Welfare – austerità: 1-0 sul campo del diritto internazionale

Anche i diritti economici, sociali e culturali, tra i quali i diritti al cibo, alla casa, all’educazione o alla salute, sono divenuti oggetto di un meccanismo giuridico di garanzia internazionale.
I governi saranno quindi chiamati a rispondere per la loro eventuale mancanza o per la loro limitazione ai soli cittadini del proprio Stato: dovranno goderne anche coloro che si trovano sul territorio nazionale privi della cittadinanza siano essi turisti, lavoratori temporanei o immigrati; peraltro i vincoli di tutela dello Stato scavalcheranno anche i confini extraterritoriali, nel caso in cui i propri comportamenti possano danneggiare altri esseri umani all’estero si pensi ai danni ambientali.
Non mancano gli esempi di quanto, troppo spesso, i governi facciano promesse a vuoto e non adempiano ai loro obblighi internazionali in materia. Ad esempio, alcuni non intraprendono le misure necessarie per garantire un’eguaglianza sostanziale ai gruppi emarginati, specialmente a chi ha minori risorse economiche. Alcuni non riescono a prevenire, indagare e punire i responsabili di abusi dei diritti umani, specie nel settore ambientale o in quello occupazionale come si è visto nel tragico caso dell’Ilva di Taranto. Altri ancora violano deliberatamente i diritti delle persone, ad esempio quando le sgomberano forzatamente dalle loro abitazioni e le lasciano senza un alloggio adeguato, o ancora quando non assicurano il diritto al cibo alla popolazione.
Nel generale disinteresse della stampa e dell’opinione pubblica, da pochi giorni è caduto un tabù giuridico fondamentale del sistema internazionale di tutela dei diritti umani.
L’inserimento della mera programmazione dei diritti economici, sociali e culturali nelle agende dei governi dovrà lasciare il posto alla definizione delle risorse economiche, istituzionali, umane finalizzate a garantire il loro effettivo godimento.
viaWelfare – austerità: 1-0 sul campo del diritto internazionale / Notizie / Home – Unimondo.

L'austerità fa aumentare le malattie: studio pubblicato su Lancet

Le misure di austerità, insieme agli shock economici e alla debole protezione sociale stanno facendo aumentare le malattie mentali, i suicidi e le malattie infettive. Diminuiscono gli incidenti automobilistici.
E’ il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista Lancet e ripreso in questo articolo dello Spiegel:

As the euro crisis wears on, the tough austerity measures implemented in ailing member states are resulting in serious health issues, a study revealed on Wednesday. Mental illness, suicide rates and epidemics are on the rise, while access to care has dwindled.The rigid austerity measures brought on by the euro crisis are having catastrophic effects on the health of people in stricken countries, health experts reported on Wednesday.
viaLancet Study: European Austerity Costing Lives – SPIEGEL ONLINE.

Associazione Marocchina dei Diritti Umani – scheda di presentazione

L’Associazione Marocchina dei Diritti Umani è stata costituita tra il 1979 e il 1983.

Tra il 1984 e il 1988 ha attraversato un periodo di stagnazione.

Il processo di rinnovamento avvenuto tra il 1988 e il 1991, ha consentito l’ascesa dell’organizzazione, che dal 1991 continua fino ai giorni nostri.

 

Dal 20 al 23 maggio 2010, a Bouznika,  si è svolto il 9° Congresso dell’AMDH.

Hanno partecipato 422 persone, delle quali il 36% donne e il 10% giovani. Erano presenti inoltre 120 membri dell’AMDH in qualità di osservatori e 30 responsabili provenienti da altre organizzazioni vicine all’AMDH.

 

Il motto dell’organizzazione è: “Un movimento dei diritti umani e della democrazia per una Costituzione democratica, uno Stato di diritto ed una società dignitosa”.

 

Il Congresso dell’AMDH, composto da 542 membri, si riunisce ogni 3 anni.

La Commissione Amministrativa, eletta dal Congresso e composta da 63 membri, si riunisce 4 volte l’anno; la Commissione è legata da una relazione funzionale al Consiglio Nazionale, che si riunisce una volta all’anno.

