A volte le tematiche ambientali ci si presentano, giustamente, con un tale livello di complessità che ci sgomentiamo e ci sembra che tutta la preoccupazione che qualcuno esterna in merito sia francamente al di fuori della nostra portata. Ma spesso, anzi quasi sempre, sistemi complessi, in termini di comportamenti o di teorie, nascono da piccoli elementi molto semplici, che poi diventano significativi per via della loro ridondanza, cioè per il fatto che vengono replicati molte volte da molti soggetti simili.
Una quindicina di anni fa quello che in allora era il presidente dei risicoltori italiani, giovane discendente degli Asburgo la cui prevalente occupazione agricola non aveva modificato né i modi né l’accento ereditati dai suoi aristocratici avi, a proposito di agricoltori ed ecologia ebbe a dire, in una riunione: «Noi agricoltori non abbiamo necessariamente una coscienza ecologica, ma se comprendiamo che con il riso biologico possiamo fare più reddito, la coscienza ecologica, mi creda, ci viene». Non sono convinto della scarsa sensibilità ecologica degli agricoltori, specialmente delle giovani generazioni e dei piccoli produttori. Comunque, si può dire che se i mari sono più puliti è anche grazie al miglior prezzo che il riso biologico spunta sui mercati.
Uno dei padri del vino biodinamico, racconta che nella sua vita precedente lui trattava i vigneti come facevano tutti quanti. Poi ebbe un figlio e questo bambino iniziò a sentirsi male ogni volta che lui faceva i trattamenti in vigna. A nulla valeva tenerlo in casa con porte e finestre sprangate durante quei giorni, l’allergia lo colpiva duramente. Iniziò così la sua conversione al biologico e poi al biodinamico: suo figlio non riusciva a respirare, e lui è diventato un benefattore del pianeta.
In generale, chi come me si occupa di cultura della gastronomia, e dunque dell’ambiente, tende a pensare che i comportamenti perfettamente consapevoli abbiano più valore. Ma tanti anni in un’associazione come Slow Food, sparsa su tanti territori diversi, e dunque adattatasi a tante situazioni diverse, e raccontata in migliaia di modi diversi, mi hanno fatto molto riflettere. Alcuni dei nostri dirigenti sui territori, per esempio, hanno scelto di comunicare le questioni ambientali partendo dal tema della salute. Fa sorridere perché Slow Food iniziò il suo percorso prendendo le distanze dalle prescrizioni mediche nelle quali il cibo diventava un elenco di componenti chimiche e di calorie rispetto al quale il paziente completamente deresponsabilizzato doveva limitarsi a pesare e contare, invece di indagare e capire. Ma da allora son passati quasi trent’anni e sono cambiate tante cose, e la salute ha trovato il suo posto anche e soprattutto alle tavole dei nuovi gastronomi.
Consumare meno carne fa bene alla salute; se poi quella poca che si consuma si sceglie tra quella allevata nel rispetto del benessere animale e localmente così non viaggia (inquinando) per essere distribuita, è meglio. Inoltre se consumiamo meno carne, gli agricoltori faranno meno mais, così potranno fare la rotazione delle colture evitando i pesticidi di concia delle sementi, che tanto danno fanno alle api, e che non si sa quanto danno fanno agli altri esseri viventi. Mangiare meno carne fa bene alla salute di tutti. Ma se qualcuno intraprendesse questo virtuoso percorso pensando solo alla propria non cambierebbe molto, nei fatti, e dunque ben venga anche un po’ di egoismo, che certo non apre la mente, ma intanto migliora la situazione di aria acque e salute pubblica.
Il tonno rosso va evitato perché ce n’è rimasto poco. Ma c’è di più: è un animale longevo, che può stare nel suo habitat per qualche decina d’anni, assorbendo parecchie sostanze nocive. Per questo si raccomanda di preferire pesci a ciclo di vita breve, che entrano nella stagione riproduttiva nel giro di qualche mese dalla nascita e concludono la loro esistenza nel giro di un anno o due, che noi li peschiamo o no. Se mangiamo quelli (le acciughe, un esempio tra tutti) facciamo un favore al pianeta. Ma se fare favori al pianeta non è nella top ten delle nostre priorità va bene lo stesso. Pensiamo che le acciughe, o il salmerino, non hanno il tempo di assorbire schifezze dall’acqua in cui nuotano, e mangiamoceli in serenità.
Insomma, se tenere a mente in modo costante le questioni ambientali vi sembra al di fuori della vostra portata, rilassatevi, non è un problema. O meglio, come dicono a Napoli… pensate alla salute!
Carlo Petrini da Slow Food
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Cibo scarso, decrescita, filiere corte: tre libri per capirne di più
9 miliardi di posti a tavola. La nuova geopolitica della scarsità di cibo
Autore Brown Lester R.
Prezzo Sconto 15% € 15,30 (Prezzo di copertina € 18,00 Risparmio € 2,70)
Dati 2012, 158 p., brossura
Curatore Bologna G.
