Tra il 1990 e il 2005 circa 80 milioni di persone si sono spostate da una provincia all’altra della Cina, secondo una ricerca dell’Università di Washington di cui ha parlato pochi giorni fa l’Economist. Se a chi si sposta da una provincia all’altra si aggiungono quelli che si trasferiscono restando all’interno della stessa provincia, possiamo dire che circa 230 milioni di cinesi passano gran parte dell’anno lontano dai luoghi dove sono nati e dove si trovano i loro parenti stretti.Nella maggior parte dei casi si tratta di giovani con meno di trent’anni che lasciano i villaggi rurali dell’interno, dove le condizioni di vita e la povertà diffusa rendono la vita difficile, per spostarsi verso le città industriali della costa, a centinaia di chilometri di distanza. Oltre 150 milioni di persone, il 12 per cento della popolazione del paese, hanno lasciato i villaggi agricoli dell’interno per lavorare altrove.
Le zone di emigrazione principali sono le grandi province dell’interno, come la provincia meridionale del Sichuan, decisamente più povere rispetto alle zone costiere: se il Sichuan fosse inserito nella classifica dei paesi del mondo per PIL pro capite (a parità di potere di acquisto) sarebbe intorno al 110° posto, una sessantina di posizioni più in basso rispetto a Shangai.
Le destinazioni principali sono le città di Shangai e Pechino, ma soprattutto le province costiere come Guangdong e Zhejiang (entrambe nella Cina sudorientale), che hanno un enorme apparato industriale orientato all’esportazione. Nel Guangdong, per ricordare solo uno dei tanti primati della spettacolare crescita economica cinese, è stata assemblata circa la metà di tutti i telefoni cellulari prodotti nel mondo nel corso del 2011, circa 900 milioni di pezzi.