• Mar 11, 2024
  • 2 minutes

L’agence de notation Moody’s vient de dégrader de plusieurs crans le rating de la BMCE Bank et de la filiale marocaine du groupe français Crédit Agricole, le Crédit du Maroc. Une nouvelle qui ne devrait pas beaucoup plaire aux autorités monétaires du royaume chérifien.
L’agence internationale de notation Moody’s vient de revoir à la baisse le rating de deux banques marocaines, et pas des moindres : la BMCE Bank, contrôlée par l’homme d’affaires marocain Othman Benjelloun, et le Crédit du Maroc (CDM), filiale du français Crédit Agricole. Les deux banques ont aussi été mises en zone de surveillance négative. Concernant la BMCE Bank, Moody’s justifie sa décision par la détérioration de la qualité des actifs, la monté des risques opérationnels, la baisse des dépôts collectés par la banque et l’insuffisance des fonds propres. L’agence pointe également du doigt l’expansion africaine de la banque, qualifiée de « rapide » et « porteuse de risque ».
CDM n’échappe pas aux feux de Moody’s. Principaux griefs retenus contre elle : l’insuffisance de liquidité et la montée en force du coût du risque. Des constats négatifs que les résultats des deux banques pour le premier semestre confirment. En effet, BMCE Bank a vu ses bénéfices fondre de 30% à 360 millions de dirhams, notamment à cause de la montée en force des impayés. Idem pour le CDM, dont le résultat net part du groupe a accusé, sur la même période, un repli de 8,5%. Une baisse de régime que les analystes du courtier Integra Bourse expliquent entre autres par « l’alourdissement du coût du risque lié à des provisions sectorielles portant principalement sur le segment de la Grande Entreprise »
La colère de Jouahri
Ces deux mauvaises nouvelles pour le secteur bancaire marocain tombent aussi à quelques jours seulement de la colère du gouverneur de Bank Al Maghrib contre l’agence Standard & Poor’s, qui avait pourtant maintenu le rating du secteur au même niveau que l’année dernière. C’est que Abdellatif Jouahri espérait mieux. Dans son rapport sur le secteur bancaire dans le royaume chérifien, S&P justifiait sa décision par « l’assèchement des liquidités sur le marché monétaire marocain ».
Un argument qui semble ne pas convaincre le Wali de la banque centrale, qui a déclaré hier (lundi 22) au quotidien l’Économiste qu’il allait saisir S&P pour demander des explications plus approfondies quant à la non amélioration du rating de ses « protégées ». On imagine bien ce qu’il fera avec Moody’s !
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By Simon Martelli (AFP) – 1 day ago CASABLANCA, Morocco — Morocco is seeing an alarming rise in the number of babies abandoned by single mothers, activists said on Saturday, blaming social prejudice and outdated legislation for the problem. “According to the information we have gathered, from people who take care of abandoned children born outside marriage, the numbers are getting much worse,” said Omar Kindi, organiser of a conference on violence and discrimination against single mothers and children. The existing statistics were bad enough. According to a study carried out by Insaf, an NGO that supports women and children in distress, of which Kindi is the president, 27,200 young women gave birth outside marriage in 2009, with a total of 8,760 babies abandoned. That equates to 24 babies per day on average. Morocco has witnessed a population boom and rapid urbanisation in recent decades, leading to ever-growing levels of interaction between single men and women in the relatively conservative Muslim country. Kindi and other activists argue that attitudes and legislation have failed to keep pace with social change, as starkly illustrated by Article 490 of the penal code according to which extra-marital sex is punishable by up to a year in jail. Doctors in public maternity hospitals may refuse to treat pregnant young women who are not married, Kindi said, even if they are victims of rape by their employers. “One of the major problems… is the total disengagement of the state,” Kindi told AFP. Aicha Echanne, another speaker at the Casablanca conference, said the “mentality of society” and the lack of support for single mothers, who are often aggressively treated by officials, were driving factors behind new-born children being abandoned. “We need to shake Moroccan society, and to put pressure on the state, on parliament, to bring about change,” said Echanne, who heads the Association of Women’s Solidarity. “From 1990 to 2009, 23,000 babies were buried in cemeteries in Casablanca (Morocco’s largest city). That gives you an idea that our children are being thrown away. They get eaten by dogs or are buried.” “It is not normal, from a humanitarian point of view, to accept this type of thing,” she added. As well as changing the law, activists emphasise the need for sexual education in Morocco to avoid unwanted pregnancy, with more than 60 percent of single mothers under 26 years old, according to Insaf, and many of them illiterate. But with an Islamist-led government in power since January, some are doubtful about the prospects of any such initiatives. Kindi says Insaf, which is based in Casablanca and employs 34 people, used to receive 10 percent of its budget from state funds, but that the new government has stopped supporting it together. “We have asked to talk to the minister of social affairs (Bassima Hakkawi). But we still haven’t received a response from her,” he added. Hakkawi could not immediately be reached for comment.

