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  • Mar 11, 2024
  • 2 minutes


E’ uscito il rapporto 2008 di Small Arms Survey, organo di ricerca delle Nazioni Unite sulla proliferazione delle armi leggere con sede a Ginevra.
Alcune parti del rapporto (tra cui anche un fumetto sul traffico di armi) si possono scaricare dal sito dell’agenzia.
“Il dirottamento dei carichi di armi è fonte di spedizioni importanti e letali verso aree di conflitto e regioni dove la violenza criminale e l’instabilità sono vere e proprie piaghe” si legge nel riassunto della ricerca, che si riferisce a “regimi africani crudeli, gruppi armati sudamericani e milizie del Corno d’Africa”. Secondo gli esperti, “alcune di queste spedizioni illecite sono talmente importanti che competono con gli arsenali posseduti dalle forze armate di piccoli paesi”. Il dirottamento assume diverse forme: dalle piccole spedizioni di pezzi acquisiti legalmente ma assemblati illegalmente ai massicci invii organizzati dai cosiddetti ‘mercanti di morte’ attraverso la giungla con velivoli dell’era sovietica, con, talvolta, il tacito consenso di funzionari governativi. “Benché i governi non siano trasparenti sulla conformità della loro pratiche, è chiaro che trascurano le verifiche dopo le consegne” si legge ancora nel rapporto, precisando che la maggior parte dei dirottamenti è il risultato di negligenze. Non da trascurare – segnalano gli autori del rapporto – il furto di armi detenute dai civili, che secondo stime potrebbe ammontare a circa 650.000 pezzi all’anno. I maggiori esportatori di armi leggeri e di piccolo calibro restano, nell’ordine, Stati Uniti, Italia, Germania, Belgio, Austria, Brasile, Russia e Cina, mentre i più grossi importatori sono Stati-Uniti, Arabia Saudita, Canada, Francia e Germania. Almeno 51 paesi producono armi leggere, compresi missili antiaeri e mitragliatrici anticarro. Su 200 milioni di armi leggere censite nel mondo, 76 milioni costituiscono un’eccedenza che dovrebbe essere distrutta, ma alla distruzione – che riguarda 430.000 pezzi all’anno – i governi preferiscono spesso l’esportazione.

Fonti: Misna, Small Arms Survey.

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Un Libro verde adottato oggi dalla Commissione apre il dibattito sul modo in cui le politiche dell’istruzione possono affrontare al meglio le sfide poste dall’immigrazione e dai flussi di mobilità all’interno dell’UE. La presenza di un gran numero di bambini migranti ha implicazioni rilevanti per i sistemi d’istruzione europei. Tra i quesiti chiave vi sono i seguenti: come si può evitare la creazione di contesti scolastici segregati e migliorare quindi l’equità nell’istruzione; come far fronte alla crescente diversità di lingue materne e di prospettive culturali e costruire abilità interculturali; come adattare la didattica e costruire passerelle con le famiglie e le comunità di immigranti.

continua la lettura sul sito Rapid della Commissione
se vuoi leggere il libro verde (in inglese e in pdf) clicca qui

  • 11 Marzo 2024
  • 2 minutes
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Kohei Yamada viene dal Giappone. Per tre anni ha lavorato come cooperante in Malawi, una delle nazioni più povere dell’Africa. Viveva in un villaggio senza acqua corrente ed elettricità. In Malawi oltre il 14% degli adulti è sieropositivo, e in molti hanno paura di fare un test per l’HIV: la paura di essere abbandonati da parenti e amici è troppo forte.


Così Kohei ha deciso di scrivere una canzone per ridurre lo stigma verso i malati di HIV.


La canzone parla di un ragazzo, positivo al test, che dice alla sua ragazza di lasciarlo per trovare un uomo migliore. Ma lei risponde “non dire così, staremo insieme per sempre”.


La canzone è stata scritta per la prima volta in Chichewa, la lingua del Malawi. Kohei non parla chichewa, non è un musicista nè un cantante, ma con l’aiuto di un musicista del Malawi, convinto che uno straniero che canta in lingua locale avrebbe attirato l’attenzione, ha composto questa canzone dal titolo “Ndimakukonda”, ovvero Ti amo.


Il video della canzone passa continuamente sulla televisione locale. Mostra la coppia che si incontra, si innamora e tutti i passi del test per l’HIV. Durante il video appare Kohei in kimono. In teoria doveva rappresentare un samurai che combatte l’AIDS. Molti malawiani non l’hanno capito: “Mi chiedono sempre se sono un maestro di Kung fu o di Karate, cintura nera o cose del genere. E dico sempre si, sono cintura nera. E mi rispettano sul serio, sapete (ride).”
In Malawi ha ottenuto la nomination per il Grammy locale.

Kohei Yamada ha poi pubblicato la canzone in Giappone, e ha dato vita ad un’associazione per raccogliere fondi da destinare alla lotta all’AIDS.


L’anno scorso ha pubblicato la canzone in swahili e quest’anno in tigrino, con la presentazione in Eritrea. Il suo obiettivo è di replicare il successo del Malawi, diffondendo la cultura della prevenzione con la musica.

  • 11 Marzo 2024
  • 2 minutes

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