H&M, ILO e SIDA insieme per uno sviluppo sostenibile in Etiopia

, e (agenzia svedese per la cooperazione internazionale) hanno lanciato un programma di relazioni industriali per lo sviluppo sostenibile del settore tessile e dell’abbigliamento.
Il progetto, di tre anni, punta al miglioramento del dialogo sociale, delle condizioni di lavoro e dei salari.
Sarà realizzato da ILO, in collaborazione con il Governo etiope e i principali stakeholder industriali.
Scopri il nostro progetto in Etiopia

Sorgente: H&M, ILO, and SIDA aim for Sustainable Ethiopian T&C industry | Sustainability News Ethiopia

Serve lavoro dignitoso: pubblicato il rapporto World of Work di ILO


Nelle economie emergenti 839 milioni di lavoratori vivono con meno di due dollari al giorno. Sono i dati del rapporto Ilo (International Labour Organization) “World of Work”, dedicato quest’anno ai paesi in via di sviluppo.
Nonostante il dato impressionante però in queste aree in realtà la quota di poveri rispetto alla forza lavoro totale è scesa a circa un terzo dai primi anni 2000, quando superava la metà del totale.
C’e poi maggior consapevolezza “del ruolo del salario minimo nella lotta alla povertà tra i lavoratori e alle disuguaglianze”. Impatti positivi sui redditi dei lavoratori arrivano anche dalla contrattazione collettiva, il cui utilizzo, avverte però l’Ilo, “è in declino, una tendenza evidente anche nelle economie industrializzate” Nei prossimi cinque anni faranno il loro ingresso nel mercato del lavoro 213 milioni di persone, 200 milioni delle quali solo nei paesi in via di sviluppo.
“Ciò solleva il problema della disoccupazione giovanile“, si legge nel rapporto, “nei paesi in via di sviluppo la disoccupazione giovanile supera già il 12%, oltre tre volte il tasso di disoccupazione per gli adulti”. I tassi di disoccupazione giovanile più elevati, spiega l’Ilo, si riscontrano nel Nord Africa e in Medio Oriente, dove un giovane su tre non riesce a trovare lavoro. Particolarmente grave, in queste aree, è la situazione delle giovani donne, tra le quali il tasso di disoccupazione sfiora il 45%
Scarica il rapporto completo: http://www.ilo.org/global/research/global-reports/world-of-work/2014/WCMS_243961/lang–en/index.htm
Scarica una sintesi: http://www.ilo.org/global/research/global-reports/world-of-work/2014/WCMS_243962/lang–en/index.htm
 
 
Fonte
http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Rapporto-Ilo-893-milioni-di-lavoratori-vivono-con-meno-di-due-dollari-al-giorno-c42c7927-e092-469a-87fd-14f90a714ea4.html#sthash.QH7tW9Jr.dpuf

Le cooperative finanziarie sono migliori delle banche tradizionali

Un recente studio dell’Organizzazione Mondiale del Lavoro (OIL),  ‘Resilience in a downturn: The power of financial cooperatives’ha dimostrato che le cooperative finanziarie si sono comportate meglio delle banche tradizionali possedute dagli investitori prima, durante e dopo la crisi finanziaria globale del 2007-2008.
Secondo Guy Ryder, Direttore Generale OIL le cooperative hanno continuato a far circolare il credito verso le piccole e medie imprese, le principali fonti di creazione di posti di lavoro.

Il tasso di sopravvivenza delle cooperative in molti paesi sembra uguale o maggiore delle aziende tradizionali.
Sorpassano anche la prova nel fornire servizi sociali ai soci, mentre quelle di consumo aiutano a contenere il costo della vita.
Alla base ci sono la vicinanza ai soci, l’orientamento ai servizi piuttosto che all’arricchimento dei manager, la democrazia e la sicurezza dei soci a lungo termine.
via  IPP media.

