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  • Mar 11, 2024
  • 3 minutes

Segnaliamo da Misna:

Si chiama “nayda” la “movida” marocchina; un nome che in darija, il dialetto arabo parlato nel paese del Maghreb, significa “alzatevi”, “svegliatevi” oppure “c’è qualcosa che si sta muovendo?” Ad ascoltare le parole dei rapper marocchini – dai ‘Fnair’ agli Hoba Hoba Spirit o al pioniere del genere Don Bigg – che evocano a gran voce il loro rifiuto della politica, della corruzione, delle contraddizioni della società e invitano a prendere in mano il proprio destino, sembra che qualcosa si stia ‘muovendo’ in Marocco, dove la scorsa settimana si sono svolti i festeggiamenti per i 10 anni dell’ascesa al trono di re Mohammed VI.
Gli osservatori sottolineano come in questi anni la “nayda” si sia manifestata con uno slancio libertario delle produzioni culturali, dalla musica al cinema, dalla grafica alla moda, a testimonianza di una libertà di linguaggio prima sconosciuta. La lingua utilizzata dagli artisti si propone come una miscela di dialetto locale, di francese e di inglese, uniti a ritmi musicali del patrimonio nazionale (berbero) e internazionale. Secondo i ricercatori dell’Istituto nazionale delle lingue e civiltà orientali (Inalco), la “nayda” ha molte implicazioni: l’accettazione del pluralismo, l’indipendenza intellettuale, il passaggio dallo status di soggetto a quello di cittadino, la riconciliazione con il passato. Gli studiosi spiegano che “il movimento è nato dopo le elezioni legislative del 2002 e gli attentati terroristici di Casablanca (Maggio 2003), in un periodo chiave nella storia recente del paese, durante il quale sono emersi lo stupore e l’esasperazione di tanti giovani decisi a cambiare il loro paese dall’interno”. Sono poi seguite la liberalizzazione della stampa e delle frequenze radio, con le emittenti che dal 2006 hanno cominciato a trasmettere nuove creazioni musicali della “nayda”. Se molti artisti marocchini salutano questa rinascita culturale, altri sottolineano che si tratta di un movimento esclusivamente urbano e temono che sia strumentalizzato sia dalla politica che dal mercato, in termini di propaganda e di immagine.
Se le recenti dinamiche culturali, sociali e politiche hanno portato l’Unione Europea (UE) a riconoscere al Marocco uno statuto speciale di “paese avanzato”, il primo attribuito ad un paese della regione, un rapporto di ‘Reporter senza frontiere’ (Rsf) traccia un bilancio controverso dei 10 anni di regno di Mohammed VI dal punto di vista della libertà di stampa, con molti giornalisti incarcerati e costretti a pagare multe salate; dopo alcuni passi in avanti nei primi anni, che hanno portato a un ‘boom’ di testate ed emittenti, dal 2002 si segnala un irrigidimento nei confronti del mondo della stampa, con leggi severe o addirittura restrittive. Se solo l’un per cento della popolazione compra un giornale, la radio e la televisione sono più accessibili, benché sia ancora il governo ad autorizzare le licenze. L’ultimo protagonista è internet: sono circa sei milioni i marocchini (su una popolazione stimata in 31 milioni) che si collegano al web. L’utente di un noto sito di “social network” straniero è stato condannato a tre anni di carcere – una “prima” mondiale – per aver finto di essere il Principe Moulay Rachid; in seguito a una mobilitazione planetaria del ‘popolo di internet’, è stato liberato dopo 42 giorni e graziato dal re.

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L’International Trade Union Confederation (ITUC), e la Confederazione europea dei sindacati (CES) ha scritto una lettera congiunta al Primo Ministro turco la scorsa settimana per protestare contro le continue molestie, licenziamenti, procedimenti giudiziari arbitrari e arresti di membri e dirigenti della Confederazione dei sindacati dei lavoratori del pubblico impiego (Kesk). Ad oggi 32 persone sono ancora in carcere, senza possibilità di un giusto processo e in violazione delle norme del Consiglio d’Europa.

Il mese prossimo, il 15 agosto, partiranno i negoziati sulle condizioni di lavoro per i lavoratori del settore pubblico in Turchia. Le autorità turche li definiscono “colloqui di consultazione collettiva”, che di per sé è già una violazione della Convenzione 98 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) sulla contrattazione collettiva. L’ITUC e la CES considerano questi fatti come una strategia per indebolire la posizione negoziale del sindacato, che costituisce una grave violazione della Convenzione OIL n. 87 sulla libertà di associazione.

ITUC aveva già scritto al governo turco in tre occasioni (29 maggio, 15 giugno e 18 giugno) per protestare contro i numerosi arresti di membri e dirigenti del Kesk e di una delle sue principali affiliate, il sindacato degli insegnanti Egitim-Sen. Il 28 maggio, 35 di loro sono stati arrestati, e 22 sono in carcere ancora oggi. Dieci membri e dirigenti erano già in carcere prima. Non c’è stato alcun tipo di risposta a nessuna di queste lettere.

“Ovviamente è del tutto inaccettabile che il sindacato del settore pubblico in Turchia sia preso di mira in vista delle prossime trattative sulle condizioni di lavoro, per mezzo di detenzioni in contrasto con la legislazione turca e le norme internazionali. I cittadini di un paese democratico non possono essere arbitrariamente detenuti senza giusto processo” ha dichiarato Guy Ryder, segretario generale ITUC.

I diritti dei lavoratori possono essere esercitati solo in un clima libero da violenza, minacce di rappresaglie o di qualsiasi tipo contro i loro dirigenti e soci. Il CES ITUC ha pertanto fermamente invitato il governo turco a garantire il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli arrestati.

L’ITUC rappresenta 170 milioni di lavoratori in 312 organizzazioni nazionali aderenti da 157 paesi.
http://www.youtube.com/ITUCCSI

Per ulteriori informazioni, si prega di contattare il Dipartimento ITUC Stampa: +32 2 224 0204 o +32 476 621 018



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  • 11 Marzo 2024
  • 3 minutes
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E’ un progetto promosso e finanziato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali, con il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati e realizzato dal Comune di Ancona.

L’Anolf di Ancona ha collaborato alla realizzazione.
Tramite percorsi di educazione all’arte il progetto si propone l’integrazione culturale e l’inclusione sociale dei giovani migranti presenti ad Ancona.
Il risultato è una “descrizione densa” delle nuove generazioni e un racconto della città vista dai ragazzi che la abitano.

Dove: Mole Vanvitelliana
Quando: dal 17 ottobre al 22 novembre
dal martedì al venerdì, dalle 16 alle 19.30 (mattina su prenotazione)
Sabato e domenica 10-12.30/ 16-19.30
Informazioni e prenotazioni visite presso il Museo della Città
071 2225037 (da martedì a domenica dalla 10 alle 13)
www.comune.ancona.it


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  • 11 Marzo 2024
  • 3 minutes

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