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  • Mar 11, 2024
  • 4 minutes


Dal 6 al 9 luglio 2008 a Koulikoro, in Mali, si è tenuto il VII Forum dei popoli. Hanno partecipato centinaia di attivisti di ong, sindacati, organizzazioni africane e di tutto il mondo. Questo forum è visto come una risposta al G8, un’espressione dei bisogni della parte più povera del pianeta.
Nella dichiarazione finale del vertice possiamo leggere: “Il mondo intero attraversa negli ultimi decenni una crisi economica e sociale di estrema gravità. La crisi da un’offensiva del capitale finanziario internazionale che si traduce nella distruzione sistematica delle conquiste dei lavoratori, nella militarizzazione delle relazioni internazionali, nell’intensificarsi delle guerre, delle conquiste coloniali e imperialiste (Iraq, Afghanistan, Palestina), nel ricatto nucleare, nella criminalizzazione dell’immigrazione, nell’impennata dei prezzi dei carburanti, nella crisi alimentare, nelle sempre più folli e assassine riforme del Fondo monetario internazionale, della Banca Mondiale e dell’Organizzazione mondiale del commercio, nelle privatizzazioni anarchiche di settori vitali delle economie”.
I rappresentanti esprimono inoltre il sospetto che la crisi alimentare mondiale sia creata artificialmente per favorire l’introduzione in agricoltura degli organismi geneticamente modificati (ogm), soprattutto nei paesi del Sud del mondo; e hanno ricordato dati scomodi, come l’irrisoria cifra di 39 miliardi di dollari che il G8 nel 2005 si è impegnato a cancellare per il debito estero dei paesi poveri mentre l’Africa affonda in un debito complessivo di 215 miliardi di dollari e l’America Latina ne deve 723 miliardi. Il Forum ha anche ricordato uno dei paradossi mortali della civiltà contemporanea: “mentre il mondo ha bisogno soltanto di 30 miliardi di dollari l’anno per rilanciare l’agricoltura e sradicare definitivamente la fame, 1200 miliardi vengono spesi in armamenti e 862 milioni di persone muoiono di fame.”
“Signori del G8, per favore rispettate i vostri impegni”, chiede Bernard Ouedraogo, del Burkina Faso, “non voglio entrare nel dettaglio dei numeri, ma ricordate gli aiuti allo sviluppo promessi da questi leader, dove sono? Si sono materializzati? Quindi, era una promessa vana! Una promessa vana!”
Tahirou Bah, segretario generale di “Movement of the Voiceless” (movimento dei senza voce), NGO di Bamako, ha dichiarato: “Mi rifiuto di capire come leader democraticamente eletti possano mancare di onorare i propri impegni. Sembra che gli annunci siano fatti soltanto per tenere a bada la coscienza. Ma questa situazione non può durare. Ci sarà una rivoluzione, i poveri prepareranno una rivoluzione.”
“I leader del G8 sono incapaci di generosità. Sono incapaci di guardare in faccia la realtà, ed è un peccato. Tocca ora alle nazioni del sud, alle società civili, ai contadini del mondo assumersi le proprie responsabilità” ha dichiarato Barry Aminata Toure, uno degli organizzatori del summit di Katibougou.