Traduttore Tamburrano D.
Editore Edizioni Ambiente
Disponibile anche in ebook a € 5,99
L’agricoltura globale si trova di fronte a sfide del tutto nuove. Le falde idriche calano, le rese cerealicole hanno raggiunto il loro limite, le temperature globali aumentano e l’erosione dei suoli continua ad aggravarsi. Nutrire la popolazione mondiale, che cresce ogni anno di 80 milioni di individui, diventa sempre più difficile.
E allora le nazioni che possono permetterselo corrono all’estero ad accaparrarsi terre coltivabili e annesse risorse idriche. Il land grabbing rappresenta un fenomeno nuovo all’interno della geopolitica della scarsità alimentare, in cui il cibo ha assunto la stessa importanza del petrolio e il terreno agricolo è prezioso come l’oro. Le ricadute in termini di prezzi mondiali del cibo sono sotto gli occhi di tutti.
Cosa accadrà con il prossimo aumento dei prezzi? Se la contrazione dei consumi alimentari, spinta dalla crisi, è una novità per molti di noi, per molti altri non sono più possibili ulteriori sacrifici. Il cibo è l’anello debole della nostra società e rischia quindi di diventare un importante fattore di instabilità politica. Per evitare il collasso del sistema alimentare è necessaria la mobilitazione della società nel suo complesso. Oggi la posta in gioco è la salvezza della civiltà stessa, e salvare la civiltà non è uno sport che prevede spettatori.
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Immaginare la società della decrescita. Percorsi sostenibili verso l’età del doposviluppo
Prezzo € 10,20
(Prezzo di copertina € 12,00 Risparmio € 1,80)
Dati 2012, 263 p., brossura
Editore Terra Nuova Edizioni (collana Stili di vita)
Decrescita è un termine ormai entrato nel vocabolario mass mediatico, che però spesso ne banalizza il significato e i presupposti. Questo volume intende contrastare eccessive semplificazioni, pur mantenendo un linguaggio semplice e accessibile, e prova a prefigurare le caratteristiche di un nuovo modello sociale in cui sia stato superato il paradigma della produzione e del consumo di massa.
Nel libro ogni autore propone un tema e un approccio, rendendo concreta la molteplicità di accezioni e implicazioni che una scelta improntata alla decrescita porta con sé. Bruna Bianchi si interroga sul ruolo delle donne, oggi e in una futura società post-sviluppista, illustrando il contributo reale che molte stanno già fornendo. Paolo Cacciari suggerisce di porre al centro del vivere il rispetto dei beni comuni, cioè la condivisione delle risorse e dei beni, oltre il paradigma lavorista e produttivista. Adriano Fragano si confronta con l’eticità delle nostre scelte quotidiane, da quelle relative all’educazione e all’impiego della tecnologia a quelle che riguardano il rapporto con le altre specie e con l’ambiente naturale. Infine, Paolo Scroccaro offre una rassegna dei concetti e delle tematiche che più possono aiutarci nella transizione al doposviluppo, che implicherà tra l’altro l’uscita dall’antropocentrismo che oggi caratterizza la nostra società.
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I farmers’ market: la mano visibile del mercato. Aspetti economici, sociali e ambientali delle filiere corte
Prezzo € 35,00 Spedizioni gratuite in Italia
Dati 2012, 368 p.
Curatore Marino D.; Cicatiello C.
Editore Franco Angeli (collana Uomo, ambiente, sviluppo)
Disponibile anche in ebook a € 30,00
Questo volume presenta i principali risultati di un progetto di ricerca sulla tematica delle cosiddette “filiere corte”. Il progetto, finanziato dal Mipaaf e realizzato dal CURSA, ha avuto come obiettivo l’analisi degli impatti delle nuove forme di commercializzazione e consumo sul sistema produttivo agricolo italiano.
Le filiere corte, denominazione sotto la quale vengono ricomprese diverse forme di organizzazione commerciale, stanno conoscendo negli ultimi anni una rapida e notevole espansione alla luce di cambiamenti che interessano il mondo della produzione e quello del consumo. Il progetto, i cui risultati sono raccolti in questo volume, si caratterizza invece per un approccio integrato nel quale la concettualizzazione teorica del fenomeno delle filiere corte costituisce il quadro di riferimento per la definizione della metodologia con cui svolgere un’ampia indagine empirica sulle esperienze di filiera corta, con particolare riferimento ai farmers’ market.
Questo volume si pone quindi l’obiettivo di contribuire ad una migliore conoscenza dell’organizzazione di una delle forme più interessanti ed innovative di filiera corta, verificando l’impatto di questa organizzazione, da un lato, sulle strutture aziendali, sugli assetti produttivi e sui comportamenti di consumo e, dall’altro, sul sistema territoriale in cui essi sono inseriti.
