• Mar 11, 2024
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Nella classifica stilata da Transparency International, il regno alawita retrocede all’88° posizione, con l’ong che accusa il governo di “incapacità e fallimento”.
Malversazione, clientelismo, racket e estorsioni continuano a trovare terreno fertile in Marocco. Si tratta di un fenomeno “endemico”, secondo quanto stipulato dall’indice di percezione della corruzione proposto da Transparency International (TI).
Un fenomeno che interessa tutti i settori e le classi sociali – seppur con gradi e implicazioni diverse – in costante aumento nell’ultimo decennio.
Fino alla fine degli anni Novanta, infatti, nella classifica stilata dalla ong tedesca il regno alawita si attestava su livelli più decorosi, prima di scivolare all’88° posto attuale, dietro alla Tunisia (75°) ma davanti alla vicina Algeria (105°; per inciso l’Italia non è messa poi tanto meglio con il suo 72° posto).
Questo perché, secondo TI, gli esecutivi che si sono succeduti non hanno adottato alcuna misura concreta per combattere una “piaga che minaccia la coesione sociale e la salute dell’economia”, a dispetto di un sensibile accrescimento di investimenti e capitali (nazionali e stranieri) in circolazione sul territorio.
A migliorare la situazione non sono servite le lunghe proteste di piazza del 2011, l’anno delle “primavere”, durante il quale il Movimento 20 febbraio aveva puntato il dito proprio contro la corruzione (largamente) diffusa nelle amministrazioni, nei centri di potere a tutti i livelli e nei circoli di Palazzo che controllano l’economia del paese, chiedendo la fine dell’impunità per i responsabili dei grandi scandali finanziari (ad esempio il primo ministro di allora Abbas El Fassi coinvolto nell’affaire Annajat).
Non sono servite nemmeno le “riforme”, seguite alle contestazioni, e l’elezione di un nuovo governo di marca islamista. La costituzione voluta dal sovrano approvata un anno e mezzo fa doveva assicurare una svolta nella direzione della bonne gouvernance e del riequilibrio dei poteri, ma così non è stato.
L’articolo 36 del nuovo testo vieta espressamente il “traffico di influenze e l’abuso di potere”, un reato punito dai 2 ai 5 anni di carcere dal codice penale.
L’articolo 166 istituisce un consiglio della concorrenza e il 167 prevede la creazione di una istanza nazionale di moralità per la lotta alla corruzione, l’ICPC (Instance centrale de la prévention de la corruption).
Ma la teoria e la pratica fanno fatica a conciliarsi – spiega il giornalista Ahmed Benchemsi dalle colonne di Le Monde – in un paese “minato dai conflitti di interesse (…) dove i poteri forti godono della complicità delle autorità elette e viceversa”.
viaLa corruzione in Marocco? “E’ un metodo di gouvernance”.

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Lo sciopero generale indetto per giovedi’ prossimo dall’Ugtt, il piu’ importante sindacato della Tunisia, si sta trasformando in una prova di forza tra il governo e le forze dell’opposizione laica. Il Paese, che certamente non aveva bisogno di questa contrapposizione frontale tra esecutivo e sindacato, aspetta con il fiato sospeso, ricordando quanto accaduto la scorsa settimana, quando la sede centrale dell’Ugtt – nel cuore di Tunisi – fu presa d’assalto dai miliziani della Lega per la protezione della rivoluzione, dichiaratamente accanto al Governo e, per esso, ad Ennadha, il partito egemone che non intende indietreggiare d’un passo davanti alle richieste della centrale sindacale. Lo sciopero generale, indetto come risposta alla violenza contro i sindacalisti (alcuni dei quali finiti in ospedale dopo essere stati aggrediti), sta diventando, giorno dopo giorno, il segno di come una parte consistente dei tunisini non intende sottostare al sistema di potere avviato da Ennahdha e chiedono che esso venga fermato. Da parte loro, i nadhauisti affermano che quanto sta accadendo non e’ altro che un passo della strategia complessiva che intende indebolire il governo e la ”rivoluzione” di cui esso si considera figlio, per rimettere in pista i vecchi esponenti del regime di Ben Ali, quelli che facevano parte dell’Rcd, il braccio politico della dittatura e che, oggi, tenterebbero di rientrare in gioco della politica aderendo a questo o quel partito dichiaratamebnte di opposizione. L’Ugtt ha comunque voluto che la popolazione, per lo sciopero generale, affronti disagi minimi e per questo l’astensione del lavoro sara’ parziale in alcuni settori strategici, come quelli energetici (gas e luce), della sanita’, dell’alimentare e dell’informazione, che sara’ ridotta al minimo. Ma tutto il resto ”rischia” di restare paralizzato, a partire dai trasporti, settore vitale soprattutto nelle grandi citta’, dove coprono non meno del 60 per cento degli spostamenti nel perimetro urbano. C’e’ chi ha fatto i conti di quanto costera’ lo sciopero generale quantificando la perdite in non meno di 700 milioni di dinari, circa 350 milioni di euro. Troppo, ha commentato qualcuno, per un Paese povero. viaTunisia: sciopero, prove generali d’opposizione al Governo – Politica – ANSAMed.it.

