Dopo aver letto “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono cercai sulla mappa il luogo in cui si era svolta la vicenda, invano. La mia amica sorrise, il racconto era allegorico ma io ci avevo creduto davvero.
Qualche giorno fa mi sono emozionata nello scoprire che quel posto esiste! Si chiama Gourga ed è un villaggio della zona nordorientale del Burkina Faso. Lì, un uomo di nome Yacouba Sawadogo pianta alberi e coltiva la terra diventata arida dopo il periodo di siccità compreso tra il 1973 e il 1984.Quel decennio ebbe serie e importanti conseguenze per l’intera area saheliana: molte persone morirono e tantissime altre emigrarono verso le città e verso l’Europa lasciando le famiglie dipendenti dal loro sostegno esterno.
In quel periodo, quest’uomo coraggioso e paziente decise di dedicarsi alla terra e di sperimentare un’antica tecnica di cui aveva sentito parlare dai suoi genitori: lo Zaï, che consiste nel preparare la terra nella stagione secca creando microbacini in grado di trattenere l’acqua piovana della stagione successiva.A questa pratica Yacouba Sawadogo apportò una modifica: aumentò, sia in larghezza che in profondità, la dimensione delle buche scavate nel terreno e le ricoprì di foglie e letame.
Quest’intuizione rivelò presto la sua utilità e attirò numerose termiti che, digerendo la materia organica, contribuirono a rimineralizzare il suolo. Con l’arrivo delle piogge, l’acqua raccolta nelle buche iniziò a scorrere nei tunnel scavati da questi insetti consentendo una migliore irrigazione e permettendo al terreno di sostenere adeguatamente la crescita di sesamo, sorgo e miglio.
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