Segnaliamo questo articolo di Stefania Sinigaglia, pubblicato dal Manifesto.
Stefania Sinigaglia ha svolto una missione per Iscos Marche in Tunisia.
Un anno di grandi trasformazioni, ma anche di rabbia e delusioni: il paese è una polveriera
«È tutto in movimento»: come un ritornello questa è la frase che torna più spesso sulle labbra delle persone che incontro. Tunisi, fine dicembre: si sta riunendo al palazzo del Bardo per la prima volta l’Assemblea costituente eletta ad ottobre, si sta formando il nuovo governo dopo lunghe trattative e tira-e-molla, vecchi organismi creati sotto Ben Ali stanno cercando di cambiare pelle e soprattutto funzionare in modo più trasparente. I tre partiti che fanno la parte del leone nei seggi alla costituente e nei posti da ministro (soltanto due donne elette, di cui una al Ministère de la femme ) sono Ennahda , di forte ispirazione islamica, il CPR ( Conseil pour la République ) et Ettakatol ( Forum des libertés ), di ispirazione laica e liberaleggianti. Fuori del palazzo del Bardo ci sono delle tende: mi fermo a parlare con due operai del gruppo che sta protestando da vari giorni con quella che ormai sembra la modalità più diffusa in questo fine 2011: accamparsi. Uno di loro, Ibrahim, parla un po’ di italiano. Vengono dal bacino minerario di Gafsa, città del sud-ovest, dove ci sono ben quattro stabilimenti della Compagnia generale dei fosfati (Cgp) che sta ristrutturando e licenziando. Lui è stato in Italia, a Padova, ma era un sans papiers ed è dovuto rientrare dopo due anni. Ma questa è solo una delle lotte che percorrono tutta la Tunisia: dopo un anno di grandi trasformazioni, di tante attese e speranze, moltissimi sono i giovani ancora disoccupati, la povertà è immutata e anzi la diminuzione delle entrate del turismo e il ritiro di molte imprese e investimenti stranieri stanno causando una crisi economica di grandi proporzioni. Oltre alla lotta dei minatori di Gafsa ci sono scioperi al porto di Gabes, il più grande del sud, che causano penuria di bombole a gas in tutto il paese, scioperi alla Tunis Air, proprio durante le feste di Natale, sit-in dappertutto. Il 15 e il 16 dicembre protestano gli operai (2200 addetti) dello stabilimento giapponese Yazaki di Om Larayes, sempre a sud, e per rappresaglia lo stabilimento viene subito chiuso. Il padronato denuncia perdite ingenti e impossibilità di soddisfare le commesse.
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