Lavoro verde dignitoso

Il contributo di lavoratori e imprese è fondamentale per rendere più ecologica l’economia e rappresenta una reale opportunità per realizzare obiettivi sociali dell’Ilo.
Queste le conclusioni presentate dalla ILC Committee on sustainable development, decent work and green jobs, Commissione per lo sviluppo sostenibile, alla “102a Conferenza internazionale del lavoro”, ILC che si è tenuta a Ginevra dal 5 al 20 giugno.
Per la prima volta nella storia dell’Ilo, i 174 membri della commissione, composta da delegati di governi, dei lavoratori e dei datori di lavoro, dopo due settimane di discussione e confronto hanno espresso una forte visione comune e hanno raggiunto un accordo largamente condiviso sui principi guida fondamentali per raggiungere una giusta transizione verso un’economia verde.
“Rendere più ecologiche le economie rappresenta una forte opportunità per raggiungere obiettivi sociali: ha il potenziale per essere il nuovo motore di crescita, sia nelle economie avanzate e che in quelle in via di sviluppo, e di generare la creazione di posti di lavoro verdi decenti che possono contribuire in modo significativo allo sradicamento della povertà e all’inclusione sociale”.
Tra i 15 e i 60.000.000 gli ulteriori posti di lavoro “dignitosi” che il passaggio alla green economy può ancora creare, oltre a rendere migliori e aumentare i redditi in settori come l’agricoltura, l’edilizia, il riciclaggio e il turismo. Un contributo sostanziale alla lotta alla povertà e contro la disoccupazione globale
Nel suo documento conclusivo la Commissione ILC chiede che tutti i lavori e tutte le imprese diventino più verdi, con l’introduzione di un uso più efficiente dell’energia e delle risorse, obiettivo che può essere realizzato con l’adozione di politiche coerenti e prestando particolare attenzione alle condizioni di lavoro, alle politiche industriali e di sostegno alle micro, piccole e medie imprese e aumentando il dialogo sociale.
Il mondo del lavoro e il mondo dell’istruzione e della formazione, devono essere fortemente legati: le nuove professioni necessitano nuove competenze. Deve essere garantita l’attuazione e il rispetto delle misure di salute e sicurezza sul lavoro e previsti sistemi completi e sostenibili di protezione sociale.
viaRichiami Ilo lavoro verde dignitoso e per rispetto lavoro nelle nostre vite | Quotidiano Sicurezza.

Ilo: il futuro del lavoro è verde

La svolta verde, ecco quello che serve, almeno secondo l’Ilo. Fino a sessanta milioni di nuovi posti di lavoro si potrebbero ottenere investendo nella ‘green economy’. E’ quanto emerge dal rapporto ‘Lavorare per uno sviluppo sostenibile. Opportunità di lavoro dignitoso e inclusione sociale nell’economia verde’, realizzato dall’iniziativa per i ‘Lavori Verdi’ promossa dall’Organizzazione internazionale per il lavoro.

Nuove opportunità di occupazione (tra i 15 e i 60 milioni), quindi, si potrebbero ricavare nell’arco di 20 anni, dal passaggio a un’economia che rispetta l’ambiente.Il rapporto fotografa, in particolare, gli effetti che una economia più verde potrebbe produrre in termini di occupazione, reddito e sviluppo sostenibile in generale.

 

La transizione verso ‘la green economy’, in ogni caso, avrà ripercussioni su almeno la metà della manodopera mondiale (1,5 miliardi di persone). Secondo il rapporto dell’Ilo, che arriva alla vigilia del 5 giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente, saranno otto i settori che rivoluzioneranno in tal senso le loro logiche: l’agricoltura, l’industria forestale, la pesca, il settore dell’energia, l’industria manifatturiera ad alta intensità di manodopera, il riciclaggio dei rifiuti, le costruzioni e i trasporti.

 

“L’attuale modello di sviluppo si è dimostrato inefficace e insostenibile, non solo per l’ambiente, ma anche per le economie e le società – ha affermato il direttore generale dell’Ilo, Juan Somavia – Dobbiamo muoverci al più presto verso un percorso di uno sviluppo sostenibile attraverso un insieme coerente di politiche che riconosca alle persone e al pianeta un posto centrale”.

 

Secondo l’opinione di Achim Steiner, direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), invece, “la prossima Conferenza Rio+20 delle Nazioni Unite sarà un momento determinante per garantire che, nel futuro, il lavoro dignitoso e l’integrazione sociale siano parti integranti di ogni strategia di sviluppo”. Il rapporto dell’Ilo lancia un messaggio positivo a tutte le capitali del mondo che, ha concluso Steiner, “potrebbe aiutare milioni di persone di uscire dalla povertà, garantendo migliori condizioni di vita a questa generazione e a quelle future”.

FORUM SU SICUREZZA ALIMENTARE

Roma.02/12/2011.Protezione sociale, lavoro dignitoso e sicurezza alimentare. Saranno questi i temi del Forum organizzato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) il prossimo 6 dicembre in occasione dell’iniziativa 2011 – Global South-South Development Expo (Expo Globale 2011 per lo sviluppo Sud-Sud), prevista alla sede della Fao di Roma tra il 5 e il 9 dicembre.

L’Ilo, che nel 2010 ha ospitato l’Expo, presenterà diverse attività e strategie di promozione della cooperazione orizzontale attraverso il lavoro dignitoso, affrontando una serie di tematiche legate alla sicurezza alimentare. Nel mondo, circa un miliardo di persone soffrondo di fame cronica e la volatilità dei prezzi alimentari aggrava ulteriormente le disuguaglianze. Invece, posti di lavoro dignitosi e protezione sociale sono sempre più riconosciuti come strumenti efficaci per affrontare il problema dell’insicurezza alimentare. E la protezione sociale di base garantisce una sicurezza di reddito minimo e l’accesso ai servizi sociali essenziali, con effetti diretti sia sulla produzione che sui consumi di generi alimentari.

