Lunedì 21 luglio al Rainbow Towers Hotel di Harare il presidente Mugabe e i due leader delle formazioni di opposizione MDC, Morgan Tsvangirai e Arthur Mutambara, hanno firmato un Memorandum di intesa per risolvere la crisi in Zimbabwe.
E’ stata fondamentale la mediazione del presidente sudafricano Thabo Mbeki, sostenuta da Unione africana (UA), Onu, Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc) e dalla Società degli anziani, il gruppo che raccoglie eminenti personalità africane, incluso l’ex-segretario Onu Kofi Annan.
Dopo la firma Mugabe ha dichiarato: “Siamo qui seduti allo stesso tavolo per avviare un nuovo cammino, un percorso di interazione politica. Dobbiamo ora pensare in termini di popolo dello Zimbabwe e agire in quanto popolo dello Zimbabwe.”
Morgan Tsvangirai ha detto: “È tempo di lasciarci le amarezze alle spalle. Ci impegnamo a garantire il successo del processo negoziale. Vogliamo uno Zimbabwe migliore”. Tsvangirari era stato vittima di aggressioni prima del voto, e l’ultimo incontro tra i due è avvenuto circa dieci anni fa.
Nel documento le parti hanno definito i punti dell’agenda del negoziato (qui il testo integrale:
http://allafrica.com/stories/200807220033.html).
Gli obiettivi sono: “Mettere fine alle polarizzazioni, alle divisioni, ai conflitti e all’intolleranza che ha caratterizzato la politica del nostro paese…costruire una società libera dalla violenza, dalla paura, dall’intimidazione, dall’odio, dalle protezioni politiche, dalla corruzione e fondata sulla giustizia, sulla trasparenza, sull’apertura, sulla dignità e sull’uguaglianza…avviare un dialogo mirato al ritorno della prosperità in Zimbabwe”.
Viene inoltre sottolineato che “nessuna delle parti deve comunicare, durante il periodo di dialogo, direttamente o indirettamente la sostanza della discussione ai mezzi di informazione. Le parti – inoltre – si tratterranno dalle negoziazioni attraverso i mezzi di informazione, anche attraverso i loro rappresentanti al dialogo o qualsiasi funzionario” e non prenderanno “nessuna decisione che possa influenzare l’agenda di dialogo, eccetto che per consenso”. I firmatari si impegnano anche a prendere “le misure necessarie per eliminare ogni forma di violenza politica, inclusa quella di persone al di fuori dello stato, e per assicurare la sicurezza delle persone e della proprietà”; insieme “lavoreranno per assicurare la sicurezza di ognuna delle persone sfollate e il loro sicuro ritorno a casa, garantendo che le organizzazioni per l’assistenza sociale e umanitaria siano abilitate a fornire l’assistenza richiesta”, astenendosi “dall’uso di linguaggio offensivo che potrebbe incitare l’ostilità, l’intolleranza politica e l’odio etnico”.
I dialoghi dureranno per due settimane, a partire dalla firma.
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, “incoraggia tutte le parti a impegnarsi, in buona fede, in colloqui seri che possano portare a una soluzione duratura alla crisi politica e rispondano alle necessità economiche e umanitarie urgenti della popolazione dello Zimbabwe”.
Per Jean-Maurice Ripert, ambasciatore francese all’Onu, la stretta di mano tra Mugabe e Tsvangirai, nel loro primo incontro in 10 anni, “è un buon segno…speriamo sia l’inizio di un buon lavoro insieme…le cose sembrano andare per il verso giusto e noi diamo il nostro pieno sostegno”. Secondo l’ambasciatore russo al Palazzo di Vetro, Vitaly Churkin, l’intesa giustifica la decisione di Mosca di porre il veto, insieme a Pechino, a una risoluzione del Consiglio di sicurezza per nuove sanzioni allo Zimbabwe: “E’ una notizia molto positiva. Dimostra che avevamo ragione quando dicevamo che esisteva un potenziale per i contatti tra le parti e che questo doveva essere incoraggiato dalla comunità internazionale” ha detto Churkin.