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L’Educazione verso Rio+20: l’esempio dell’alimentazione sostenibile
Il cibo permea la vita dell’uomo, che con la sua attività influenza la biodiversità e i sistemi naturali, ed è collegato ad aspetti di etica, evidenti nel contrasto tra i consumi del Nord e i prodotti del Sud, e a modelli comportamentali legati a tradizioni e a culture in evoluzione.
Il problema della ricerca di un’ “alimentazione sostenibile” dal punto di vista ambientale è un problema complesso che si confronta da un lato con il bisogno di garantire tutti i nutrienti necessari all’organismo umano, e dall’altro alla necessità che gli alimenti in essa inclusi abbiamo un basso impatto ambientale o, più precisamente, un impatto sull’ambiente che sia sostenibile a lungo termine.
La consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni in rapporto all’ambiente significa sapere che ogni alimento ha una “storia”, fatta di interazioni con i sistemi naturali e con i diversi comparti ambientali, fatta di energia e di materie prime consumate per produrre, elaborare, imballare, trasportare e distribuire quell’alimento, e ancora per consumarlo, dando origine a materie secondarie e rifiuti.
Conoscere le dinamiche economiche che regolano le filiere alimentari significa anche sviluppare la capacità di indagare sul valore delle merci, imparando ad analizzare con spirito critico le realtà coinvolte nei processi alimentari: riduzione delle risorse, inquinamenti, problemi sociali, sfruttamento della forza-lavoro, impoverimento delle comunità locali.
Allo stesso modo, la consapevolezza di una cultura del cibo stimola a riflettere sul suo significato, e aiuta a colmare la distanza tra le domande generate da un tema così complesso come la relazione tra ambiente, alimentazione e consumi e le nostre azioni quotidiane.
E’ indispensabile approfondire le implicazioni dell’alimentazione sul nostro Pianeta, in particolare sul consumo di energia dei cibi che mangiamo anche a partire dal contesto relativo della Conferenza di Rio+20 sullo Sviluppo sostenibile, che, a vent’anni dal grande summit della Terra di Rio de Janeiro nel 1992, si terrà in Brasile dal 20 al 22 giugno di quest’anno. La Conferenza presenterà un’opportunità straordinaria per arrivare a una nuova visione, condivisa a livello internazionale, che accolga l’equità sociale e la sostenibilità economica e ambientale nel nostro modello di sviluppo: così il WWF sollecita i leader del pianeta, ma anche chi si interessa e lavora per l’Educazione e tutti i cittadini. La Conferenza di Rio+20 dovrà portare il mondo verso un futuro sostenibile, basato sulla green economy, su nuovi indicatori di benessere e progresso, sulla riduzione della nostra impronta sui sistemi naturali. Proprio a partire da tale contesto si inserisce l’alimentazione nei suoi molteplici aspetti, dall’energia agli sprechi.
Per scaricare il Programma nel dettaglio clicca qui >>
Il futuro del cibo: perchè i prezzi aumentano?
Segnaliamo tramite il Post un interessante articolo dell’Economist:
La FAO ha reso noto che il Food Price Index, l’indice che misura i prezzi del cibo, ha raggiunto questo mese un nuovo record. L’indice misura le variazioni di prezzo che subisce ogni mese un paniere di cibo composto di cereali, semi oleosi, latte, carne e zucchero. I prezzi del cibo in termini assoluti sono in questo momento i più alti dal 1984, e potrebbero salire ancora se la siccità dovesse colpire la Cina e seccare i raccolti, cosa che appare molto probabile. Il costo del cibo è un aspetto fondamentale per la stabilità di molti governi e il suo aumento è stato responsabile di numerose insurrezioni e cadute di governi nel corso dei secoli. Nel 2008 un forte aumento dei prezzi aveva causato proteste in molti paesi; ultimamente ha certamente giocato un ruolo importante nelle rivolte in Nordafrica e Medio Oriente. I paesi del G20 hanno messo la sicurezza alimentare tra le priorità da risolvere nel 2011.
L’Economist spiega che le principali cause dell’attuale aumento dei prezzi non sono strutturali ma momentanee e concomitanti: la siccità in Russia e in Argentina, le alluvioni in Canada e in Pakistan, l’atteggiamento autarchico di alcuni stati, che vietano le importazioni di prodotti esteri. Il costo del cibo è influenzato anche da fattori esterni all’agricoltura: su tutti l’aumento del costo del petrolio, necessario per produrre i fertilizzanti azotati che vengono impiegati nelle coltivazioni. Le speculazioni finanziarie, invece, non sembrano essere un fattore decisivo: possono rendere i prezzi più instabili, ma non a lungo termine. Anche i grandi cambiamenti strutturali dell’economia mondiale, come la crescita dell’India e della Cina, influenzano le fluttuazioni dei prezzi meno di quanto si pensi. È vero che i due paesi hanno bisogno di maggiori quantità e qualità di cibo, ma i loro agricoltori hanno già soddisfatto queste esigenze (le cose cambierebbero se la Cina dovesse iniziare a importare il grano, ovviamente).
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