Segnaliamo da Osservatorio sui Balcani un’interessante articolo di Marjola Rukaj
L’Albania ha di fronte a sé un difficile test da superare per poter avanzare lungo il percorso dell’integrazione europea: le elezioni politiche del 28 giugno. Nella cronaca della nostra corrispondente le posizioni dei partiti e la campagna elettorale Mancano pochi giorni alle fatidiche elezioni del 28 giugno, che metteranno a dura prova il futuro prossimo dell’Albania. La campagna elettorale iniziata lo scorso primo giugno è stata una delle più animate che il paese abbia mai vissuto. Sono state diverse le novità di tipo legislativo e mediatico, mentre non è mancata la tipica atmosfera di conflittualità e ostruzionismo che da sempre caratterizza le campagne elettorali albanesi.
Il futuro dell’Albania dipenderà, secondo i severi osservatori internazionali, dalla regolarità e dalla democrazia dimostrata nelle prossime elezioni. Uno dei cavalli di battaglia del governo Berisha, la candidatura del paese all’UE, è solo una delle questioni strettamente collegate all’andamento delle elezioni. Ne è prova la recente decisione di Bruxelles di rifiutare la tanto agognata liberalizzazione dei visti per i cittadini albanesi, concessione invece approvata per i vicini serbi, macedoni e montenegrini.
Le scarse differenze tra i poli elettorali sono evidenti anche negli slogan e nella concezione mediatica della campagna. “L’Albania sta cambiando” (Shqiperia po ndryshon) è quello di Berisha, cantato a ritmo di rock jugoslavo dagli albano- macedoni Elita 5 e una serie di altri cantanti pop provenienti da tutte le terre albanesi. Mentre Edi Rama, collaborando con i tiranesi Westside Family, lancia il messaggio “Alzati” (Cohu), ricordando una nota poesia della Rilidnja albanese, invitando naturalmente al cambiamento.
Negli ultimi due anni i media hanno registrato trecentodicianove casi di violenza razzista in Italia e le aggressioni sono in continuo aumento. Centodiciannove nel 2007, centoventiquattro nel 2008 e nei primi quattro mesi 2009 si contano già settantasei atti di violenza. Numeri che riguardano persone reali. Una ricostruzione solo parziale, la punta dell’iceberg si potrebbe definire, di un fenomeno in costante crescita. Cronache di ordinaria intolleranza documentate nel “Libro bianco sul razzismo in Italia” curato dall’associazione Lunaria. «É un lavoro collettivo-spiega il presidente di Lunaria Gulio Marcon -uno strumento utile a gruppi e associazioni per capire e arginare un fenomeno montante», quello del razzismo. Un tentativo di decostruzione dei pregiudizi e degli stereotipi comuni nell’opinione pubblica e nel discorso dei media attraverso l’analisi di otto casi esemplari: dal pogrom di Ponticelli alla strage di Erba, dalla violenza subita da Navtej Singh a Nettuno sino al caso dello stupro della Caffarella.
I curatori del Libro bianco fanno una premessa: l’Italia non è un paese razzista, ma è innegabile che esistano preoccupanti fenomeni di razzismo. Nel paese sembra essere in atto un processo di legittimazione culturale, politica e sociale del razzismo che vede protagonisti gli attori pubblici e istituzionali. E, in un Europa che sembra sempre più pervasa da pulsioni xenofobe, il caso italiano appare ancora più inquietante. L’opinione pubblica internazionale e le istituzioni europee guardano con sempre maggiore preoccupazione al caso Italia. E il rapporto di Lunaria è aggiornato all’aprile 2009, quando ancora l’Europa non aveva visto l’Italia all’opera nel lavoro di respingimento degli immigrati e nella diatriba con Malta su chi dovesse ospitare i migranti alla deriva sul cargo Pinar. Preoccupa tuttavia la saldatura avvenuta tra razzismo istituzionale, xenofobia popolare e stigmatizzazione mediatica dello straniero.
La mancata ammissione alla lista bianca di Schengen fa aumentare in Albania la convinzione di essere cittadini di serie B e fa di Bruxelles una meta ancora lontana. Il dibattito in Albania a seguito della recente proposta sui visti della Commissione europea. L’Albania rimane nella lista nera, e diversamente da quanto previsto, il 1 gennaio del prossimo anno non rappresenterà un momento storico d’avvicinamento del paese balcanico allo spazio Schengen. La notizia ha colto l’attenzione dei media e della politica albanese, tanto da fare passare in secondo piano l’atmosfera tesa post-elettorale mentre lo spoglio, a un mese dalle votazioni, non è ancora stato concluso del tutto.
La mancata promozione dell’Albania nella lista bianca – come avvenuto del resto anche per Kosovo e Bosnia – è stata ampiamente interpretata da politici, politologi e giornalisti albanesi all’insegna della frustrazione e della percezione che nonostante il progresso la situazione dell’Albania pare agli occhi di Bruxelles di gran lunga peggiore rispetto ai suoi vicini balcanici.