“Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana. Don Milani e il mondo del lavoro”

Il sindacato, con l’insegnamento e l’impegno politico, era una delle strade che don Milani indicava per praticare l’amore e dare finalità alla vita. Molti allievi del priore di Barbiana hanno seguito questo invito, generazioni di sindacalisti hanno tratto e traggono ispirazione dalle parole e dai gesti del sacerdote fiorentino. Eppure il rapporto, intensissimo, tra don Milani, la sua scuola e il mondo del lavoro non è tra i più conosciuti.

E’ disponibile da alcuni giorni la seconda edizione del libro, a più voci, dal titolo “Quel filo teso tra Fiesole e Barbiana” a cura di Francesco Lauria con la prefazione di Annamaria Furlan e la postfazione di Marco Damilano. Il testo, pensato in ricordo di Michele Gesualdi, racconta di un filo intrecciato tra la collina del Monte Giovi e la scuola di formazione per sindacalisti Cisl che sorge non distante, tra Firenze e Fiesole. La nuova edizione, arricchita con ulteriori saggi e documenti, approfondisce in particolare lo scritto di don Milani L’obbedienza non è più una virtù e l’influenza del priore di Barbiana sui temi della nonviolenza e dell’obiezione di coscienza, sempre in rapporto con il mondo del lavoro.

Sul sito di Edizioni Lavoro è possibile acquistare la propria copia a un prezzo scontato.

Il volume include scritti di: Annamaria Furlan, Francesco Lauria, Giuseppe Gallo, Sandra Gesualdi, Bruno Manghi, Francesco Scrima, Luigi Lama, Piero Meucci, Flavia Milani Comparetti, Agostino Burberi, Francuccio Gesualdi, Paolo Landi, Maresco Ballini, Michele Gesualdi, Lauro Seriacopi, Franco Bentivogli, Emidio Pichelan, Maurizio Locatelli, Marco Damilano, Elio Pagani, don Lorenzo Milani.

Gabriele Del Grande arriva ad Ancona per presentare il suo ultimo lavoro, Dawla

Del Grande, Dawla, Ancona

ISCOS Marche e ANOLF Marche organizzano Lunedì 21 maggio, alle 17:00, al Museo Omero di Ancona un incontro con l’autore Gabriele Del Grande in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, Dawla.

Un’inchiesta nata da un progetto di crowdfunding che ha avuto l’appoggio anche di ISCOS e ANOLF, durata 18 mesi e segnata dall’arresto di Gabriele Del Grande in Turchia.

Il titolo significa “Stato” in arabo, ed è uno dei modi in cui gli affiliati dell’ISIS chiamano la propria organizzazione. Il libro ripercorre il conflitto siriano, dal 2005 ad oggi, attraverso le storie di tre uomini che si arruolano nello stato islamico, presentando quindi il punto di vista dei carnefici:

“Non per giustificare, non per umanizzare. Ma unicamente per raccontare e, attraverso una storia, cercare una risposta, ammesso che ve ne sia una, a quell’antica domanda sulla banalità del male che da sempre riecheggia nelle nostre teste dopo ogni guerra”,

per dirlo con le parole dell’autore.

Dialogherà con l’autore Fabio Turato, docente di Relazioni internazionali presso l’Università di Urbino, esperto di geopolitica, media e populismo.

Appuntamento lunedì 21 maggio presso il Museo Omero (all’interno della Mole Vanvitelliana) alle ore 17.

In collaborazione con la libreria Fogola di Ancona sarà possibile prenotare la propria copia del libro ad un prezzo speciale di 16,50 € (anziché 19€) accedendo a questo link: https://goo.gl/forms/1XyTy1byPk4WAL513

 

Scheda del libro: www.librimondadori.it/libri/dawla-gabriele-del-grande/

Qui l’indirizzo del Museo Omero: http://www.museoomero.it/main?p=informazioni_come_arrivare&idLang=3

Il volantino dell’evento (clicca per scaricare):

Per informazioni:
Iscos Marche, via dell’Industria 17/a, Ancona – tel 071 505228 – info@iscosmarche.it

La cooperazione internazionale fa notizia? E-book gratuito

Com’è cambiata negli ultimi anni l’immagine mediatica della cooperazione internazionale? Che ruolo giocano l’informazione e la comunicazione nel sensibilizzare i cittadini alle tematiche dello sviluppo? Da oggi è disponibile gratuitamente l’ebook “La cooperazione fa notizia?” uno studio realizzato in Piemonte su un campione di 79 testate locali, 32 ong e 19 enti locali per capire quale visione della cooperazione allo sviluppo è veicolata presso il grande pubblico. Con dieci di casi di studio e un confronto con analoghe ricerche in Spagna e Francia.  Scarica l’ebook.

L’informazione e la comunicazione sono aspetti fondamentali nell’azione della cooperazione internazionale. Coinvolgere il pubblico non solo per raccogliere fondi ma per sensibilizzare e mobilitare su una causa può determinare la riuscita o il fallimento di un programma di sviluppo.  Questa consapevolezza tuttavia è relativamente recente per gli operatori del settore e spesso si scontra con lo scarso interesse dei media. Perchè?