La Commissione Amministrativa elegge l’Ufficio Centrale, composto da 17 membri, che si riunisce ogni 15 giorni.

All’Ufficio Centrale sono collegate le Sezioni Regionali e le Sezioni/Commissioni Preparatorie, da cui dipendono a loro volta le Commissioni delle Sezioni e le Commissioni Locali.

L’Ufficio Centrale è legato da relazioni gerarchiche all’Amministrazione Centrale (10 membri), al Comitato di Sostegno all’Amministrazione  (3 membri) ed al Centro d’Informazione e Documentazione.

L’Ufficio Centrale è collegato, a livello funzionale, con le Commissioni Centrali (13 membri) e con il Comitato di preparazione delle attività (15 membri).

 

Nel corso degli anni è aumentata la presenza delle donne all’interno dell’organizzazione: attualmente almeno ⅓ dei ruoli dirigenziali è ricoperto da donne.

 

Nel 1998 l’AMDH era composta da 30 sezioni, cresciute numericamente negli anni, fino ad arrivare alle 90 sezioni del 2010 (in Marocco e all’estero).

 

Nel 1998 c’erano 3.000 membri. Nel 2010 i membri presenti nell’organizzazione erano 14.000 ed il numero sta crescendo.

L’obiettivo generale dell’AMDH è la conformità dello Stato marocchino ai diritti umani universalmente riconosciuti.

 

Gli obiettivi specifici sono:

 

  1. ratifica di tutti i trattati internazionali in materia di diritti umani (scioglimento delle riserve, ratifica dei trattati non ratificati)

  2. adeguamento della legislazione nazionale alla legislazione internazionale in materia di diritti umani

  3. rispetto dei diritti umani universalmente riconosciuti e dei Patti DCP (Diritti Civili e Politici) e DESC (Diritti Economici, Sociali e Culturali).


Gli indicatori che vengono presi in considerazione sono:

 

  1. ratifica di tutti i trattati e i patti inerenti i diritti umani

  2. scioglimento delle riserve sui trattati

  3. conformità della Costituzione e delle leggi ai diritti umani

  4. cessazione delle azioni statali che ostacolano i diritti civili e politici  (es. arresti arbitrari); rispetto delle libertà d’espressione,  di manifestazione…

  5. impegno dello Stato nella realizzazione dei diritti economici, sociali e culturali attraverso la sua politica economica

  6. fine dell’impunità per coloro che violano i diritti umani.


Per realizzare questi obiettivi si dovrà:

 

  • denunciare le violazioni (lettere rivolte ai responsabili, incontri con i responsabili, comunicati pubblici, conferenze pubbliche, messaggi attraverso i mass media, sostegno morale e giuridico alle vittime, inchieste, rapporti sulla situazione dei diritti umani, memorandum per la revisione delle leggi e degli statuti, istituzione di tribunali simbolici, sit-in, manifestazioni pubbliche)

  • promuovere la cultura dei diritti umani (progetti di formazione, conferenze pubbliche, tavole rotonde, organizzazione di manifestazioni culturali e sportive sul tema dei diritti umani, sostegno ai ricercatori)

  • potenziare l’organizzazione (soluzione democratica dei conflitti, personale qualificato, audit delle pratiche dell’organizzazione, controlli nelle sezioni, aumento nell’associazione della presenza delle donne e dei giovani, aumento delle adesioni all’AMDH, rilevazione del livello di formazione dei membri, aumento delle strutture dell’associazione, rispetto delle scadenze delle riunioni a livello centrale e a livello locale).

 

L’AMDH  ha contatti con le  organizzazioni della società civile che si occupano di diritti umani  (sindacati, organizzazioni politiche democratiche, enti istituzionali). E’ in stretta relazione anche con organizzazioni estere che si occupano di diritti umani.


I principali partner stranieri dell’AMDH sono: Unione Europea, Oxfam e associazioni internazionali che si impegnano nella tutela dei diritti umani e si occupano di cooperazione internazionale allo sviluppo.

