Da guardiani della rivoluzione a carnefici: questa la parabola dell’esercito egiziano documentata da un nuovo rapporto.
di Valentina Marconi
Il documento non è stato ancora divulgato tramite canali ufficiali ma – nella versione ridotta resa nota dal quotidiano inglese – ha fatto già il giro del mondo, provocando forti reazioni.
“Non si può sottovalutare l’importanza di questo rapporto […] Fino ad oggi, non c’è stato un riconoscimento ufficiale da parte dello Stato della forza eccessiva usata da polizia e militari. L’esercito ha sempre detto di essere stato dalla parte dei manifestanti e di non aver mai sparato contro i civili. Questa è la prima [..] condanna ufficiale delle sue responsabilità nei casi di tortura, sparizione forzata e uccisione”, ha dichiarato Heba Morayef, direttore di Human Rights Watch in Egitto.
Cronaca di una fuga di notizie
A compilare questo rapporto-shock è stata una commissione nominata dal presidente Morsi nel luglio del 2012 e formata da sedici membri. Fra questi, giudici e funzionari del ministero degli Interni, ma anche avvocati per i diritti umani e parenti di persone uccise o scomparse.
L’obiettivo di questa task force era raccogliere informazioni dettagliate su uccisioni e ferimenti di manifestanti (avvenuti fra il gennaio del 2011 e il giugno del 2012), esaminando le misure prese dal governo e la cooperazione fra potere esecutivo e giudiziario.
Lo scorso gennaio, la commissione ha chiuso i battenti, presentando i risultati del proprio lavoro a Morsi, che invece di pubblicare le “mille pagine di atrocità” contenute nel rapporto, ha preferito passarle direttamente alla Procura.
Tutto è quindi rimasto a tacere sino alla settimana scorsa, quando alcuni capitoli sono finiti sulle pagine del Guardian.
Dalla lettura degli estratti pubblicati, emergono chiaramente tre questioni: la responsabilità dei militari in relazione alla tragedia di quelli che potremmo definire i desaparecidos egiziani, gli abusi commessi nell’ospedale militare di Kobri al-Qoba nel giugno del 2012 e l’uso eccessivo della forza impiegato dalla polizia contro i manifestanti a Suez.
viaEgitto. Le mille e una atrocità dell’esercito durante la ‘rivoluzione’.
Egitto: Morsi nomina il suo premier, e' il ministro Kandil – Egitto
A sorpresa il presidente egiziano Mohamed Morsi ha scelto il suo primo ministro, mettendo fine alle voci secondo le quali avrebbe atteso la fine del mese di Ramadan per procedere a questa nomina cruciale. La scelta del primo capo di stato membro dei Fratelli musulmani e’ caduta su Hisham Kandil, attualmente ministro dell’irrigazione con il governo di Kamal Ganzuri, scelto dal Consiglio militare e ancora incarica per gli affari correnti.
Kandil e’ un tecnico, e’ stato per anni funzionario del ministero, non e’ mai stato affiliato ad un partito anche se porta una corta barba islamica. Con i suoi 50 anni e’ il piu’ giovane premier del paese. Appena avuto l’incarico ha affermato che il suo governo sara’ all’insegna della competenza e che ci sara’ tolleranza zero alla corruzione, ma gli analisti gia’ si chiedono quali saranno i suoi poteri reali, visto che la Costituzione ancora non e’ stata riscritta e che sull’assemblea costituente incombe la minaccia di uno scioglimento sul quale e’ chiamato a decidere il tribunale amministrativo lunedi’ prossimo. La prima reazione, quella della Borsa, non e’ stata incoraggiante. La seduta di oggi ha chiuso in perdita di un uno per cento.
Non appena nominato a fine giugno Morsi aveva promesso che il suo premier sarebbe stato indipendente, non affiliato ai Fratelli musulmani, e che il governo sarebbe stato di tecnici.
Ma col passare dei giorni cresceva la sensazione che fosse in atto un ulteriore braccio di ferro dietro le quinte col Consiglio militare, dopo quello sullo scioglimento del Parlamento, per definire premier e ministri chiave come quello dell’Interno, della Difesa e degli Esteri. Una partita, soprattutto quella sulla Difesa, che resta aperta.
continua qui Egitto: Morsi nomina il suo premier, e’ il ministro Kandil – Egitto – ANSAMed.it.