Nel corso del Forum inoltre saranno affrontate anche le questioni relative al lavoro minorile e l’importanza della protezione sociale come strategia per combatterlo. Sarà infatti presentata la versione preliminare delle ”Linee guida Fao-Ilo per affrontare il lavoro minorile nel settore della pesca e dell’acquacoltura: strategie ed esperienze concrete”. La versione finale sarà quindi pubblicata all’inizio del 2012.

 

 

Il portale del lavoro dignitoso

Il Portale del lavoro dignitoso è un’iniziativa promossa e realizzata dall’Ufficio ILO per l’Italia e S. Marino.
L’Agenda del lavoro dignitoso, lanciata dall’ILO nel 1999, pone al centro le aspirazioni delle persone riguardo la propria vita lavorativa che si concretizzano attraverso la possibilità di conseguire un lavoro produttivo e giustamente remunerato, una sicurezza sul luogo di lavoro estesa ad ogni forma di protezione sociale, migliori prospettive di realizzazione personale e di integrazione sociale e la libertà di esprimere le proprie rivendicazioni organizzandosi e partecipando alle decisioni che riguardano il proprio futuro.
Il lavoro dignitoso si esprime attraverso i suoi quattro obiettivi strategici: promozione dell’occupazione; protezione sociale; dialogo sociale e tripartitismo; principi e diritti fondamentali nel lavoro. Questi obiettivi sono inseparabili, interconnessi e il mancato raggiungimento di uno di essi pregiudicherà la realizzazione degli altri. La parità di genere e la non discriminazione vanno considerati come tematiche di fondo per il conseguimento degli obiettivi.
Con l’adozione della Dichiarazione dell’ILO sulla giustizia sociale per una globalizzazione giusta nel 2008, il concetto di lavoro dignitoso è stato istituzionalizzato. Questo solenne documento costituisce il più importante atto di evoluzione dell’ILO dai tempi della Dichiarazione di Filadelfia confermando sempre di più la validità della visione e del mandato dell’Organizzazione nell’era della globalizzazione.
La nuova Dichiarazione costituisce un punto di riferimento fondamentale per la promozione di una globalizzazione giusta fondata sul lavoro dignitoso ed anche uno strumento prezioso per accelerare il processo di realizzazione dell’Agenda del lavoro dignitoso a livello nazionale.
“Lavorando insieme a tutti coloro che condividono le aspirazioni espresse nella Dichiarazione, potremo creare un’effettiva convergenza tra le politiche nazionali e internazionali che conduca ad una globalizzazione giusta e ad un maggiore accesso al lavoro dignitoso per tutte le donne e gli uomini nel mondo. Tutti noi possiamo unire i nostri sforzi affinché ciò divenga realtà e lavorare per un maggiore rispetto della dignità umana e per la prosperità globale, al fine di rispondere ai bisogni e alle speranze delle persone, delle famiglie e delle comunità del mondo intero.” Juan Somavia , Direttore Generale dell’ILO

Perché un Portale italiano del lavoro dignitoso?

Partendo da questo invito del Direttore Generale dell’ILO e stimolati dal sempre crescente riconoscimento da parte della comunità internazionale, l’obiettivo del portale è promuovere e diffondere una maggiore conoscenza dell’Agenda del lavoro dignitoso che richiederà sempre di più un approccio partecipativo.
Grazie al BLOG del portale, le organizzazioni non governative (ONG), associazioni, fondazioni e università ed ogni altra entità sociale e culturale che opera in Italia ma anche nei Paesi in Via di Sviluppo, potranno esprimere il loro punto di vista e condividere le loro esperienze.
In questo percorso, assumerà un’importanza cruciale la collaborazione costante dei costituenti dell’ILO, in quanto principali interlocutori e protagonisti dell’azione dell’Organizzazione sia a livello internazionale che nazionale.
Il rafforzamento del dialogo con e tra i costituenti dell’ILO darà vita alla piattaforma del FORUM, un sistema di comunicazione immediato e di facile accesso che vuole garantire ai costituenti italiani un confronto tripartito a tutto campo attraverso lo scambio continuo, rapido e diretto di informazioni, opinioni ed esperienze.
http://www.lavorodignitoso.org

Campagna globale per la convenzione dei diritti dei migranti

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Il 18 dicembre sarà lanciata una campagna globale per sfidare i paesi a mettere fine all’abuso dei migranti tutelando i loro diritti umani.

Eventi a Bruxelles, il Cairo, a Ginevra, Kuala Lampur, Nairobi, New York e Parigi daranno il via alle attività in tutti i continenti per celebrare il 20 ° anniversario dell’adozione da parte delle Nazioni Unite della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e delle loro famiglie (ICRMW) nel 1990.

