Pubblichiamo la quarta intervista di Matteo Finco e Alessandro Andrenacci sul tema della mobilità umana e giustizia globale.
Ripensare il concetto di cittadinanza, in funzione di un mondo che cambia, anzi, è già cambiato. É la proposta di Laura Zanfrini, professoressa all’Università Cattolica di Milano, utile per guardare ai fenomeni migratori con occhi diversi e per affrontare i problemi della convivenza fra culture ispirandosi a principi di giustizia e solidarietà.
La professoressa – che insegna Sociologia economica e del lavoro e Sociologia della convivenza interetnica – è il direttore scientifico della summer school, organizzata a Loreto, Confini. Mobilità umana e giustizia globale.
“In una società globale e globalizzata le biografie individuali e le opportunità di carriera si realizzano anche attraverso la mobilità geografica” dice Laura Zanfrini. “Questo è vero per i nostri giovani e a maggior ragione per gli abitanti della cosiddetta periferia del mondo, che spesso vedono nella possibilità di spostarsi l’unica chance concreta per creare prospettive migliori per i propri figli. Al tempo stesso constatiamo che non solo il diritto a migrare, ma proprio il diritto a muoversi è distribuito in maniera asimmetrica, per cui i cittadini del primo mondo hanno la massima libertà di spostarsi, mentre questo diritto è molto vincolato quando si tratta di persone che provengono da Paese a forte pressione migratoria. Una delle ragioni è che spesso la politica dei visti è usata come strumento di contrasto all’immigrazione. Così si crea una grande sperequazione a livello globale”.
Allora è l’idea che abbiamo della cittadinanza a dover essere ripensata nella società globalizzata: oggi è legata indissolubilmente al territorio, in un mondo dove i confini fra le nazioni tendono spesso ad avere sempre meno importanza. “Molti intellettuali – continua – stanno portando avanti questa idea: che la cittadinanza dovrebbe essere progressivamente deterritorializzata. É una bella prospettiva dal punto di vista teorico, che incontra forti ostacoli nella traduzione pratica, ma alcuni segnali ci sono. Pensiamo ai Paesi democratici, che riconosco alcuni diritti ai non-cittadini: per esempio i bambini, che sono tutelati, hanno il diritto di andare a scuola, di essere assistiti e curati. Ci sono alcune brecce di questo tipo che vanno smantellando quell’idea forte di cittadinanza ancorata all’appartenenza ad una nazione”.
Ma se le classiche appartenenze forti in molti casi perdono consistenza, oggi il bisogno di identità emerge in altre forme. E i migranti spesso vengono scelti come capri espiatori sui quali concentrare il peso e le responsabilità di ciò che non funziona. In realtà, continua la professoressa, “i partiti e i movimenti di opinione xenofobi raramente raggiungono consensi elevati e le argomentazioni a cui fanno riferimento riguardano la concorrenza che gli immigrati esercitano sul mercato del lavoro e nell’accesso ai servizi. Da questo punto di vista si contrastano governando meglio il mercato del lavoro, perché l’immigrato diventa un concorrente sleale quando è discriminato, non quando è trattato alla pari di un lavoratore locale, ed anche investendo di più nelle politiche sociali per le fasce deboli”. Più insidiose dei movimenti xenofobi sono quelle forme che gli studiosi definiscono “di discriminazione istituzionale, iscritte nel funzionamento normale di una società, spesso inconsapevoli, ma che in realtà producono molte più disuguaglianze e discriminazioni effettive. Ad esempio la scuola, che formalmente dovrebbe sostenere maggiormente i bambini e i ragazzi che provengono da famiglie più fragili culturalmente. In realtà sappiamo che un po’ in tutti i Paesi il sistema scolastico tende a riprodurre le disuguaglianze sociali, per cui è molto più probabile che riesca a raggiungere la laurea il figlio di un laureato che quello di un immigrato. I genitori sono socialmente e culturalmente fragili e non riescono a sostenerli come fanno i genitori di altre componenti della popolazione. Sono questi i fenomeni più diffusi e più da tenere sotto controllo”.