Le donne della rivoluzione araba
Una bellissima serie di immagini della foto giornalista Sarah Elliot su chi ha più da guadagnare – e da perdere – dai cambiamenti legati alla primavera araba: le donne.
viaAfter the Spring: Women of the Arab Revolution – LightBox.
Turchia: con le telenovelas all'assalto del Mondo Arabo
spopolano da Rabat a Teheran, soppiantate ‘big’ Usa…
Cooperazione: Trentino lancia "Sponda Sud del Mediterraneo"
Si chiama “Sponda sud del Mediterraneo” e rappresenta una scommessa che investe sulla democrazia e sui giovani grazie a un percorso formativo promosso dall’associazione Rondine, in collaborazione con numerose istituzioni e la partnership della Provincia autonoma di Trento, che prevede un periodo di studio di un anno in Trentino per un gruppo selezionato di giovani provenienti da Tunisia, Libia ed Egitto, cioe’ dai paesi della cosiddetta primavera araba.
“Sponda Sud del Mediterraneo” punta a promuovere una cultura di pace e di dialogo in collaborazione con numerose istituzioni ed in partnership con la Provincia autonoma di Trento. E’ stata presentata ad Arezzo dal Governatore del Trentino Lorenzo Dellai, con presenti, tra gli altri, il cardinale Taurin, responsabile dei rapporti inter religiosi del Vaticano, il ministro Andrea Riccardi nonché gli ambasciatori presso la santa sede degli Stati Uniti e Egitto. Dellai ha rimarcato che questa collaborazione rientra nella volontà della Provincia autonoma di Trento di prestare attenzione da ogni punto di vista, sia sociale che economico, a quello che sta accadendo in diverse aree vicine all’Europa secondo la propria tradizione di apertura e di interesse agli investimenti sui giovani.
“La presenza a Trento di questi gruppi di ragazzi provenienti da realtà del Sud del Mediterraneo, molti dei quali già oggi impegnati nelle associazioni e nei movimenti democratici di quei paesi, e quasi tutti portatori di percorsi di alta formazione – ha concluso Dellai – potrà essere sicuramente motivo di grande interesse per le realtà organizzate del mondo giovanile trentino per entrare direttamente in connessione con i fenomeni più attuali che riguardano l’evoluzione delle società civili di quei territori”.
viaCooperazione: Trentino lancia “Sponda Sud del Mediterraneo” – Francia – ANSAMed.it.
Tunisia: le tensioni non si placano
Se domani il nuovo presidente egiziano Mohamed Mursi, appena eletto “democraticamente”, giurerà su una Costituzione che non esiste ancora, la Tunisia fa i conti con tutte le contraddizioni che ogni repentino cambio di assetto istituzionale porta con sé. Il paese che ha dato il via alla primavera araba, una stagione di speranza e di violenza che non ha ancora offerto tutti i suoi frutti alcuni potrebbero essere pure molto amari, liberandosi del tiranno Ben Ali – condannato due settimane fa all’ergastolo – non soltanto ripropone l’eterno dilemma tra islamismo “possibile” del partito di governo e islamismo “radicale” dei salafiti, ma deve fare i conti con la crisi economica, con i moti della piazza dove ancora sono calde le braci della rivolta.Così descriveva qualche giorno fa la situazione Patrizia Mancini per Il Manifesto: “La Tunisia di oggi è stremata dalla crisi economica, che ha cause sia endemiche, sia legate alla crisi mondiale. È governata da una «troika» capeggiata dal partito islamico di Ennahda, che non è in grado di gestire la sicurezza dei cittadini né sembra poter rispondere alle richieste dei giovani scesi in piazza durante la rivoluzione. Negli ultimi mesi estremisti salafiti hanno attaccato artisti, giornalisti, intellettuali e insegnanti universitari, ma è probabile che si tratti di una strategia di diversione orchestrata da Ennahda per distogliere l’attenzione dai veri problemi del paese – o per alzare il livello di scontro fra laici e credenti, il vecchio «divide et impera». Così come ben orchestrata appare l’appropriazione da parte governativa della gestione dei media nazionali, a partire dalla televisione El Watania. Il telegiornale serale di questa tv nei primi tempi non risparmiava critiche al governo, con servizi sui sit-in e interviste a personaggi critici nei confronti del governo. Ora, se riferisce di una lotta o di qualsiasi rivendicazione, c’è sempre l’ospite governativo, il portavoce di questo o quel ministero che ripete di «lasciarli lavorare»”.
via Tunisia: le tensioni non si placano / Notizie / Home – Unimondo.
