• Mar 11, 2024
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Panoramica sul 41° Rotterdam Film Festival

 

Dopo due anni di politica culturale forte sull’Africa, con altrettante sezioni a tema, il Rotterdam Film Festival (41° edizione, 25 gennaio-5 febbraio), volta pagina, forse fisiologicamente, ma l’onda lunga delle primavere arabe del 2011 si fa sentire anche in Nordeuropa, meritandosi l’attenzione dei programmatori, che a Egitto e Siria hanno dedicato un’intera, ampia, sezione, dal titolo Signals: Power Cut. Diverse decine i titoli in programmazione, in larga parte cortometraggi e documentari, anche se non mancano omaggi a registi del neorealismo egiziano come Mohammed Khan e Daoud Abdel Sayed e a uno dei più grandi autori del cinema siriano, Mohamed Malas.

Di Africa e diaspore quest’anno nel concorso internazionale non si parla, ma la tendenza, anche in questo caso, non è nuova. Per trovare titoli interessanti per noi bisogna scendere nelle sezioni più trasversali ed eccentriche. In Bright Future ritroviamo film già segnalati altrove, da The Invader di Provost a Shame di McQueen, da Skoonheid di Hermanus a Sur la planche di Kilani, passando per An Oversimplification of Her Beauty, fresco di Sundance. Ma la sezione potrebbe riservare diverse sorprese, per esempio Matière grise, del rwandese Kivu Ruhorahoza, un metafilm sulle vicende di un regista che vuole girare un film su un fratello e una sorella ancora alle prese con i demoni del genocidio, e deve fare i conti con mille problemi e pressioni contrarie. That Small Piece, opera seconda no-budget dell’ugandese JOSEph S KEN, racconta invece come una lite tra vicini per un pezzo di terra venga risolto facendo ricorso alla magia nera e come tutto questo sconvolga la vita di una giovane coppia. Odore di Panafrica anche nel tedesco Der Fluss war einst ein Mensch, nel francese L’hypothèse du Mokélé-Mbembé, nell’olandese Wavumba e nel brasiliano Rânia, ma scommetterei piuttosto su Les éclats (Ma gueule, ma révolte, mon nom) del francese Sylvain George, presentato come un reportage lirico sui migranti che stazionano a Calais e dintorni in attesa di passare la Manica e sul transnazionale Un nuage dans un verre d’eau, diretto dall’iraniano Srinath C. Samarasinghe, di origini srilankesi, ma cresciuto a Parigi, che racconta un’intricata storia ambientata nella ville lumière, incentrata sulle vicende di un vecchio proiezionista cairota, interpretato dal grande Gatim Ratib.

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Che cos’è mai l’abbondanza frugale, oltre a un ossimoro che lega provocatoriamente due opposti, a un’ennesima parola d’ordine suggestiva e impraticabile? Se qualcuno replicasse così alla prospettiva di una convivenza capace di sobrietà non punitiva, verrebbe preso sul serio da Serge Latouche, e contraddetto con ottime ragioni. Agli argomenti di chi dissente da lui e dagli altri, sempre più numerosi, “obiettori’di crescita”, il maggior teorico della decrescita dedica questo libro, ormai necessario dopo anni di malintesi, resistenze, travisamenti strumentali, accese controversie. Gli sviluppisti incrollabili, o gli scettici poco inclini a dar credito alle logiche antieconomiche, troveranno qui il repertorio delle loro tesi e delle loro perplessità, smontate una a una. Sarà difficile continuare a sostenere con qualche fondatezza che la decrescita è retrograda, utopica, tecnofoba, patriarcale, pauperista. La crisi devastante che stiamo vivendo la indica invece come l’uscita laterale dalla falsa alternativa tra austerità e rilancio scriteriato dei consumi. Un’abbondanza virtuosa, ci avverte Latouche, è forse l’unica compatibile con una società davvero solidale. Titolo    Per un’abbondanza frugale. Malintesi e controversie sulla decrescita Autore    Latouche Serge Dati    2012, 150 p., brossura Traduttore    Grillenzoni F. Editore    Bollati Boringhieri  (collana Temi) Disponibile anche in ebook Acquista su IBS

  • 11 Marzo 2024
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