I conflitti di lavoro in Albania: un'analisi dei casi 2002-2012

Pubblichiamo una sintesi del lavoro di Arianna Gaçi,  
Studio pratiche giudiziarie conflitti di lavoro – Analisi dei casi presentati al Tribunale della Regione giudiziaria di Tirana dal 2002 al 2012

Questo studio ha come oggetto i casi presentati al Tribunale di Tirana inerenti conflitti di lavoro, nel corso di 10 anni, dal 2002 al 2012.

L’analisi di queste pratiche è stata effettuata per capire quali sono le problematiche più comuni nelle relazioni di lavoro, appoggiare le organizzazioni sindacali, le istituzioni, migliorare la legislazione e sostenere i lavoratori nella tutela dei loro diritti.

Dall’analisi dei dati raccolti, si sono tratte alcune significative considerazioni.

 

Tendenzialmente, nel corso degli anni, il numero dei casi presentati al Tribunale di Tirana è aumentato. Da questo dato, possiamo dedurre che sono aumentate le violazioni dei diritti dei lavoratori, ma al tempo stesso è aumentata la consapevolezza dei lavoratori riguardo ai loro diritti e la fiducia nella giustizia.

Resta alto il numero dei casi non risolti; in ogni modo, i tanti casi affrontati dagli organi giudiziari dimostrano  il buon funzionamento della giustizia.

La maggior parte dei casi presentati al Tribunale riguardano casi di licenziamento e richieste di indennità. Non sono mai stati oggetto di conflitti giudiziari i seguenti temi: condizioni di lavoro, diritto al trasferimento, modifica del salario, sicurezza tecnica sui luoghi di lavoro e diritto alla formazione. Da ciò, si comprende la necessità di sostenere i lavoratori nella tutela dei loro diritti nel corso del rapporto di lavoro.

 

Mediamente, il Tribunale impiega più di 6 mesi per risolvere le pratiche riguardo i conflitti di lavoro. Le cause sono molteplici: da una parte, i lavoratori spesso presentano documentazioni incomplete per scarsa conoscenza legale e procedurale, per mancanza di consulenza legale, per comportamenti scorretti dei datori di lavoro che non forniscono i documenti necessari. Dall’altro lato, le procedure giudiziarie sono lente e non sono previste misure a carico dei datori di lavoro scorretti.

 

Il dossier giudiziario in merito ad un conflitto di lavoro è composto dai seguenti atti:

 

  • la richiesta di ricorso, l’atto con il quale il lavoratore presenta legalmente le sue pretese e le sue richieste, a partire dal diritto violato

  • le prove documentali

  • l’atto del pagamento della tassa giudiziaria

  • le prove (con testimone)

  • i verdetti intermedi

  • il verdetto finale

 

CONCLUSIONI

Da questo studio, è emersa la necessità di aumentare il supporto ai lavoratori, sia  migliorando la formazione, sia mediante un più valido appoggio sindacale. Sarebbe opportuno creare delle strutture di consulenza affinchè i lavoratori siano guidati nell’identificazione delle violazioni dei diritti  del lavoro. Andrebbe potenziata l’efficienza degli uffici di conciliazione. Nei tribunali dovrebbero essere istituiti uffici specializzati nelle questioni di lavoro; la legge che prevede la tassa giudiziaria da pagare per aprire la causa di lavoro sarebbe da modificare, in quanto le tariffe troppo alte costituiscono un ostacolo per quei lavoratori che intendono iniziare una causa.

Le violazioni dei diritti umani in Marocco – il rapporto di AMDH

Pubblichiamo il rapporto annuale dell’Associazione Marocchina dei Diritti umani sulle violazioni dei diritti umani.
 
Rapporto Annuale AMDH Violazione Diritti Umani in Marocco – 2011
 

Presentiamo oggi il nostro rapporto annuale sulla situazione delle violazioni dei diritti umani in Marocco, rapporto che l’AMDH pubblica regolarmente dal 1995, per evidenziare le violazioni degli impegni internazionali assunti dallo Stato Marocchino in materia di diritti umani e le sue omissioni in merito alla realizzazione effettiva degli impegni, a livello pratico e legislativo.
Il rapporto rileva le differenti categorie di diritti negli ambiti monitorati dall’AMDH nel 2011, senza la pretesa di essere esaustivo in merito a tutte le rilevazioni dei diritti umani.
Le violazioni rilevate in questo rapporto sono sufficienti per evidenziare l’orientamento generale della politica pubblica in questo ambito e dimostrare che, a dispetto degli impegni nazionali ed internazionali, lo Stato manchi di volontà politica effettiva riguardo alla realizzazione ed al rispetto dei diritti e delle libertà.