La primavera araba può rilanciare l'economia italiana – Affaritaliani.it
La ‘primavera araba’, volendo continuare ad interpretarla come fenomeno meteorologico, si presta a differenti valutazioni e previsioni a seconda della collocazione geografica dei Paesi interessati dal recente, sorprendente e inatteso mutamento climatico.
Considerando solamente la sponda mediterranea del continente africano: Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, osserviamo che la nuova stagione si è manifestata esplicitamente in Tunisia, Libia ed Egitto. Mentre, in Marocco ed Algeria, i governi in carica sono riusciti con abilità a gestire le correnti atmosferiche mantenendo, almeno per il momento, un tempo stabile anche in presenza delle perturbazioni esistenti.
L’Egitto, dopo la primavera, in realtà è regredito verso l’inverno. La Libia alterna alta e bassa pressione ed ha intrapreso un’azione di rasserenamento con conseguente stabilizzazione del clima attraverso elezioni municipali già tenute o indette nei principali capoluoghi (Tripoli, Misurata, Bengasi), e avviata l’organizzazione delle prossime elezioni per una assemblea costituente nazionale previste inizialmente per il corrente mese di giugno e, probabilmente, procrastinate ancora di qualche settimana. La Tunisia dimostra di progredire, seppur lentamente, verso un’estate politica dopo l’elezione di un’assemblea costituente che ha dato spazio e composto democraticamente le diverse sensibilità politiche e religiose esistenti, ed il mantenimento della scadenza di nuove elezioni politiche entro il 2012.
Con un approccio alquanto pragmatico sembra opportuno – al momento – volgere l’attenzione verso due Paesi, la Tunisia e la Libia. Considerando il primo – Paese di trasformazione senza proprie risorse energetiche – un alleato per l’Italia stabile e strategico per rendere più efficiente l’azione verso il secondo (la Libia) – Paese di lunga tradizione di rapporti con il nostro Paese, ricco di materie prime energetiche e capace di influenzare il continente africano, il mondo islamico e i produttori di petrolio.
L’Italia, per le ragioni culturali, geografiche, storiche, sociali e mercantili radicate nel passato e per il particolare e a suo modo originale profilo assunto nelle recenti operazioni politiche, diplomatiche e militari, può ambire a svolgere un ruolo creativo e condurre una offensiva di idee, di proposte e di interventi, miranti ad esaltare e realizzare azioni rivolte alla cooperazione e concertazione, piuttosto che di confronto e risarcimento usualmente riassunti nella locuzione cinica ma realistica ed efficace di ‘dividendi della pace’.
Una siffatta offensiva deve contribuire a raggiungere l’obiettivo di stabilizzare l’area del Mediterraneo per consentire l’individuazione, la realizzazione e il progressivo affinamento di strumenti di cooperazione che si trasformino successivamente in partnership tra i sistemi economici. In primis tra Italia, Tunisia e Libia, eppoi dell’insieme dei Paesi dell’Unione europea che si affacciano sullo stesso mare, fino a coinvolgere l’intera realtà politica europea in un quadro di sicurezza e certezza per gli operatori coinvolti, siano essi gruppi economici od organismi di solidarietà o di interlocuzione culturale.
Il tessuto economico italiano si connota per il capillare insediamento di eccellenze tecnologiche e capacità tecno-organizzative di alta flessibilità, tutte riassunte e rappresentate nel modello delle PMI che ben si adatta alle necessità mostrate dai due Paesi nei loro programmi di consolidamento, ricostruzione e rilancio dell’economia imprenditoriale.
Attualmente, dalle informazioni finora raccolte, risulta che i settori di interesse dedicati e prospettati alle PMI sono: la sicurezza interna e esterna; l’intera filiera della sanità; il rilancio del turismo e la relativa sistemazione delle infrastrutture ricettive; l’energia, in particolare, il trattamento delle fonti rinnovabili; le infrastrutture di mobilità nelle diverse modalità: aereo, treno, gomma; la ricostruzione e sistemazione urbanistica; l’agroindustria.
