Il Marocco non ha saputo approfittare di due occasioni storiche: la successione al trono e la locale primavera del 2011. Eppure soltanto un processo di democratizzazione credibile aprirebbe le porte al riconoscimento della sovranità di Rabat sul Sahara Occidentale. Due voci indipendenti si esprimono senza temere le “linee rosse” del regime.
di Aboubakr Jamai e Ali Anouzla per Lakome – traduzione a cura di Cecilia Dalla Negra
La reazione del regime marocchino e dei suoi sostenitori al tentativo degli Stati Uniti di ampliare il mandato della MINURSO (la Missione di pace delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara occidentale, ndt) al controllo del rispetto dei diritti umani era prevedibile, e logica.
Prevedibile perché, come sempre, il patriottismo è servito a scatenare un hooliganismo pro-regime sia nei media che in seno al Parlamento.
E poi assolutamente logica. Prima di tutto perché c’è di che sentirsi traditi. Traditi da un alleato, gli Usa, per il quale i servizi (segreti) marocchini hanno torturato a volontà durante la cosiddetta “guerra contro il terrorismo”.
Un alleato per il quale il regime ha svenduto l’onore nazionale mettendo a disposizione delle prigioni segrete – i cosiddetti ‘siti neri’ – dove la manodopera marocchina si è fatta carico del lavoro sporco.
viaMarocco/Sahara Occidentale. Il prezzo dell’autoritarismo.