• Mar 11, 2024
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Organisée à Washington il y a un mois, la première session du dialogue stratégique Maroc – États-Unis a livré ses conclusions, lundi 15 octobre.
Les conclusions de la première session du dialogue stratégique Maroc – États-Unis ont été rendues publiques, lundi 15 octobre. Organisé à Washington il y a un mois, celui-ci a conforté les relations plus que cordiales qu’entretiennent les deux pays, et scellé le soutien américain à Rabat sur la question du Sahara.
↕3 ce stade, les États-Unis réaffirment que le plan marocain d’autonomie est « sérieux, réaliste et crédible, et qu’il représente une approche potentielle qui pourrait satisfaire les aspirations de la population du Sahara à gérer ses propres affaires dans la paix et la dignité », peut-on lire dans un communiqué commun, publié le 16 octobre. Déposé en 2007 aux Nations unies, ledit plan prévoit une large autonomie du type Catalogne ou Québec.
Si Washington soutient Rabat, la diplomatie américaine « exhorte les parties à travailler en vue de […] trouver une solution pacifique, durable et mutuellement acceptable », et continuent d’appuyer les négociations menées par les Nations unies. Des pourparlers bloqués depuis que le souverain marocain a retiré, en mai, sa confiance à Christopher Ross, l’envoyé spécial de Ban Ki-moon pour le Sahara. Le Maroc jugeait sa méthode « déséquilibrée et partiale » et attend la nomination d’un remplaçant. Mais il a été soutenu par Washington, et finalement maintenu dans ses fonctions par le secrétaire général de l’ONU.
Sécurisation du Maghreb
Porté par la secrétaire d’État américaine, Hillary Clinton, le projet de dialogue stratégique bilatéral cible quatre domaines de coopération : politique, sécurité, économie et culture. Les deux pays s’emploieront « à renforcer les liens régionaux – politique, économique et de sécurité en Afrique du Nord, y compris à travers une Union du Maghreb arabe revigorée », explique le communiqué. Totale, l’entente entre le royaume chérifien et la patrie de l’Oncle Sam s’entend également à la crise syrienne, « la paix au Moyen-Orient, et la promotion des droits de l’homme au niveau international ».
Un mois après l’attaque du consulat américain à Benghazi, et alors que le Sahel fait face à la menace terroriste, Rabat et Washington ne pouvaient occulter le défi de la sécurisation du Maghreb. Lors de cette première cession de dialogue, les deux pays ont assuré poursuivre « la mise en œuvre des mécanismes de coordination bilatérale, notamment dans les domaines de la justice pénale, la non-prolifération et la lutte antiterrorisme ».
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By Simon Martelli (AFP) – 1 day ago CASABLANCA, Morocco — Morocco is seeing an alarming rise in the number of babies abandoned by single mothers, activists said on Saturday, blaming social prejudice and outdated legislation for the problem. “According to the information we have gathered, from people who take care of abandoned children born outside marriage, the numbers are getting much worse,” said Omar Kindi, organiser of a conference on violence and discrimination against single mothers and children. The existing statistics were bad enough. According to a study carried out by Insaf, an NGO that supports women and children in distress, of which Kindi is the president, 27,200 young women gave birth outside marriage in 2009, with a total of 8,760 babies abandoned. That equates to 24 babies per day on average. Morocco has witnessed a population boom and rapid urbanisation in recent decades, leading to ever-growing levels of interaction between single men and women in the relatively conservative Muslim country. Kindi and other activists argue that attitudes and legislation have failed to keep pace with social change, as starkly illustrated by Article 490 of the penal code according to which extra-marital sex is punishable by up to a year in jail. Doctors in public maternity hospitals may refuse to treat pregnant young women who are not married, Kindi said, even if they are victims of rape by their employers. “One of the major problems… is the total disengagement of the state,” Kindi told AFP. Aicha Echanne, another speaker at the Casablanca conference, said the “mentality of society” and the lack of support for single mothers, who are often aggressively treated by officials, were driving factors behind new-born children being abandoned. “We need to shake Moroccan society, and to put pressure on the state, on parliament, to bring about change,” said Echanne, who heads the Association of Women’s Solidarity. “From 1990 to 2009, 23,000 babies were buried in cemeteries in Casablanca (Morocco’s largest city). That gives you an idea that our children are being thrown away. They get eaten by dogs or are buried.” “It is not normal, from a humanitarian point of view, to accept this type of thing,” she added. As well as changing the law, activists emphasise the need for sexual education in Morocco to avoid unwanted pregnancy, with more than 60 percent of single mothers under 26 years old, according to Insaf, and many of them illiterate. But with an Islamist-led government in power since January, some are doubtful about the prospects of any such initiatives. Kindi says Insaf, which is based in Casablanca and employs 34 people, used to receive 10 percent of its budget from state funds, but that the new government has stopped supporting it together. “We have asked to talk to the minister of social affairs (Bassima Hakkawi). But we still haven’t received a response from her,” he added. Hakkawi could not immediately be reached for comment.