La recente sottoscrizione a Tripoli di un MoU (Memorandum of Understanding) tra Enav e Libyan Civil Aviation Authority, alla presenza del ministro libico dei Trasporti (Yousef El Weheshi) e dell’ambasciatore italiano (Giuseppe Buccino Grimaldi), ed il conseguente immediato avvio dell’attività di formazione per controllori di volo offerta gratuitamente dall’Italia, è stato un primo riuscito e replicabile esempio della efficacia dello strumento della cooperazione internazionale anche nel campo delle tecnologie. Non resta che prendere esempio, sollecitando pure chi, istituzionalmente – ministeri Affari Esteri e Sviluppo Economico – di quest’attività deve farsi, per dovere, promotore. Ma non è sufficiente firmare intenti per la costituzione di gruppi di lavoro!
Mariella Colonna
via La primavera araba può rilanciare l’economia italiana – Affaritaliani.it.
Spazi in migrazione. Cartoline di una rivoluzione
17 dicembre 2010-14 gennaio 2011: sono le date che ricordiamo come l’inizio e il primo compimento di una rivoluzione che ha dato il via a un improvviso sommovimento dello spazio che ha stupito il mondo.
Il gesto estremo di Mohamed Bouazizi che si dà fuoco e poi il rapido riempirsi di piazze e strade, dalla Tunisia all’Egitto, da Sana’a a Tripoli e Damasco. Rivoluzioni contro le dittature e contro l’insostenibilità delle proprie vite, con pratiche di lotta che nella “presa dello spazio” hanno trovato un’insospettata capacità di azione comune.
Esistenze che hanno deciso di contare, prendendosi strade, piazze, kasbe e medine, incontenibili nel loro movimento, dal Maghreb al Mashreq. Dalla Tunisia all’Europa. Sì, perché le “rivoluzioni arabe”, e quella tunisina in particolare, sono riuscite a riempire di esistenze e di corpi anche le strade, le isole, le stazioni e i parchi dell’Europa, unendo due rive e due continenti, cancellando secoli di storia, agendo la loro “naturale” vicinanza.
I materiali che compongono questo volume cercano di restituire alcune immagini di quanto accaduto a partire dal 17 dicembre 2010, provando a tracciare un racconto necessariamente frammentato, qualche cartolina appunto, inseguendo gli spazi in migrazione di questa rivoluzione lungo la scia del suo sommovimento a partire dai luoghi in cui le autrici e gli autori del libro sono collocati.
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Piazza Tahrir in fermento, appelli a proteggere la rivoluzione
Migliaia di persone stanno affluendo nella zona per partecipare alla protesta indetta dagli attivisti e sostenitori della rivoluzione, contro la sentenza per l’uccisione dei manifestanti durante le rivolte di piazza che portarono alla caduta del regime…
L' Africa mediterranea. Storia e futuro
Curatore Mezran K.; Colombo S.; Genugten S.
È bastata una manciata di settimane per trasformare la sponda nord del continente africano in una polveriera, capace di ribaltamenti politici impensati appena solo qualche mese fa.
Esperti, commentatori e inviati speciali di lungo corso: nessuno aveva presagito gli ultimi avvenimenti, che a catena rischiano di trascinare anche il Medio Oriente in una spirale che potrebbe modificare il quadro geopolitico uscito dal secondo conflitto mondiale e dagli anni della guerra fredda.
Ma l’irruenza degli eventi attuali ha catalizzato l’attenzione, non solo degli esperti: dopo decenni in cui l’Occidente, e in particolare quei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, ha guardato con distrazione alla regione nordafricana, improvvisamente si è sentita forte l’esigenza di comprendere il significato e i possibili sviluppi di rivolte che non sono semplici manifestazioni di malessere originate da un momentaneo stato di insoddisfazione, ma profonde spinte al cambiamento che affondano le loro radici nel passato, anche recente.
Infatti, nonostante la prossimità geografica, i rapporti politici ed economici, e il costante contatto tra le popolazioni delle due sponde attraverso l’immigrazione e i mezzi di comunicazione, l’Italia non ha prodotto analisi rigorose, e al contempo accessibili al grande pubblico, delle trasformazioni in atto nella regione e delle loro origini storiche.
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