La campagna porterà nelle strade e ai parlamenti la richiesta di agire immediatamente per porre fine alla diffuse violazioni dei diritti umani subite quotidianamente dai migranti di tutto il mondo, attraverso la ratifica di questo strumento di base delle Nazioni Unite. Stime delle Nazioni Unite indicano che entro il 2010 214 milioni di persone vivranno al di fuori dei loro paesi di nascita o di cittadinanza. Quasi la metà di questa cifra, circa 95 milioni, secondo i calcoli dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), sono economicamente attivi, come i lavoratori migranti. Insieme alle loro famiglie, che costituiscono la grande maggioranza di tutti i migranti internazionali.

La maggior parte dei paesi conosce l’emigrazione sia come origine, destinazione e / o paesi di transito. Molti paesi hanno tutti e tre questi aspetti. “Anche se, per molti, la migrazione è un’esperienza positiva, molti altri migrano sotto costrizione e affrontano difficoltà gravi”, ha sottolineato Carla Edelenbos dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR) e coordinatore della Campagna Globale. “I lavoratori migranti in tutto il mondo sono vittime di abusi, discriminazioni e sfruttamento da parte dei trafficanti, dei datori di lavoro. L’incapacità degli Stati di proteggere efficacemente i migranti contro le pratiche abusive dimostra la necessità urgente per la ratifica “.

ICRMW prevede norme giuridiche in materia di diritto nazionale che riconoscano le vulnerabilità specifiche dei migranti e la promozione umana e legale di lavoro e condizioni di vita. Esso fornisce una guida per le politiche di migrazione che possono essere efficaci solo se basate su norme giuridiche dello Stato di diritto. La ratifica di questa convenzione è vista come essenziale per contrastare l’abuso e lo sfruttamento dei migranti. 42 Stati hanno ratificato la Convenzione dopo l’adozione da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1990, e altri 15 hanno firmato – la firma è il passo preliminare della ratifica.

“Oggi i membri della FIDH e partner in tutto il mondo hanno lanciato un appello ai loro governi per ratificare la presente convenzione senza ulteriori indugi”, ha dichiarato Cynthia Gabriel, Vice-Presidente e Direttore della CARAM Asia, “gli Stati devono assumersi le loro responsabilità e dire no a sfruttamento e discriminazione. Ci auguriamo che nel 20 ° anniversario della Convenzione celebreremo un numero record di ratifiche “.

“Invitiamo tutti gli Stati che non hanno ancora ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite a cogliere questa occasione per inviare un messaggio forte alla comunità internazionale sul loro impegno per la tutela dei diritti umani di tutti gli esseri umani, comprese le persone migranti”, ha aggiunto Guy Ryder , Segretario Generale, International Trade Union Confederation, “ricordiamo loro l’importanza di ratificare le convenzioni dell’OIL sui lavoratori migranti e di garantire che le Convenzioni fondamentali dell’OIL sulla libertà di associazione, il diritto alla contrattazione collettiva, e la protezione dalla discriminazione e dal lavoro forzato e il lavoro minorile siano pienamente applicate ai lavoratori migranti “, ha concluso.

La campagna è lanciata dal comitato direttivo internazionale per la campagna per la ratifica della Convenzione sui diritti dei migranti, una rete unica di agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni internazionali e organizzazioni della società civile globale.

I membri del comitato direttivo comprendono l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani (OHCHR), International Labour Office, International Organization for Migration (IOM), l’UNESCO, Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), International Trade Unions Confederation (ITUC), 18 dicembre , International Catholic Migration Commission (ICMC), Human Rights Watch (Hrw), Movimento Internazionale contro ogni forma di discriminazione e razzismo (IMADR), Migrant Forum in Asia (MFA), Migrants Rights International (MRI), Public Services International (PSI) , Women’s International League for Peace and Freedom (WILPF), World Council of Churches (WCC).

Molte altre organizzazioni internazionali e regionali si stanno unendo alla campagna, tra cui CARAM Asia.

Per maggiori informazioni contattare: Katherine Booth, FIDH, +33 6 48 05 93 93, kbooth@fidh.org Carla Edelenbos, OHCHR, +41 22 917 9241, cedelenbos@ohchr.org

