I vecchi treni a vapore, che dovevano essere il mezzo di trasporto per le potenze coloniali durante l’inizio del secolo scorso, stanno attraversando un periodo di rinascita in Eritrea, Etiopia e Gibuti.
Quando l’Eritrea ha iniziato a costruire la propria rete nazionale di infrastrutture di trasporto, poco dopo aver ottenuto l’indipendenza dall’Etiopia nei primi anni Novanta, ha capito molto rapidamente l’importanza di una linea ferroviaria nazionale come modalità di trasporto.
L’auto-determinazione degli eritrei è andata così lontano da non accettare alcun aiuto finanziario o sostegno da parte dei paesi occidentali per ricostruire e mantenere i “Treni Italiani D’Eritrea”.
Il capo del progetto di recupero delle ferrovie in quel momento, nel 1996, il sig. Amanuel Ghebreselassie aveva dichiarato:
“Una società italiana ha detto che per farlo voleva $ 100m. Una società americana si è offerta di intraprendere uno studio di fattibilità per $ 190.000. La British Steel Corporation ha presentato una stima 5m di sterline solo per le rotaie da Asmara a Massaua. Così abbiamo deciso di fare tutto da soli.”
Ci sono voluti centinaia di giovani eritrei, durante il servizio militare, alcuni veterani richiamati dal pensionamento e dei lavoratori per ricostruire uno dei più nostalgici percorsi ferroviari d’Africa. Nel 2003, i lavori sulla linea ferroviaria tra la capitale Asmara e Massaua, il principale del porto, sono stati comppletati.
Il tragitto ferroviario va dagli altopiani alla pianura costiera e passa per circa 30 gallerie, 65 ponti e viadotti. Sulla linea ferroviaria nazionale operano esclusivamente antichi treni, locomotive e vagoni ferroviari, che sono stati costruiti dagli italiani durante l’occupazione coloniale eritrea nei primi anni 20 e 30 dello scorso secolo.
Nonostante l’età o forse proprio a causa della età, il valore culturale, nonché economico di tali treni in Eritrea sembra enorme.
Uno straordinario fenomeno è che, senza grandi campagne pubblicitarie o di marketing all’estero, molti stranieri amanti dei treni hanno individuato i treni come un patrimonio esclusivo, arrivando ogni anno in Eritrea da diversi paesi in Europa, al fine di trascorrere una vacanza nello stato del Mar Rosso.
Oltre allo scopo di servire il turismo, i treni possono essere un modo economicamente efficiente per il trasporto di merci tra Asmara e Massaua, ad esempio per l’oro, per il quale si stanno avviando le prime esplorazioni.
Fonte: Capital Eritrea
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Negli ultimi due anni i media hanno registrato trecentodicianove casi di violenza razzista in Italia e le aggressioni sono in continuo aumento. Centodiciannove nel 2007, centoventiquattro nel 2008 e nei primi quattro mesi 2009 si contano già settantasei atti di violenza. Numeri che riguardano persone reali. Una ricostruzione solo parziale, la punta dell’iceberg si potrebbe definire, di un fenomeno in costante crescita. Cronache di ordinaria intolleranza documentate nel “Libro bianco sul razzismo in Italia” curato dall’associazione Lunaria. «É un lavoro collettivo-spiega il presidente di Lunaria Gulio Marcon -uno strumento utile a gruppi e associazioni per capire e arginare un fenomeno montante», quello del razzismo. Un tentativo di decostruzione dei pregiudizi e degli stereotipi comuni nell’opinione pubblica e nel discorso dei media attraverso l’analisi di otto casi esemplari: dal pogrom di Ponticelli alla strage di Erba, dalla violenza subita da Navtej Singh a Nettuno sino al caso dello stupro della Caffarella.
I curatori del Libro bianco fanno una premessa: l’Italia non è un paese razzista, ma è innegabile che esistano preoccupanti fenomeni di razzismo. Nel paese sembra essere in atto un processo di legittimazione culturale, politica e sociale del razzismo che vede protagonisti gli attori pubblici e istituzionali. E, in un Europa che sembra sempre più pervasa da pulsioni xenofobe, il caso italiano appare ancora più inquietante. L’opinione pubblica internazionale e le istituzioni europee guardano con sempre maggiore preoccupazione al caso Italia. E il rapporto di Lunaria è aggiornato all’aprile 2009, quando ancora l’Europa non aveva visto l’Italia all’opera nel lavoro di respingimento degli immigrati e nella diatriba con Malta su chi dovesse ospitare i migranti alla deriva sul cargo Pinar. Preoccupa tuttavia la saldatura avvenuta tra razzismo istituzionale, xenofobia popolare e stigmatizzazione mediatica dello straniero.
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Segnaliamo un interessante articolo da Osservatorio Balcani di Majola Rukaj
La mancata ammissione alla lista bianca di Schengen fa aumentare in Albania la convinzione di essere cittadini di serie B e fa di Bruxelles una meta ancora lontana. Il dibattito in Albania a seguito della recente proposta sui visti della Commissione europea.
L’Albania rimane nella lista nera, e diversamente da quanto previsto, il 1 gennaio del prossimo anno non rappresenterà un momento storico d’avvicinamento del paese balcanico allo spazio Schengen. La notizia ha colto l’attenzione dei media e della politica albanese, tanto da fare passare in secondo piano l’atmosfera tesa post-elettorale mentre lo spoglio, a un mese dalle votazioni, non è ancora stato concluso del tutto.
La mancata promozione dell’Albania nella lista bianca – come avvenuto del resto anche per Kosovo e Bosnia – è stata ampiamente interpretata da politici, politologi e giornalisti albanesi all’insegna della frustrazione e della percezione che nonostante il progresso la situazione dell’Albania pare agli occhi di Bruxelles di gran lunga peggiore rispetto ai suoi vicini balcanici.
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