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  • Mar 11, 2024
  • 3 minutes

Lunedì 21 luglio al Rainbow Towers Hotel di Harare il presidente Mugabe e i due leader delle formazioni di opposizione MDC, Morgan Tsvangirai e Arthur Mutambara, hanno firmato un Memorandum di intesa per risolvere la crisi in Zimbabwe.
E’ stata fondamentale la mediazione del presidente sudafricano Thabo Mbeki, sostenuta da Unione africana (UA), Onu, Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc) e dalla Società degli anziani, il gruppo che raccoglie eminenti personalità africane, incluso l’ex-segretario Onu Kofi Annan.
Dopo la firma Mugabe ha dichiarato: “Siamo qui seduti allo stesso tavolo per avviare un nuovo cammino, un percorso di interazione politica. Dobbiamo ora pensare in termini di popolo dello Zimbabwe e agire in quanto popolo dello Zimbabwe.”
Morgan Tsvangirai ha detto: “È tempo di lasciarci le amarezze alle spalle. Ci impegnamo a garantire il successo del processo negoziale. Vogliamo uno Zimbabwe migliore”. Tsvangirari era stato vittima di aggressioni prima del voto, e l’ultimo incontro tra i due è avvenuto circa dieci anni fa.
Nel documento le parti hanno definito i punti dell’agenda del negoziato (qui il testo integrale: http://allafrica.com/stories/200807220033.html).
Gli obiettivi sono: “Mettere fine alle polarizzazioni, alle divisioni, ai conflitti e all’intolleranza che ha caratterizzato la politica del nostro paese…costruire una società libera dalla violenza, dalla paura, dall’intimidazione, dall’odio, dalle protezioni politiche, dalla corruzione e fondata sulla giustizia, sulla trasparenza, sull’apertura, sulla dignità e sull’uguaglianza…avviare un dialogo mirato al ritorno della prosperità in Zimbabwe”.
Viene inoltre sottolineato che “nessuna delle parti deve comunicare, durante il periodo di dialogo, direttamente o indirettamente la sostanza della discussione ai mezzi di informazione. Le parti – inoltre – si tratterranno dalle negoziazioni attraverso i mezzi di informazione, anche attraverso i loro rappresentanti al dialogo o qualsiasi funzionario” e non prenderanno “nessuna decisione che possa influenzare l’agenda di dialogo, eccetto che per consenso”. I firmatari si impegnano anche a prendere “le misure necessarie per eliminare ogni forma di violenza politica, inclusa quella di persone al di fuori dello stato, e per assicurare la sicurezza delle persone e della proprietà”; insieme “lavoreranno per assicurare la sicurezza di ognuna delle persone sfollate e il loro sicuro ritorno a casa, garantendo che le organizzazioni per l’assistenza sociale e umanitaria siano abilitate a fornire l’assistenza richiesta”, astenendosi “dall’uso di linguaggio offensivo che potrebbe incitare l’ostilità, l’intolleranza politica e l’odio etnico”.
I dialoghi dureranno per due settimane, a partire dalla firma.
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, “incoraggia tutte le parti a impegnarsi, in buona fede, in colloqui seri che possano portare a una soluzione duratura alla crisi politica e rispondano alle necessità economiche e umanitarie urgenti della popolazione dello Zimbabwe”.
Per Jean-Maurice Ripert, ambasciatore francese all’Onu, la stretta di mano tra Mugabe e Tsvangirai, nel loro primo incontro in 10 anni, “è un buon segno…speriamo sia l’inizio di un buon lavoro insieme…le cose sembrano andare per il verso giusto e noi diamo il nostro pieno sostegno”. Secondo l’ambasciatore russo al Palazzo di Vetro, Vitaly Churkin, l’intesa giustifica la decisione di Mosca di porre il veto, insieme a Pechino, a una risoluzione del Consiglio di sicurezza per nuove sanzioni allo Zimbabwe: “E’ una notizia molto positiva. Dimostra che avevamo ragione quando dicevamo che esisteva un potenziale per i contatti tra le parti e che questo doveva essere incoraggiato dalla comunità internazionale” ha detto Churkin.

Foto: REUTERS/Philimon Bulawayo
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Un Libro verde adottato oggi dalla Commissione apre il dibattito sul modo in cui le politiche dell’istruzione possono affrontare al meglio le sfide poste dall’immigrazione e dai flussi di mobilità all’interno dell’UE. La presenza di un gran numero di bambini migranti ha implicazioni rilevanti per i sistemi d’istruzione europei. Tra i quesiti chiave vi sono i seguenti: come si può evitare la creazione di contesti scolastici segregati e migliorare quindi l’equità nell’istruzione; come far fronte alla crescente diversità di lingue materne e di prospettive culturali e costruire abilità interculturali; come adattare la didattica e costruire passerelle con le famiglie e le comunità di immigranti.

continua la lettura sul sito Rapid della Commissione
se vuoi leggere il libro verde (in inglese e in pdf) clicca qui

  • 11 Marzo 2024
  • 3 minutes
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Kohei Yamada viene dal Giappone. Per tre anni ha lavorato come cooperante in Malawi, una delle nazioni più povere dell’Africa. Viveva in un villaggio senza acqua corrente ed elettricità. In Malawi oltre il 14% degli adulti è sieropositivo, e in molti hanno paura di fare un test per l’HIV: la paura di essere abbandonati da parenti e amici è troppo forte.


Così Kohei ha deciso di scrivere una canzone per ridurre lo stigma verso i malati di HIV.


La canzone parla di un ragazzo, positivo al test, che dice alla sua ragazza di lasciarlo per trovare un uomo migliore. Ma lei risponde “non dire così, staremo insieme per sempre”.


La canzone è stata scritta per la prima volta in Chichewa, la lingua del Malawi. Kohei non parla chichewa, non è un musicista nè un cantante, ma con l’aiuto di un musicista del Malawi, convinto che uno straniero che canta in lingua locale avrebbe attirato l’attenzione, ha composto questa canzone dal titolo “Ndimakukonda”, ovvero Ti amo.


Il video della canzone passa continuamente sulla televisione locale. Mostra la coppia che si incontra, si innamora e tutti i passi del test per l’HIV. Durante il video appare Kohei in kimono. In teoria doveva rappresentare un samurai che combatte l’AIDS. Molti malawiani non l’hanno capito: “Mi chiedono sempre se sono un maestro di Kung fu o di Karate, cintura nera o cose del genere. E dico sempre si, sono cintura nera. E mi rispettano sul serio, sapete (ride).”
In Malawi ha ottenuto la nomination per il Grammy locale.

Kohei Yamada ha poi pubblicato la canzone in Giappone, e ha dato vita ad un’associazione per raccogliere fondi da destinare alla lotta all’AIDS.


L’anno scorso ha pubblicato la canzone in swahili e quest’anno in tigrino, con la presentazione in Eritrea. Il suo obiettivo è di replicare il successo del Malawi, diffondendo la cultura della prevenzione con la musica.

  • 11 Marzo 2024
  • 3 minutes

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