi la vita.
Il numero dei profughi interni continua a crescere giorno per giorno: secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sono già oltre 2 milioni, di cui il 48% bambini. Nell’area di Swabi e Mardan sono stati allestiti circa 30 campi profughi. Molte sono le famiglie non ancora alloggiate. E’ necessario un forte impegno e grande solidarietà per far fronte alle necessità primarie dei profughi la cui larga maggioranza è rappresentata da donne e bambini.
Nella giornata di venerdì 22 maggio 2009 è stato lanciato un appello dall’Ambasciata del Pakistan in Italia al fine di attivare azioni coordinate di solidarietà nei confronti di queste popolazioni di profughi. La richiesta più urgente è quella di invio di beni per garantire la sopravvivenza di milioni di persone. Riportiamo di seguito la lista dei beni e prodotti richiesti dall’Ambasciata del Pakistan e invitiamo le strutture territoriali e di categoria a contattare le aziende che producono o distribuiscono tali prodotti, per un atto di solidarietà.
Il leader libico Muammar Gheddafi visiterà l’Italia dal 10 al 12 giugno. Una tappa storica, che segna il riallineamento di Roma e Tripoli. Gheddafi parlerà di affari, ma anche e soprattutto di immigrazione, e di respingimenti in mare. Chi conosce quale destino attende gli emigranti e i rifugiati respinti al largo di Lampedusa e imprigionati nelle carceri libiche, non può rimanere indifferente e complice. Per questo invitiamo tutti a manifestare il proprio dissenso, per non rimanere indifferenti, e per essere migliori di chi ci rappresenta. Siamo tanti. Siamo molti di più di quanto possiate immaginare.
“La gente non vuole l’invasione di clandestini ed è per questo che apprezza la linea di Maroni, che per la prima volta è riuscito a fermare gli sbarchi”, Roberto Cota, capogruppo della Lega alla Camera, 10/05/09
Secondo i dati ufficiali degli ultimi 7 anni, per ogni immigrato che arriva via mare, il Governo chiede l’ingresso di altri 12 con la programmazione dei “decreti flussi” che stabiliscono di quanta manodopera straniera l’Italia ha bisogno.
Anno 2002 Sbarcati 23.719 Richiesti dal Governo 20.500 più sanatoria 697.000 2003 Sbarcati 14.331 Richiesti dal Governo 19.500 2004 Sbarcati 13.635 Richiesti dal Governo 79.000 2005 Sbarcati 22.939 Richiesti dal Governo 159.000 2006 Sbarcati 22.016 Richiesti dal Governo 520.000 2007 Sbarcati 20.165 Richiesti dal Governo 170.000 2008 Sbarcati 36.951 Richiesti dal Governo 150.000
Totale: Sbarcati 153.756 Richiesti dal Governo 1.815.000
2) CLANDESTINO A CHI?
I respingimenti in Libia sono “una svolta nella lotta all’immigrazione clandestina”, Roberto Maroni, 7/05/09
Secondo dati del Ministero dell’Interno, solo il 13% degli immigrati senza permesso di soggiorno è arrivato via mare. E tutti gli altri? In aereo. Con un visto turistico, che poi hanno lasciato scadere. La clandestinità in realtà è il primo passo di quasi tutti i percorsi migratori. Si entra da regolari, con un visto turistico. Poi il visto scade, si entra nella clandestinità e si cerca un lavoro in nero in attesa di regolarizzarsi.
3) I REGOLARI
“Solo la fermezza crea condizioni per una positiva gestione dell’immigrazione regolare”, Roberto Maroni, 9/05/09
La legge prevede che il datore di lavoro debba assumere l’immigrato prima dell’ingresso in Italia, quando ancora si trova nel suo paese di origine. Ma come si fa a assumere qualcuno senza averlo prima conosciuto? E’ impossibile. Infatti nessuno lo fa. A meno di vendere quella assunzione per 6-7.000 euro. Assumere uno straniero che si trova in Italia senza documenti è impossibile. Lo straniero deve prima ritornare nel proprio paese e presentarsi all’Ambasciata italiana. Una farsa
4) LEGALITÀ
“La linea dei respingimenti è in linea con le normative europee ed i trattati internazionali”, Roberto Maroni, ministro dell’Interno, 10/05/09
Nel 2005 l’Italia respinse in Libia oltre 1.500 immigrati arrivati a Lampedusa. Le operazioni vennero bloccate dalla Corte Europea dei diritti umani e dal Parlamento Europeo. Violavano il divieto di respingimento dei rifugiati sancito dalla Convenzione dell’Onu sui rifugiati, ma anche la Convenzione contro la Tortura e la Carta europea dei diritti umani, che vietano deportazioni collettive e in paesi a rischio tortura.
5) RIFUGIATI SI O NO?
