Un documentario di Stefano Liberti e Andrea Segre, scrive Elisabetta Povoledo su “The New York Times”, racconta i respingimenti dei migranti che arrivano in Italia.
Il video è molto coinvolgente, si può vedere su YouTube.
E’ fatto con un cellulare. Le immagini sono traballanti e confuse, ma forse un filmato professionale non avrebbe catturato in modo così autentico la gioia (e il sollievo) dei migranti eritrei ammucchiati sul barcone alla deriva nel Mediterraneo quando sono arrivati i soccorsi della marina italiana, dopo quattro giorni di atroce traversata. La felicità dei migranti, convinti che presto sbarcheranno in Italia, è evidente.
Ma la loro storia non ha un lieto fine. Gli ufficiali della Marina li rispediscono in Libia dove vengono rinchiusi nei campi di detenzione. Questa drammatica scena è il cuore di “Mare chiuso”, il documentario di Stefano Liberti e Andrea Segre. Nel film, uno dei migranti rispediti in Libia racconta come si è sentito quando ha capito che lo stavano rimandando in Africa. “Grazie italiani”, dice con voce rotta dall’amarezza. “Amiamo l’Italia e gli italiani. Grazie davvero”.