  • 11 Marzo 2024
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Segnaliamo la notizia della morte di Mohamed Fizazi, studente universitario, in seguito alle percosse ricevute dalle forze dell’ordine a Fès. Il padre, un imam, ha chiesto l’intervento del Re e si rifiuta di autorizzare la sepoltura fino a quando non verrà effetuata un’autopsia.

Per approfondire:

L’articolo di maghreb.msn.com:

La cité universitaire de Fès est en deuil. Mohamed Fizazi, un étudiant de 3eme année en philologie anglaise, est décédé samedi, au CHU de Fès, cinq jours après avoir été grièvement blessé pendant des affrontements ayant opposé des étudiants aux forces de l’ordre. Aujourd’hui, son père réclame une intervention royale pour que justice soit rendue à son fils. Le père de Mohamed Fizazi, l’étudiant marocain de Fès, décédé samedi au Centre hospitalier universitaire de Fès, est encore sous le choc. Cet imam, qui officie depuis 40 ans dans une mosquée de la capitale spirituelle du Maroc, veut que la lumière soit faite sur le décès de son fils. Dans un entretien filmé et publié ce lundi 28 janvier par site d’actualité local Fesnews.net, il affirme que ce dernier est mort après avoir été violement tabassé par les forces de l’ordre et réclame, en pleurs, une intervention directe du roi Mohammed VI pour que « justice soit rendue » à son fils. Aussi, le corps du défunt n’aurait toujours pas été enterré. A en croire Lakome.com, le père refuse de signer l’autorisation d’enterrement, avant qu’une autopsie ne soit pratiquée sur le corps de la vicitime, chose qui n’a pas été faite jusqu’à présent. Retour sur les circonstances de sa mort Mohamed Fizazi, 22 ans, aurait, en effet, succombé samedi, dans l’après-midi, à ses blessures contractées lundi dernier, au cours d’une « violente intervention des forces de l’ordre » qui avait pour objectif de mettre fin à un rassemblement d’étudiants de la cité universitaire Fès-Saïs. Des photos de la vicitime inconsciente, capturées au cours de son séjour à l’hôpital universitaire, ont été publiées par le portail Fès News. Selon des sources locales de l’Association marocaine des droits humains (AMDH), citées par l’agence de presse EFE, le rassemblement en question avait pour but de dénoncer « la situation catastrophique de l’université, la pénurie des enseignants », ainsi que « le manque de bourses d’études et de lits dans les chambres de la cité universitaire ». La situation serait actuellement « très tendue » à l’université et la police aurait encerclé le campus concerné, rapporte la même source. Entre temps, plusieurs associations sont mobilisées sur l’affaire. L’Union pour le changement du système éducatif prévoit notamment de lancer une campagne de soutien et solidarité avec le défunt. Une page facebook baptisée « Tous Mohamed Fizazi » vient d’être créée dans ce sens. via
Maroc : Le père d’un étudiant décédé des suites d’une ...

il video

http://youtu.be/lBduwMnEG04

 la pagina facebook (attenzione: immagini di violenza)

https://www.facebook.com/TousMohamedFizazi
  • 11 Marzo 2024
  • 2 minutes

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