  • 11 Marzo 2024
  • 2 minutes
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(Radiovativana.va) La vita umana di chi è povero e perseguitato non vale nulla. E’ su questo assurdo criterio che si basa il traffico di schiavi e organi umani che si svolge nel Sinai, con radici in Eritrea e importanti riferimenti in Sudan. Da ieri, un nuovo importante tassello si aggiunge nella lotta che diverse Ong conducono da anni a sostegno di migliaia di giovani rapiti e uccisi sotto gli occhi indifferenti del mondo. Ne parla Roberto Malini, presidente del “Gruppo EveryOne”, al microfono di Gabriella Ceraso: R. – Noi abbiamo avuto, grazie a dei difensori dei diritti umani locali, una serie di nomi – undici nomi – di basisti, molti dei quali purtroppo di nazionalità eritrea, che sono nel campo profughi di Shegherab in Sudan, dove si ritrovano migliaia di eritrei. Questi basisti conoscono bene le tradizioni e le abitudini degli eritrei e lavorano proprio all’interno di locali nel campo: partecipano alle operazioni di convincimento, rivolte ai ragazzi eritrei e di altre nazionalità, che desiderano spostarsi con il sogno di raggiungere Israele. Oppure, addirittura, partecipano ad azioni di rapimento. Abbiamo fatto i loro nomi, li abbiamo trasmessi al governo del Sudan, alle Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa, alle grandi organizzazioni che hanno la possibilità di intervenire. Quanto meno speriamo che la popolazione del campo venga a conoscenza dei nomi di queste persone e che queste possano così sentire una certa pressione esercitata sul loro lavoro criminale. D. – Non è la prima volta che avete o che fornite liste, eppure nessuno si muove. L’immobilismo politico è ancora il problema fondamentale? R. – Sicuramente. Abbiamo ormai i nomi sostanzialmente di tutti i trafficanti del Sinai e abbiamo avuto qualche intervento, ma assolutamente insoddisfacente rispetto alle aspettative. Però, la grossa responsabilità di quello che accade è in Eritrea. Abbiamo sentito testimonianze di figure legate al traffico che sono poi nomi grossissimi delle forze armate eritree. Questo traffico, che parte dagli “intoccabili” eritrei, si muove poi con gli “intoccabili” del Sudan, dove c’è corruzione ovunque, e prosegue in Egitto. Ecco, il vero problema è la corruzione a tutti i livelli: è questo che ci spaventa molto. Ed è questa, poi, la grande battaglia umanitaria da combattere. Il miglioramento è che ora il mondo lo sa e che esiste una rete reale, che ha attivisti anche sul posto, e che è in grado veramente di risolvere alcuni casi e di fornire le nuove dinamiche di questo traffico. E questo è molto importante. Nonostante tutto ciò, i numeri sono ancora altissimi: i milioni di dollari che girano in questo enorme traffico sono veramente tanti, e quindi c’è tantissimo da fare e a livello numerico i risultati non sono assolutamente soddisfacenti. Diciamo che forse il traffico di esseri umani si è ridotto di un 10 per cento, e quindi la speranza è questa: che da questi primi risultati virtuosi si possa arrivare ad una presa di posizione più coraggiosa da parte delle istituzioni e quindi ad una vera azione globale contro il traffico. In quel caso, pensiamo che in questo momento – poiché sappiamo tutti come sono i trafficanti, come si svolge il traffico – perché non ci sono più misteri, sarebbe abbastanza fattibile l’idea di smantellarlo.

  • 11 Marzo 2024
  • 2 minutes

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