ISCOS Marche

Il patto globale per il lavoro

Riceviamo e pubblichiamo

Conclusioni della 98’ Conferenza ILO per un Patto Globale per il Lavoro

Quest’anno la Conferenza annuale ILO e’ stata di importanza straordinaria.
Di fronte alla crisi finanziaria, economica ed occupazionale, con risvolti sociali spesso drammatici non solo nei paesi poveri, l’ILO ha saggiamente deciso di mettere al centro della conferenza la discussione per la approvazione di un Patto Globale per il lavoro discusso in una Commissione tripartita sulla Crisi, che ha lavorato una settimana.
Intorno a questa priorità la Conferenza ha organizzato anche tre giorni di Summit alla presenza di alcuni capi di Stato e di governo, ministri del lavoro e leader dei segretari generali dei sindacati e degli imprenditori e dei piu’ importanti attori globali come il Presidente del Brasile Lula, il Presidente francese Sarkozy, la presidente della Repubblica argentina Kirchner. E’ stata la prima opportunita’ per discutere delle politiche e delle strategie che dovrebbero essere attuate sia a livello nazionale che internazionale per affrntare la crisi occupazionale globale. Il Summit ha discusso in panel le questioni connesse al coordinamento regionale ed internazionale, la cooperazione allo sviluppo, i principi e i diritti fondamentali al lavoro e le strategie a livello settoriale e di impresa.
Il Presidente Lula ha sottolineato la necessita’ di rimettere in discussione il modello globale e soprattutto il ruolo del Fondo Monetario internazionale, che sino ad oggi ha adottato ricette uguali per situazioni profondamente diverse, ha criticato l’impossibilita’ di raggiungere un accordo fondamentale in sede di OMC per la indisponibilita’ di USA e Europa di accettare una flessibilizzazione del commercio nel settore agricolo attraverso la eliminazione dei sussidi alla esportazione e ha annunciato la sottoscrizione di un importante accordo tripartito tra imprenditori, sindacati e governo brasiliano nel settore della produzione di canna da zucchero per la produzione di biofuel che dovrebbe costruire un nuovo modello produttivo, di relazioni industriali e di tutela dell’ambiente. Lula ha annunciato inoltre di aver sottoscritto insieme alla Presidente Khirchner una lettera al Primo Ministro inglese Gordon Brown per sostenere la partecipazone dell’ILO al prossimo G20 e il coinvolgimento di questa organizzazione, insieme alle altre istituzioni internazionali nella definizione delle misure idonee a superare la crisi.

La Commissione sulla crisi che ha discusso e approvato la proposta di Patto Globale per il Lavoro ha approvato una serie di strumenti per la soluzione di questa complessa crisi; il documento verra’ pubblicato non appena disponibile, una volta definitivamente approvato.

Il Patto Globale per il Lavoro si poggia su una serie di principi su cui deve avviarsi la ripresa e lo sviluppo, tra cui:
la protezione e la crescita attraverso le imprese sostenibili, servizi pubblici di qualita’, adeguata strumentazione di protezione sociale per tutti come parte di una azione nazionale ed internazionale per aiutare la ripresa e lo sviluppo, il sostegno alle donne e agli uomini in condizioni di vulnerabilità, giovani e lavoratori con basse professionalità o migranti.
Individuazione di misure per mantenere l’occupazione e facilitare la transizione da un lavoro ad un altro e per l’accesso al mercato del lavoro per i disoccupati.
La definizione ed il rafforzamento dei servizi pubblici per l’impiego e altre istituzioni per il mercato del lavoro.
Il rifiuto di soluzioni protezionistiche e le conseguenze negative di una spirale salariale deflazionarla e il peggioramento delle condizioni di lavoro.
La promozione delle norme fondamentali del lavoro e gli altri standard internazionali che sostengano l’economia la ripresa occupazionale e riducano le disuguaglianze di genere.
La promozione del dialogo sociale, del tripartismo e della contrattazione collettiva.
L’ILO inoltre con le altre agenzie internazionali e le istituzioni finanziarie internazionali e i paesi industrializzati dovrebbe rafforzare la coerenza delle politiche e aumentare la cooperazione allo sviluppo per i paesi più poveri ed in transizione.

Il documento sulla crisi ed il Patto Globale per l’Occupazione ha anche individuato una serie di misure per accelerare la creazione della occupazione, e il sostegno alle imprese, la costruzione di sistemi di protezione sociale e delle persone, il rafforzamento del rispetto delle norme internazionali del lavoro, il dialogo sociale, la contrattazione collettiva e la individuazione di misure in grado di definire una globalizzazione equa.

La Conferenza ha lavorato con altre commissioni per la definizione di uno strumento per la lotta all’ HIV IAIDS, una Commisisone specifica sulla questione di Genere e una Commissione stabile della Conferenza che valuta la violazione delle norme ILO da parte di alcuni governi.

Per saperne di più: Organizzazione Internazionale del Lavoro

Cecilia Brighi Dipartimento Politiche Internazionali

ISCOS Marche

I sindacati italiani, i migranti, le convenzioni internazionali

Riceviamo e pubblichiamo la posizione di CGIL CISL UIL rispetto alla applicazione della Convenzione n° 143 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sui Lavoratori migranti.

