(Corriere della Sera – Blog)
Sei milioni di donne, cioè una su tre, sono vittime di violenze in Marocco, di cui oltre la metà dentro le mura domestiche. Lo ha dichiarato la ministra marocchina per la Famiglia e lo sviluppo sociale Bassima Hakkaoui (nella foto), la sola a fare parte del governo guidato dall’islamico Abdelilah Benkirane. nel corso di un congresso internazionale a Casablanca. “Circa sei milioni di donne marocchine subiscono violenze, sotto tutte le forme” e nel 55% dei casi si tratta di “violenze coniugali”, ha affermato Hakkaoui nel discorso di apertura del Congresso internazionale sulla violenza contro le donne organizzato dall’Organizzazione marocchina dei diritti umani(OMDH) e l’associazione giordana Donne contro la violenza alla presenza di rappresentanti di una ventina di Paesi arabi, fra i quali anche il Mali, la Mauritania, lo Yemen e la Tunisia. Nelle violenze sono fatte rientrare, oltre a quelle fisiche, anche quelle verbali, che spesso hanno come teatro la strada. “La donna in Marocco – ha aggiunto Hakkaoui – continua a soffrire della violenza, sia negli spazi pubblici, che in quelli privati”.
In un Paese come il Marocco, che conta in totale 33 milioni di abitanti, un progetto di legge che definisce le differenti forme di violenza coniugale, fisiche e morali, è stato praticamente insabbiato dal Parlamento che, dal 2010 ad oggi, non lo ha ancora discusso. Nei mesi scorsi il problema è stato il tema di molte proteste della società civile marocchina, scossa dal suicidio di due giovanissime, costrette a sposare i loro stupratori. ”La violenza contro le donne in Marocco- ha spiegato alla France Presse l’avvocata marocchina Aiche Lekhmass – fa parte dell’immaginario collettivo, delle mentalità e dei riti. Se due giovani si tolgono la vita per non essere costrette alle nozze significa che la strada da fare è ancora molta”.
Un anno fa il re del Marocco Mohammed VI aveva annunciato un progetto di riforme per trasformare in costituzionale una monarchia di diritto divino, con libertà per i partiti, con i poteri politici in mano al capo del governo, e con la separazione dell’ esecutivo dal sistema giudiziario, garantendo i diritti delle donne e delle minoranze, a cominciare da quelle religiose. Ma lo scorso novembre il Marocco ha dato per la prima volta la maggioranza parlamentare al Pjd, un partito islamista moderato che ha preso il nome, Giustizia e sviluppo, dal modello vincente in Turchia e che prevede nel suo programma la negazione della laicità dello Stato, il no agli omosessuali, il sì alla pena di morte e a un aumento delle tasse sugli alcolici.