  • 11 Marzo 2024
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(Radiovativana.va) La vita umana di chi è povero e perseguitato non vale nulla. E’ su questo assurdo criterio che si basa il traffico di schiavi e organi umani che si svolge nel Sinai, con radici in Eritrea e importanti riferimenti in Sudan. Da ieri, un nuovo importante tassello si aggiunge nella lotta che diverse Ong conducono da anni a sostegno di migliaia di giovani rapiti e uccisi sotto gli occhi indifferenti del mondo. Ne parla Roberto Malini, presidente del “Gruppo EveryOne”, al microfono di Gabriella Ceraso: R. – Noi abbiamo avuto, grazie a dei difensori dei diritti umani locali, una serie di nomi – undici nomi – di basisti, molti dei quali purtroppo di nazionalità eritrea, che sono nel campo profughi di Shegherab in Sudan, dove si ritrovano migliaia di eritrei. Questi basisti conoscono bene le tradizioni e le abitudini degli eritrei e lavorano proprio all’interno di locali nel campo: partecipano alle operazioni di convincimento, rivolte ai ragazzi eritrei e di altre nazionalità, che desiderano spostarsi con il sogno di raggiungere Israele. Oppure, addirittura, partecipano ad azioni di rapimento. Abbiamo fatto i loro nomi, li abbiamo trasmessi al governo del Sudan, alle Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa, alle grandi organizzazioni che hanno la possibilità di intervenire. Quanto meno speriamo che la popolazione del campo venga a conoscenza dei nomi di queste persone e che queste possano così sentire una certa pressione esercitata sul loro lavoro criminale. D. – Non è la prima volta che avete o che fornite liste, eppure nessuno si muove. L’immobilismo politico è ancora il problema fondamentale? R. – Sicuramente. Abbiamo ormai i nomi sostanzialmente di tutti i trafficanti del Sinai e abbiamo avuto qualche intervento, ma assolutamente insoddisfacente rispetto alle aspettative. Però, la grossa responsabilità di quello che accade è in Eritrea. Abbiamo sentito testimonianze di figure legate al traffico che sono poi nomi grossissimi delle forze armate eritree. Questo traffico, che parte dagli “intoccabili” eritrei, si muove poi con gli “intoccabili” del Sudan, dove c’è corruzione ovunque, e prosegue in Egitto. Ecco, il vero problema è la corruzione a tutti i livelli: è questo che ci spaventa molto. Ed è questa, poi, la grande battaglia umanitaria da combattere. Il miglioramento è che ora il mondo lo sa e che esiste una rete reale, che ha attivisti anche sul posto, e che è in grado veramente di risolvere alcuni casi e di fornire le nuove dinamiche di questo traffico. E questo è molto importante. Nonostante tutto ciò, i numeri sono ancora altissimi: i milioni di dollari che girano in questo enorme traffico sono veramente tanti, e quindi c’è tantissimo da fare e a livello numerico i risultati non sono assolutamente soddisfacenti. Diciamo che forse il traffico di esseri umani si è ridotto di un 10 per cento, e quindi la speranza è questa: che da questi primi risultati virtuosi si possa arrivare ad una presa di posizione più coraggiosa da parte delle istituzioni e quindi ad una vera azione globale contro il traffico. In quel caso, pensiamo che in questo momento – poiché sappiamo tutti come sono i trafficanti, come si svolge il traffico – perché non ci sono più misteri, sarebbe abbastanza fattibile l’idea di smantellarlo.

  • 11 Marzo 2024
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