CGIL CISL UIL

Rapporto per ILO (International Labour Organization)

Situazione dei migranti e popolazione Rom e Sinti in Italia, in relazione alla Convenzione ILO n. 143 del 1975 e del decreto legislativo n. 215 del 2003

PREMESSA

Ci riferiamo al rapporto del Comitato di esperti OIL sull’applicazione delle Convenzioni e Raccomandazioni, presentato all’Organizzazione internazionale del Lavoro di Ginevra, riunita nella Conferenza Internazionale del lavoro (98^ sessione del 2009). A pag. 643 di detto rapporto l’Italia viene citata l’Italia per supposte violazioni, della Convenzione OIL n. 143 del 1975 (che l’Italia ha ratificato nel 1981). Detta Convenzione tratta del rispetto dei diritti umani fondamentali dei migranti, anche di quelli in condizione irregolare, nonché della promozione della pari opportunità e di trattamento dei lavoratori migranti.
Detto rapporto fa anche riferimento al Decreto Legislativo n. 215 del 2003, con il quale l’Italia ha attuato la direttiva 2000/43/CE “per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica”.
Per quanto riguarda la C. 143, il Comitato richiama l’attenzione del Governo italiano al rispetto, in particolare, dei seguenti articoli:
Art.1 – Diritti fondamentali dell’uomo per tutti i lavoratori migranti;
Art. 9 – Diritto, per i lavoratori migranti in condizione di irregolarità, a percepire remunerazione e previdenza sociale per i lavori svolti; nonché la garanzia di poter far valere i propri diritti di fronte ad un ente competente; ed il diritto del migrante e della propria famiglia a non sostenere le spese in caso di espulsione ;
Art. 10 – Promozione da parte dello Stato di misure atte a garantire uguale trattamento in materia di occupazione e professione, di sicurezza sociale, di diritti sindacali e culturali;
Art. 12 – Misure, da parte del Governo, atte ad informare ed istruire il pubblico per migliorarne la consapevolezza sulla discriminazione, allo scopo di cambiarne attitudini e comportamento; l’Esecutivo deve inoltre abrogare qualsiasi disposizione legislativa o prassi amministrativa incompatibili con una politica di pari opportunità e di accettazione dei lavoratori immigrati e le loro famiglie come membri a pieno titolo della società.
Per quanto riguarda il decreto legislativo n. 215 del 2003, con il quale è stato istituito l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni (UNAR) presso il Ministero per le Pari Opportunità, valga per tutti il rispetto dell’Art. 1 (parità di trattamento tra le persone, indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica), concetto già presente nel Testo Unico sull’immigrazione (art. 2 commi 1-8), ed alla base della nostra Costituzione (art.3).
IN RIFERIMENTO AGLI ARTICOLI CITATI

Per quanto riguarda l’Art. 1, va ricordato che l’Italia è un Paese civile e democratico e contempla nella propria legislazione la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo. Nondimeno, spesso la dichiarazione in astratto dei diritti, non si traduce automaticamente nella loro implementazione e piena fruizione da parte dei cittadini. In dettaglio:
1. Diritto alla libertà religiosa: rispettato in teoria, nella pratica esso ha trovato ostacoli a livello locale, con problemi posti alla costruzione di moschee (Lombardia, Veneto) ed alla espressione di preghiera in pubblico;
2. Diritti politici. In particolare il diritto di voto (attivo) è negato, in quanto previsto solo per il cittadino italiano; il diritto di voto amministrativo è negato in quanto l’Italia non ha mai ratificato il capitolo C della Convenzione di Strasburgo;
3. Diritti di uguaglianza sociale: questi si suddividono, a loro volta, in uguale accesso alla cittadinanza, uguaglianza di fronte alla legge e abolizione delle discriminazioni. Per quanto riguarda l’accesso alla cittadinanza, l’attuale ddl sicurezza allunga i termini di residenza legale in Italia successivi alla celebrazione matrimonio (da 6 mesi a 2 anni) per richiederla. La cittadinanza per residenza può essere richiesta solo dopo 10 anni e rimane difficile da ottenere, oltre che costosa (tassa di 200 €); uguaglianza di fronte alla legge: questo principio civile basilare è stato messo in discussione dalla legge n. 125 del 2008 che ha modificato l’art. 61 del Codice Penale, inserendo una ipotesi di “circostanza aggravante comune” del reato (aumento della pena di un terzo) … quando il colpevole abbia commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale. Abolizione delle discriminazioni: com’è stato più volte ribadito da Cgil, Cisl e UIL, compito costitutivo di UNAR non è solo quello di segnalare e combattere le discriminazioni dirette, prodotte da comportamenti individuali e collettivi, ma anche quelle indirette, rimuovendo dalla legislazione le norme in contrasto con la C. 143 (articolo 12), la Costituzione italiana ed il Testo Unico sull’immigrazione. In realtà la legislazione non è esente da discriminazioni in particolare in relazione ai cittadini stranieri, dall’accesso al lavoro pubblico (negato a chi non ha cittadinanza italiana), ai trattamenti previdenziali (differenziati nelle ipotesi di godimento per chi rientra nei paesi d’origine), all’utilizzo dei titoli di studio conseguiti all’estero (in genere non riconosciuti dall’Italia), fino al godimento di bonus (come quello relativo alla nascita di un figlio) che le ultime finanziarie hanno esplicitamente escluso per i non italiani. Vi sono poi in comportamenti di fatto, come quelli relativi al trattamento economico (di fatto inferiore al 40% rispetto agli Italiani, come ha evidenziato in un recente studio dell’INPS), nonché normative locali relative al godimento dei servizi che, in molte città si possono avere solo dopo 10 anni di residenza. Più volte Cgil, Cisl e UIL hanno segnalato che il comportamento di UNAR non è consono ed adeguato a quello di un istituto che si presume dovrebbe essere autonomo dai comportamenti dell’Esecutivo, proprio per permettere una piena applicazione delle normative sulle discriminazioni e mettere in mora comportamenti (anche pubblici) in contrasto con esse.