Diritti umani e sindacali in Marocco

ISCOS Marche e AMDH, l’associazione marocchina per i diritti umani, hanno realizzato, con il contributo della Regione Marche, un corso di formazione per attivisti.
Vi presentiamo il video, realizzato da Emanuele Satolli, con la collaborazione di ISCOS Lombardia.

 

Marocco : il padre di uno studente morto per un'aggressione della polizia chiede l'intervento del Re

Segnaliamo la notizia della morte di Mohamed Fizazi, studente universitario, in seguito alle percosse ricevute dalle forze dell’ordine a Fès.
Il padre, un imam, ha chiesto l’intervento del Re e si rifiuta di autorizzare la sepoltura fino a quando non verrà effetuata un’autopsia.

Per approfondire:

L’articolo di maghreb.msn.com:

La cité universitaire de Fès est en deuil. Mohamed Fizazi, un étudiant de 3eme année en philologie anglaise, est décédé samedi, au CHU de Fès, cinq jours après avoir été grièvement blessé pendant des affrontements ayant opposé des étudiants aux forces de l’ordre. Aujourd’hui, son père réclame une intervention royale pour que justice soit rendue à son fils.
Le père de Mohamed Fizazi, l’étudiant marocain de Fès, décédé samedi au Centre hospitalier universitaire de Fès, est encore sous le choc. Cet imam, qui officie depuis 40 ans dans une mosquée de la capitale spirituelle du Maroc, veut que la lumière soit faite sur le décès de son fils. Dans un entretien filmé et publié ce lundi 28 janvier par site d’actualité local Fesnews.net, il affirme que ce dernier est mort après avoir été violement tabassé par les forces de l’ordre et réclame, en pleurs, une intervention directe du roi Mohammed VI pour que « justice soit rendue » à son fils.
Aussi, le corps du défunt n’aurait toujours pas été enterré. A en croire Lakome.com, le père refuse de signer l’autorisation d’enterrement, avant qu’une autopsie ne soit pratiquée sur le corps de la vicitime, chose qui n’a pas été faite jusqu’à présent.
Retour sur les circonstances de sa mort
Mohamed Fizazi, 22 ans, aurait, en effet, succombé samedi, dans l’après-midi, à ses blessures contractées lundi dernier, au cours d’une « violente intervention des forces de l’ordre » qui avait pour objectif de mettre fin à un rassemblement d’étudiants de la cité universitaire Fès-Saïs. Des photos de la vicitime inconsciente, capturées au cours de son séjour à l’hôpital universitaire, ont été publiées par le portail Fès News.
Selon des sources locales de l’Association marocaine des droits humains (AMDH), citées par l’agence de presse EFE, le rassemblement en question avait pour but de dénoncer « la situation catastrophique de l’université, la pénurie des enseignants », ainsi que « le manque de bourses d’études et de lits dans les chambres de la cité universitaire ».
La situation serait actuellement « très tendue » à l’université et la police aurait encerclé le campus concerné, rapporte la même source. Entre temps, plusieurs associations sont mobilisées sur l’affaire. L’Union pour le changement du système éducatif prévoit notamment de lancer une campagne de soutien et solidarité avec le défunt. Une page facebook baptisée « Tous Mohamed Fizazi » vient d’être créée dans ce sens.
viaMaroc : Le père d’un étudiant décédé des suites d’une ...

il video

 la pagina facebook (attenzione: immagini di violenza)

https://www.facebook.com/TousMohamedFizazi

I diritti delle donne in Marocco – Rapporto 2012

Pubblichiamo il rapporto della FEDERAZIONE DELLA LEGA DEMOCRATICA DEI DIRITTI DELLE DONNE del  giugno 2012

Questo rapporto presenta una sintesi della situazione dei diritti umani delle donne in Marocco, sulla base delle norme internazionali e degli impegni del governo marocchino, in virtù delle Convenzioni e protocolli internazionali, ratificati in base alle leggi interne, e delle politiche adottate nell’ambito dell’uguaglianza tra i sessi.
Questo rapporto è anche il risultato di una serie di consultazioni interne effettuate tra le entità della Federazione della Lega Democratica dei Diritti delle Donne.