“Sui barconi non vi è nessuno che possa godere del diritto di asilo”, Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, 12/05/09
Nel 2008, il 75% di chi è sbarcato a Lampedusa ha fatto richiesta di asilo politico. Non tutte erano richieste autentiche. È evidente. E infatti le domande sono esaminate da una Commissione dove siedono membri delle Nazioni Unite e delle Prefetture. Tuttavia il 50% dei richiedenti ha avuto un permesso di soggiorno per asilo politico o per protezione internazionale. Significa che una persona su tre di quelle che sbarcano in Sicilia fugge da guerre e regimi. In particolare dalle nostre ex Colonie: Somalia, Eritrea ed Etiopia. Respingerli è vietato dalle Convenzioni Internazionali. L’articolo 10 della Costituzione riconosce il diritto d’asilo politico.
6) TUTTI I DISPERATI DEL MONDO
“Il nostro Paese non può farsi carico dell’intera povertà del mondo”, Roberto Calderoli, senatore Lega Nord, Ministro per la Semplificazione normativa.
L’Italia ha il minor numero di rifugiati tra i Paesi europei. Lo scorso anno sono state presentate 31.000 domande d’asilo. I rifugiati nel mondo sono 12 milioni. L’80% si trova in paesi poveri. Siria e Giordania – da sole – ospitano due milioni di rifugiati iracheni. Iran e Pakistan – da soli – ospitano 3 milioni di rifugiati afgani. In Italia la prima nazionalità dei rifugiati è quella eritrea. Dal 2005 ne sono arrivati 6.000 via mare. In Sudan, di rifugiati eritrei ce ne sono 130.000.
Secondo il Rapporto ”Give girls a chance: tackling child labour, a key to the future”, dell’ILO, sono più di 100 milioni le bambine e le ragazzine coinvolte nel lavoro minorile in tutto il mondo. E la crisi finanziaria globale potrebbe aumentarne il numero. Si stima che la metà di loro siano impiegate in mansioni pericolose o comunque rischiose e, di queste, circa 20 milioni abbiano meno di 12 anni. La maggior parte lavora in agricoltura (il 61% nella fascia d’età 5-14 anni), seguono il settore dei servizi e il lavoro domestico (il 30%, soprattutto nell’Africa sub-sahariana e in America Latina) e l’industria manifatturiera (9%). E anche se non si hanno numeri certi, sono sempre le bambine e le ragazzine a essere obbligate a “lavori forzati” o sottopagati, e le più sfruttate nel giro del “commercio sessuale” minorile .
Quest’anno la Giornata Mondiale contro lo Sfruttamento del Lavoro Minorile è dedicato alle bambine lavoratrici, le più vulnerabili, quelle cui è negata l’istruzione. Su 75 milioni di bambini non ancora iscritti alla scuola primaria, si stima che il 55% sia femmina.
Riportiamo da ITUC un video brevissimo ma difficile da dimenticare sul lavoro minorile.
Il fondo cinese CAD ha finanziato sei progetti di investimento per un totale di oltre 90 milioni di dollari dalla sua creazione nel giugno dello scorso anno. Il China-Africa Development Fund punta principalmente a sostenere le imprese cinesi che operano in Africa.
Il fondo si concentra su investimenti in agricoltura, manifattura, infrastrutture, esplorazione delle risorse naturali e parchi industriali in nazioni africane per permettere lo sviluppo locale. “Ad esempio, il progetto per la fabbrica di vetro in Etiopia, dove il fondo CAD detiene il 40% delle quote, dovrebbe porre fine alla storica incapacità etiope di produrre vetri” ha dichiarato Chi.
Il fondo CAD è uno delle otto misure della cooperazione pratica Cina – Africa annunciata dal presidente Hu Jintao al summit di Pechino del Forum China-Africa Cooperation del novembre 2006.
Un notiziario quotidiano prodotto da Agi e un portale in inglese, realizzato da Vita, per permettere ai giornalisi africani di parlare all’Europa
In una Sala Stampa Estera affollatissima, è stato presentato a Roma il Progetto Afro al suo debutto con il portale Afronline (www.afronline.org) realzizato da Vita non profit content e il notiziario quotidiano AgiAfro. Al battesimo dell’iniziativa, illustrata dal presidente del Comitato Afro Riccardo Bonacina, un panel di africanisti di primo piano: da Massimo Alberizzi del Corriere della sera a Jonathan Clayton di The Times e Jean-Philippe Remy di Le Monde, accanto a protagonisti dell’informazione africana, Eric Shimoli (responsabile contenuti di tutti media di The Nation, quotidiano keniota, e Diana Senghor (direttrice dell’Institut Panos Afrique del l’Ouest). A parere di tutti gli intervenuti Afronline è un progetto che si muove nella gisuta direzione per tre ragioni fondamentale. Innanzitutto perché affidando il raccconto dell’Africa agli stessi giornalisti africani si potranno saltare a pié pari gli sterotipi classici dell’informazione occidentale sull’Africa che ancora non riesce ad uscire dal binomio Africa-emergenze. In secondo luogo, perché un’infrastruttura di informazione gratuita e senza scopo di lucro come Afronline potrà essere più libera dai vincoli classici sia dell’informazione globale sia dell’informazione africana, i vincoli della politica e dei poteri economici. Infine, hanno sottolineato i relatori, Afronline realizza una delle forme più innovative di cooperazione, quella tra media, tra media occidentali e media africani che sola può aiutare la crescita di giornalisti locali preparati ed efficaci nel racconto sul terreno.