Art. 9 – Per i lavoratori migranti in condizione di irregolarità, diritto a percepire remunerazione e previdenza sociale per i lavori svolti, garanzia di poter far valere i propri diritti di fronte ad un ente competente; diritto del migrante e della propria famiglia a non sostenere le spese in caso di espulsione ; attualmente ad un lavoratore migrante in condizione di irregolarità non viene garantito il diritto alla remunerazione e tanto meno a percepire i diritti previdenziali. Sono molti i casi in cui la denuncia da parte del lavoratore del suo datore di lavoro inadempiente, si è tradotta in una espulsione del migrante che gli ha tolto di fatto il diritto a rivalersi in giudizio. Attualmente l’art. 11 della Bossi Fini prevede una pena fino a tre anni per l’imprenditore che utilizza manodopera in condizioni di clandestinità, ma solo in teoria. Sono pochissimi i datori di lavoro denunciati e meno ancora condannati. Al contrario, con l’introduzione del reato di clandestinità – attualmente in approvazione nel ddl C 2180 – l’espulsione del migrante irregolare può avvenire senza esame di un giudice togato, ma con il solo avvallo del giudice di pace. Con l’espulsione il diritto a far valere i propri diritti di fronte ad un ente competente , rimane solo in teoria. Nel 2006 il governo allora in carica promosse – su pressione sindacale – l’estensione dell’art. 18 del T.U. sull’immigrazione (previsto per gravi casi di tratta a scopo prostituzione) anche ai casi di grave sfruttamento lavorativo. Lo strumento, prevede che i casi comprovati di grave sfruttamento, su
denuncia della vittima e su verifica delle autorità, consenta un permesso per motivi umanitari e un percorso protetto di integrazione. La norma è comunque molto restrittiva e non ha influito sul proliferare di gravi casi di lavoro coatto, oggi diffusi in agricoltura, nel campo dei servizi alla persona, ma anche nell’edilizia e nel commercio. Infine, lo Stato non garantisce le spese di rientro in caso di espulsione. E la mancata obbedienza all’espulsione comporta l’arresto ed una possibile condanna fino a quattro anni di carcere (art. 12 Bossi Fini).

Gli articoli 10 e 12 della Convenzione 143, non solo vengono sistematicamente disattesi, ma si tende ad ingenerare nella pubblica opinione un sentimento di rifiuto dell’immigrazione, specie se irregolare ma non solo. L’accostamento del termine “clandestino” con quello di criminale, la criminalizzazione di un’intera etnia come nel caso dei ROM o dei cittadini romeni, sono parte di una campagna spesso ad opera di autorità pubbliche o esponenti di partito che, ingigantita dai mass – media, produce un atteggiamento di insofferenza, quando non rifiuto nei confronti di tutti gli stranieri, con gravi conseguenze anche sul piano di episodi individuali o collettivi di razzismo e xenofobia.
Il clima è anche funzionale a far accettare nella pubblica opinione l’idea che si possa sorvolare sul rispetto di diritti fondamentali, come nel caso dei respingimenti di boat – people provenienti dal Nord Africa, negando di fatto chance ai potenziali richiedenti asilo di presentare regolare richiesta.
Inoltre, la legislazione in approvazione nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” , laddove introduce il reato di clandestinità, l’aggravante di clandestinità, il sequestro dell’immobile per chi affitta a irregolari, l’obbligo di denuncia a chi utilizza il money transfer senza esibire il titolo di soggiorno, l’obbligo di esibizione del permesso anche per gli atti amministrativi civili, conferma a nostro avviso l’intenzione di creare una legislazione separata penalizzante per gli immigrati, in particolare per gli irregolari, con gravi conseguenze della violazione di diritti umani e civili.