 
DONNE MAROCCO Rapporto giugno 2012
[gview file=”http://iscosmarche.org/files/2013/01/MAROCCO-Rapporto-giugno-2012.pdf”]

Il nuovo governo marocchino è un passo indietro per le donne

Pubblichiamo la traduzione del comunicato della Federazione Lega Democratica Diritti Donne del Marocco. Si tratta di una federazione molto attiva, con la quale Iscos Marche ha stretto accordi di collaborazione per la realizzazione di attività congiunte.
 
La Federazione della Lega Democratica dei Diritti delle Donne, avendo preso conoscenza della nuova formazione governativa e dopo aver ricordato le rivendicazioni per le cui realizzazioni il movimento femminile marocchino ha sempre lottato, e di cui una gran parte figura nella Costituzione adottata il 1° luglio dell’anno scorso, considera che l’attuale formazione governativa, costituita da 31 membri di cui una sola donna, rappresenta un arretramento grave in confronto ai vantaggi ottenuti dalle donne e al progresso storico e politico che la Costituzione ha apportato alla società marocchina nella strada verso l’uguaglianza tra donne e uomini nei diritti politici, civili, economici, sociali e culturali, esprimendo in modo chiaro l’impegno del Marocco in merito alla richiesta della realizzazione dei diritti umani delle donne, mentre le donne marocchine hanno lottato per questo avanzamento da tanti anni;
considera che una vera e propria minaccia incombe sui diritti delle donne, che possono essere realizzati grazie alla lotta perseverante del movimento femminile in tutte le regioni del paese, che esprime autenticamente e fedelmente l’aspirazione delle donne alla libertà e alla legalità come è universalmente riconosciuta
ribadisce i suoi obiettivi fondamentali annunciati nella comunicazione presentata ai partiti politici e il cui contenuto ha beneficiato dell’appoggio dell’insieme delle organizzazioni dei diritti femminili e dei diritti umani, fino alla loro realizzazione. In testa a questi obiettivi figurano particolarmente: adozione del principio di parità nei centri decisionali politici ed istituzionali; messa in atto dei meccanismi in grado di concretizzare i contenuti delle disposizioni dell’articolo 19 della Costituzione in qualità di legge nazionale suprema del popolo marocchino; realizzazione dell’uguaglianza piena e completa tra le donne e gli uomini, senza riserve e in tutte le richieste civili, politiche, economiche, sociali e culturali e l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne.
esprime la sua viva preoccupazione in merito alla diminuzione constatata ai posti di responsabilità politica occupati dalle donne: una sola donna compare in seno al governo attuale a paragone del 2007 quando 7 donne hanno occupato funzioni ministeriali. Allo stesso modo, mentre la Costituzione ha raccomandato la realizzazione della parità, la rappresentatività delle donne in Parlamento non ha superato in 17%
ritiene che la responsabilità spetti ai partiti politici che costituiscono il governo e specialmente al capo di governo che è tenuto politicamente ed istituzionalmente all’attuazione delle disposizioni costituzionali contenenti le misure destinate a realizzare la parità
considera che le negoziazioni e le consultazioni per la costituzione del governo non siano stati condotti sulla base di meccanismi chiari per tradurre il contenuto del testo costituzionale che ha previsto il ricorso ad una metodologia capace di facilitare l’accesso alle donne ai posti di decisione politica
si dispiace che certi partiti, considerati come facenti parte di una famiglia democratica e specialmente il Partito del Progresso e Socialismo, abbiano abbandonato i loro impegni passati in favore dell’attuazione delle misure che conducono alla parità e particolarmente la presa di responsabilità ministeriale, condizionando la partecipazione del governo all’ampliamento e la difesa dei successi acquisiti dalle donne
invita a prendere le misure per proteggere i successi acquisiti a livello costituzionale ed aprire un dialogo nazionale per opporsi al declino che potrebbe minacciare queste acquisizioni, perchè la democrazia non può avere una realizzazione autentica se non attraverso misure concrete a favore della parità e l’attuazione dei diritti delle donne nella loro totalità e senza riserve in tutte le richieste: sanità, insegnamento, impiego, lotta contro la violenza ed agli ostacoli nei confronti delle donne…
Casablanca, 4 gennaio 2012
L’Ufficio della Presidenza