Nel frattempo i leader di Sud Africa, Algeria, Etiopia, Ghana, Nigeria, Senegal, Tanzania, invitati al G8 insieme a Jean Ping, presidente della commissione dell’Unione Africana, hanno tutti parlato del bisogno di “mantenere le promesse dei summit precedenti, prima di farne altre.”
Nel 2005 a Gleneagles in Scozia i leader del G8 hanno dichiarato di voler raddoppiare i loro aiuti annuali all’Africa per il 2010 rispetto al 2004, stimato in 25 miliardi di dollari. Ad oggi, meno di un quarto di questa cifra è stato consegnato, secondo le cifre ufficiali.
Insieme alle critiche verso i paesi ricchi, ci sono anche voci che puntano il dito verso le responsabilità dei leader Africani.
“Non dovremmo aspettarci nulla dai paesi ricchi. Lo sviluppo delle nostre nazione dipende prima di tutto da noi. Ciò richiede di risolvere subito la lotta contro la corruzione, e richiede anche una buona gestione del bene pubblico”, ha dichiarato Oumar Diakite, rappresentante della Costa d’Avorio.
“Non ci vuole la laurea. Possiamo prendercela con il Nord (ricco), ma prima dobbiamo tenere in ordine casa nostra”, dice Nouhoun Keita, un’attivista anti globalizzazione.
Accanto alle critiche ci sono le proposte per la soluzione dei problemi discussi: “la cancellazione del debito estero dei paesi poveri”; “la revisione di politiche commerciali liberiste, fonte di ineguaglianze e d’ingiustizie e la promozione di politiche commerciali socialmente giuste e ecologicamente sostenibili”; “la soppressione della Banca Mondiale e del Fondo monetario internazionale, sostituiti da una Banca del Sud e da un Fondo africano (che nascerà in Camerun) che privilegi una cooperazione allo sviluppo su basi giuste ed eque”; “la fine delle privatizzazioni nei paesi del Sud del mondo, controllate dalle multinazionali favorite dall’Organizzazione mondiale del commercio”; “il sostegno alle produzioni locali per il mercato locale”; “il sostegno alle esportazioni”; e infine, ma non meno importante “l’annullamento delle direttiva rimpatri dell’Unione Europea” e la fine di una “politica repressiva e razzista sulle migrazioni”. Ai governi dei paesi del Sud del mondo il Forum chiede: più trasparenza, lotta alla corruzione, migliori politiche per l’agricoltura, fine delle privatizzazioni e più investimenti in sanità ed educazione.

Fonti: Misna, Jambo Africa, Vita.it, People’s daily online, AFP, foto Breitbart

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Un Libro verde adottato oggi dalla Commissione apre il dibattito sul modo in cui le politiche dell’istruzione possono affrontare al meglio le sfide poste dall’immigrazione e dai flussi di mobilità all’interno dell’UE. La presenza di un gran numero di bambini migranti ha implicazioni rilevanti per i sistemi d’istruzione europei. Tra i quesiti chiave vi sono i seguenti: come si può evitare la creazione di contesti scolastici segregati e migliorare quindi l’equità nell’istruzione; come far fronte alla crescente diversità di lingue materne e di prospettive culturali e costruire abilità interculturali; come adattare la didattica e costruire passerelle con le famiglie e le comunità di immigranti.

continua la lettura sul sito Rapid della Commissione
se vuoi leggere il libro verde (in inglese e in pdf) clicca qui

  • 11 Marzo 2024
  • 4 minutes
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Kohei Yamada viene dal Giappone. Per tre anni ha lavorato come cooperante in Malawi, una delle nazioni più povere dell’Africa. Viveva in un villaggio senza acqua corrente ed elettricità. In Malawi oltre il 14% degli adulti è sieropositivo, e in molti hanno paura di fare un test per l’HIV: la paura di essere abbandonati da parenti e amici è troppo forte.


Così Kohei ha deciso di scrivere una canzone per ridurre lo stigma verso i malati di HIV.


La canzone parla di un ragazzo, positivo al test, che dice alla sua ragazza di lasciarlo per trovare un uomo migliore. Ma lei risponde “non dire così, staremo insieme per sempre”.


La canzone è stata scritta per la prima volta in Chichewa, la lingua del Malawi. Kohei non parla chichewa, non è un musicista nè un cantante, ma con l’aiuto di un musicista del Malawi, convinto che uno straniero che canta in lingua locale avrebbe attirato l’attenzione, ha composto questa canzone dal titolo “Ndimakukonda”, ovvero Ti amo.


Il video della canzone passa continuamente sulla televisione locale. Mostra la coppia che si incontra, si innamora e tutti i passi del test per l’HIV. Durante il video appare Kohei in kimono. In teoria doveva rappresentare un samurai che combatte l’AIDS. Molti malawiani non l’hanno capito: “Mi chiedono sempre se sono un maestro di Kung fu o di Karate, cintura nera o cose del genere. E dico sempre si, sono cintura nera. E mi rispettano sul serio, sapete (ride).”
In Malawi ha ottenuto la nomination per il Grammy locale.

Kohei Yamada ha poi pubblicato la canzone in Giappone, e ha dato vita ad un’associazione per raccogliere fondi da destinare alla lotta all’AIDS.


L’anno scorso ha pubblicato la canzone in swahili e quest’anno in tigrino, con la presentazione in Eritrea. Il suo obiettivo è di replicare il successo del Malawi, diffondendo la cultura della prevenzione con la musica.

  • 11 Marzo 2024
  • 4 minutes

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