In particolare, il reato di clandestinità, trasforma in reato penale quella che è oggi una irregolarità amministrativa. Di conseguenza, questa fattispecie di reato finisce per avere un effetto a pioggia sulla legislazione e sul comportamento di pubblici funzionari che, in caso di non segnalazione di un migrante non in regola, potrebbero incorrere nella violazione dell’art. 328 del codice penale (rifiuto od omissione d’atti d’ufficio).
Sono note le polemiche nate per le norme inserite nel ddl sicurezza (ora ritirate) che prevedevano l’opzione per i medici di denunciare il migrante irregolare che ricorreva alle cure, e per i dirigenti scolastici la possibilità di denunciare la famiglia di uno scolaro straniero privo di permesso. In realtà il ritiro di quelle norme non è sufficiente ad evitare potenziali comportamenti persecutori nei confronti di pazienti e scolari, in quanto l’introduzione del reato di clandestinità finirà per pesare sui comportamenti dei pubblici funzionari.

SITUAZIONE ROM E SINTI

In generale non è stata predisposta una legislazione specifica nei loro riguardi, ma sono state emanate ordinanze (n. 3676, 3677, 3678) il 30 maggio 2008 con le quali si danno poteri straordinari ai prefetti delle città di Milano, Roma e Napoli, ed indicazione di smantellamento dei campi sosta abusivi. L’idea iniziale di prendere le impronte digitali anche ai minori nomadi è rientrata grazie alle proteste soprattutto europee. Alcuni comportamenti violenti nei confronti delle persone presenti nei campi al momento del controllo di sicurezza, sono risultati episodici ed isolati.
Quello che maggiormente si critica alle autorità è l’approccio emergenziale con cui si tratta un tema vecchio di secoli. In Italia ci sono 160 mila Rom e Sinti, di cui 90 mila italiani. Sono presenti nel nostro Paese dal 1400, ed una grandissima maggioranza si è integrata. Eppure si continua a trattare il tema “nomadi”, come se fosse recente e la situazione “di emergenza pubblica”. In realtà quello che manca è una seria politica di integrazione in materia di abitazioni, scuola ed avvio al lavoro. In fondo il tema Rom (e per analogia) dei romeni, serve ad agitare l’opinione pubblica e ad esasperare i comportamenti più violenti com’è successo l’anno scorso vicino a Napoli.
La legislazione in approvazione prevede due norme specificamente mirate a Rom e Sinti: quella introduce norme piu’ severe per il contrasto all’impiego di minori per l’accattonaggio e quella che subordina la concessione della residenza ad una verifica sulle condizioni di abitabilità (idoneità alloggiativi) , condizioni difficili da superare per chi vive in un campo.

CONCLUSIONI

La legislazione italiana contiene principi importanti di rispetto dei diritti umani, in linea con i principi e le norme internazionali, e a favore di una piena valorizzazione della persona indipendentemente dalla provenienza, colore, razza, credo religioso. La sua normativa, però, non è esente da norme con contenuti oggettivamente discriminatori che andrebbero eliminati. Anche in fase di applicazione delle leggi e dei principi, ci si scontra con un notevole ritardo nell’applicazione di un principio di parità piena ed effettiva per tutti. Oggi la crisi economica ed il clima politico avvelenato certo non facilitano questo percorso, sia pur urgente e necessario.
Purtroppo, anche gli organismi creati a tutela di questo percorso di parità effettiva e di armoniosa convivenza tra le diversità, si sono rivelati insufficienti nell’autonomia e nell’efficacia (vedi Pari Opportunità).
La presenza in Italia di oltre un milione di migranti irregolari e la percezione netta nell’opinione pubblica di una mancanza reale di governance del fenomeno, ha accentuato nella popolazione l’insofferenza verso le diversità.
La crisi economica ha certo prodotto una maggiore tendenza alla chiusura della società italiana ed una più facile permeabilità ad un clima di rifiuto degli stranieri (non solo dei cosiddetti “clandestini”) e del popolo dei Rom e dei Sinti; clima purtroppo anche alimentato da propaganda partitica e dalla drammatizzazione dei mass – media di episodi individuali di cronaca. Un clima tanto grave da spingere 27 organizzazioni della società civile (tra cui tutti i sindacati) a dar vita ad una campagna nazionale contro il razzismo e la paura dell’altro.
Di fronte a questa situazione oggettivamente difficile, la scelta del presente Esecutivo di chiudere i flussi d’ingresso per il 2009 e varare misure draconiane tese a fare terra bruciata attorno alle condizioni di vita dei migranti, non solo non produrrà effetti sul piano della lotta all’irregolarità (al contrario, destinata a crescere), ma rischia di acuire il clima di scontro ed incomprensione nell’alveo della società civile.

ISCOS Marche