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  • Mar 11, 2024
  • 3 minutes

Nonostante gli annunci della vigilia, restano intatte le grandi diseguaglianze che caratterizzano il nostro paese. Sulle politiche sociali la continuità con i governi precedenti è sostanziale. I soldi per rafforzare il nostro welfare stremato dai tagli degli ultimi anni non si trovano, ma per l’acquisto di nuove navi militari – 340 milioni in tre anni – sì
I numeri (ancora fluttuanti) della bozza di legge di stabilità approvata dal Consiglio dei ministri due giorni fa sono deludenti e iniqui: non solo, come è stato già ampiamente osservato, non rispondono alle esigenze di rilanciare l’economia e lo sviluppo, ma lasciano intatte le grandi diseguaglianze che caratterizzano il nostro paese. E le sapienti operazioni di di comunicazione, come l’annuncio di tagli alla sanità poi per fortuna assenti nella bozza della legge, non modificano il segno delle scelte del governo delle larghe intese.
Le poche informazioni contenute nel testo sulle politiche sociali mostrano ancora una volta che alla retorica dell’indignazione ostentata nel dibattito pubblico di fronte all’aumento della disoccupazione, delle diseguaglianze di reddito, della povertà, del disagio abitativo che vivono migliaia di persone, non seguono scelte conseguenti.
La riduzione del cuneo fiscale di circa 10 miliardi in tre anni(-2,7 miliardi nel 2014, 1,2 miliardi sull’Iperf per i lavoratori, 1 miliardo per le imprese) non può certo essere considerata un volano per il rilancio della domanda interna e dell’economia. Ben altro servirebbe per rilanciare l’occupazione: una strategia industriale di lungo respiro che sino ad oggi non si vede.
Così come resta la scelta di non applicare la costituzione laddove prevede che il prelievo fiscale sia ispirato alla progressività. Non si sceglie di colpire chi ha di più (con una tassa patrimoniale), anzi si introduce una nuova imposta, la Trise, che pagheranno anche gli inquilini.
Ma è sulle politiche sociali che vale la pena di soffermarsi, perchè la continuità con l’operato dei governi precedenti è sostanziale checchè ne dica il Presidente del Consiglio.
300 milioni per il Fondo nazionale per le Politiche sociali, 250 per il Fondo sulla non autosufficienza, (con la restrizione dei requisiti di accesso alle indennità di accompagnamento); 100 milioni per lavori socialmente utili; 250 milioni in più per la caritatevole “carta acquisti” (estesa ai cittadini stranieri lungosoggiornanti), 380 o 400 milioni (non è chiaro) per il 5×1000, 10 milioni (dieci) per il Fondo nazionale contro la violenza sessuale, 150 milioni in più per i Fondo ordinario dell’università, 220 milioni di finanziamenti per le scuole private e 6000 “esodati” protetti in più: queste le principali misure previste. La sanità non è tagliata: ma si faccia un giro negli ospedali per vedere come la carenza di organico, accompagnata dal ricorso a centinaia di giovani tirocinanti non pagati che operano nelle corsie insieme a medici e infermieri, sta colpendo pesantemente la qualità del nostro sistema sanitario.
Del tutto assenti le risorse per la sperimentazione di una forma di sostegno al reddito: neanche la misura di lotta alla povertà più volte annunciata dal ministro Giovannini nelle settimane scorse è contenuta nel testo. Nè vi è traccia di finanziamenti per un piano di edilizia residenziale pubblica. I soldi per rafforzare il nostro welfare stremato dai tagli degli ultimi anni non si trovano, ma per l’acquisto di nuove navi militari (340 milioni in tre anni, 80 per il 2014) sì.
Molti annunci, ma le scelte rimangono le stesse e i conti “diseguali”.
viaFinanziaria, i conti sono diseguali / italie / Sezioni / Home – Sbilanciamoci.

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Sul sito di Oxfam Ricardo Fuentes Nieva dimostra come negli Stati Uniti e nel Regno Unito i più ricchi hanno pagato meno tasse negli ultimi trent’anni e come sia aumentata la loro capacità di regolare il livello di tasse da pagare.

Non si tratta dunque di duro lavoro o fortuna. Anche Ben Bernanke, capo della Federal Reserve degli Stati Uniti, nel recente discorso inaugurale all’Università di Princeton (una delle più esclusive del mondo, sia per la difficoltà che per i costi), ammette che la meritocrazia è un sistema in cui “le persone più fortunate per la salute e per il patrimonio genetico, per il supporto familiare, e forse per il reddito; per le opportunità di carriera ed educazione, e per molti altri motivi difficili da elencare, queste sono le persone che ottengono le ricompense maggiori”.

E’ una sfida alle élite di tutto il mondo, e a due credenze ben radicate: che se sei ricco è perché te lo meriti; e che in una società equa ognuno è responsabile soltanto per sé stesso.

Ma i dati dimostrano che in molti paesi dimostrano che i privilegiati pagano sempre meno tasse.

In un articolo (pubblicato recentemente in un fascicolo sulla concentrazione del reddito del Journal of Economic Perspectives), Alvaredo, Atkinson, Picketty e Saez
analizzano le tendenze di lungo periodo delle tasse per l’1% più ricco di USA, UK, Germania e Francia.

Qui il grafico:

E va di pari passo l’aumento della quota di ricchezza posseduta. Ecco un altro grafico con un dato sull’Italia:

Il circolo che si autoalimenta è questo: più diventano ricchi, meglio riescono a influenzare le leggi sulla tassazione e ad aumentare quindi la propria ricchezza.

Come possiamo bilanciare questa pressione sulla politica?

viaHow do the rich get richer? Tax rates and the top 1 percent | Oxfam GB | Policy & Practice.

  • 11 Marzo 2024
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