Traffico di esseri umani in Sinai: dalle Ong all'Onu i nomi dei basisti in Sudan

(Radiovativana.va)
La vita umana di chi è povero e perseguitato non vale nulla. E’ su questo assurdo criterio che si basa il traffico di schiavi e organi umani che si svolge nel Sinai, con radici in Eritrea e importanti riferimenti in Sudan. Da ieri, un nuovo importante tassello si aggiunge nella lotta che diverse Ong conducono da anni a sostegno di migliaia di giovani rapiti e uccisi sotto gli occhi indifferenti del mondo. Ne parla Roberto Malini, presidente del “Gruppo EveryOne”, al microfono di Gabriella Ceraso:
R. – Noi abbiamo avuto, grazie a dei difensori dei diritti umani locali, una serie di nomi – undici nomi – di basisti, molti dei quali purtroppo di nazionalità eritrea, che sono nel campo profughi di Shegherab in Sudan, dove si ritrovano migliaia di eritrei. Questi basisti conoscono bene le tradizioni e le abitudini degli eritrei e lavorano proprio all’interno di locali nel campo: partecipano alle operazioni di convincimento, rivolte ai ragazzi eritrei e di altre nazionalità, che desiderano spostarsi con il sogno di raggiungere Israele. Oppure, addirittura, partecipano ad azioni di rapimento. Abbiamo fatto i loro nomi, li abbiamo trasmessi al governo del Sudan, alle Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa, alle grandi organizzazioni che hanno la possibilità di intervenire. Quanto meno speriamo che la popolazione del campo venga a conoscenza dei nomi di queste persone e che queste possano così sentire una certa pressione esercitata sul loro lavoro criminale.
D. – Non è la prima volta che avete o che fornite liste, eppure nessuno si muove. L’immobilismo politico è ancora il problema fondamentale?
R. – Sicuramente. Abbiamo ormai i nomi sostanzialmente di tutti i trafficanti del Sinai e abbiamo avuto qualche intervento, ma assolutamente insoddisfacente rispetto alle aspettative. Però, la grossa responsabilità di quello che accade è in Eritrea. Abbiamo sentito testimonianze di figure legate al traffico che sono poi nomi grossissimi delle forze armate eritree. Questo traffico, che parte dagli “intoccabili” eritrei, si muove poi con gli “intoccabili” del Sudan, dove c’è corruzione ovunque, e prosegue in Egitto. Ecco, il vero problema è la corruzione a tutti i livelli: è questo che ci spaventa molto. Ed è questa, poi, la grande battaglia umanitaria da combattere. Il miglioramento è che ora il mondo lo sa e che esiste una rete reale, che ha attivisti anche sul posto, e che è in grado veramente di risolvere alcuni casi e di fornire le nuove dinamiche di questo traffico. E questo è molto importante. Nonostante tutto ciò, i numeri sono ancora altissimi: i milioni di dollari che girano in questo enorme traffico sono veramente tanti, e quindi c’è tantissimo da fare e a livello numerico i risultati non sono assolutamente soddisfacenti. Diciamo che forse il traffico di esseri umani si è ridotto di un 10 per cento, e quindi la speranza è questa: che da questi primi risultati virtuosi si possa arrivare ad una presa di posizione più coraggiosa da parte delle istituzioni e quindi ad una vera azione globale contro il traffico. In quel caso, pensiamo che in questo momento – poiché sappiamo tutti come sono i trafficanti, come si svolge il traffico – perché non ci sono più misteri, sarebbe abbastanza fattibile l’idea di smantellarlo.