Proprio queste indaga la ricerca, realizzata dall’Università di Torino nel quadro del progetto europeo Dev Reporter Network , concentrandosi non solo sulla quantità ma anche sulla qualità dell’informazione prodotta su queste tematiche in un lasso di tempo di tre mesi. Sono state monitorate 79 testate piemontesi, e realizzati questionari e interviste a 32 ong e 19 enti locali.

Su 237 articoli rilevati su questi temi, il 73,4% è di piccolissime dimensioni e non firmato, è originato da eventi locali e si colloca nella cronaca. La parola chiave più frequente è “umanitario” e solo nella metà degli articoli si trova un riferimento geografico preciso. Nel78% dei casi la fonte è un’Ong mentre i testimoni locali nei paesi del Sud sono praticamente assenti.

Sostiene Umberto Salvi, presidente del Consorzio Ong Piemontesi, promotore della ricerca: “Una prima considerazione: le tematiche dello sviluppo umano, pur con intensità diversa nel tempo, non hanno mai realmente perso la capacità di suscitare interesse presso i media e i cittadini; non hanno purtroppo nemmeno mai smesso di prestarsi a distorsioni, ambiguità, strumentalizzazioni”

“Un dato evidente e da più parti sottolineato nella ricerca – continua Salvi-  è la difficoltà di relazione fra il mondo delle Ong e più in generale degli enti che si occupano di cooperazione internazionale e i giornalisti. Ne sono alla base molti fattori, dalla scarsità di figure professionali di comunicazione nelle Ong  (appena il 44% ha un ufficio stampa interno e di questo solo il 37% è remunerato) alla insufficiente formazione  dei giornalisti su questi temi (la quasi totalità delle redazioni interpellate sostiene di non avere uno specialista nel settore), limiti sui quali tuttavia è possibile intervenire.”

Con 146 pagine, oltre 30 infografiche, dieci casi studio e un confronto dei risultati di ricerche analoghe condotte in Catalogna (Spagna) e Rhône-Alpes (Francia), l’ebook offre un approfondimento unico del tema e propone una serie di raccomandazioni finali utili per giornalisti e per chi lavora nel settore della cooperazione internazionale

L’ebook è scaricabile gratuitamente dalla pagina Facebook del Consorzio Ong Piemontesi. Per caricarlo clicca qui

SoVatican

Riceviamo e segnaliamo:

SOVATICAN  di Alessandro Galassi

…..”Se c’è una Rivoluzione in atto,capace di sradicare anni di consumismo, di capitalismo becero da shopping di anime a buon mercato, perpetrato ai danni dello Spirito Umano, è sicuramente: la  RIVOLUZIONE di FRANCESCO I

Il solo, capace di portare un cambiamento forte e inesorabile a decenni e decenni di immobilismo culturale e antropologico sotto cui l’Uomo del nostro millennio era destinato a perire.

D’Altronde Francesco dice solo la Verità, segue solo una Via, la sola che porta alla Vita,dell’Unico vero Rivoluzionario mai esistito sulla faccia della Terra: GESU’CRISTO…(di Tutto il resto, del prima e del dopo non rimane che morte). La Chiesa ancora come Allora con una volata di Vento, è stata capace con Papa Francesco, di sovvertire un processo senza colpo ferire. Raccontare questo momento non è solo un dovere, diventa necessario non ordinario, ma straordinario, storico e al contempo commovente perchè è la storia che si ripete, la salvezza dell’Uomo per l’Uomo.

Filmaker attento e socialmente impegnato, vissuto volutamente fuori, ai bordi del grande bluff del Sistema mediatico, di fare cinema di fare comunicazione relazioni, ALESSANDRO GALASSI,coglie nel documentario SOVATICAN di cui sotto si propone un trailer, questa occasione etica, ancor prima che di cronaca, ma soprattutto unica che sta avvenendo sotto i nostri i occhi e che lascia Tutti di sorpresa come solo una vera Rivoluzione riesce a fare.

(AntonellaVentura)

SOVATICAN 

Domenica 27 Aprile partirà  SOVATICAN.  Un web documentary che racconta da un altro punto di vista Piazza San Pietro: pellegrini e turisti nella piazza.
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"Immigrazione – Percorsi di regolarità in Italia" e "La collettività marocchina in Italia"

Pubblichiamo le schede di sintesi del volume “La collettività marocchina in Italia. Un ponte sul Mediterraneo” e della guida “Immigrazione – Percorsi di regolarità in Italia” , presentati il 29 gennaio 2014 al convegno presso la Sala della Stampa Estera a Roma.
I due volumi saranno presto pubblicati sul sito www.dossierimmigrazione.it.
I prodotti del progetto IPRIT (Immigrazione – Percorsi di regolarità in Italia) sono disponibili su WordPress e sul Canale youtubePer ottenere maggiori informazioni potete anche cliccare “like/mi piace” sul link Pagina facebook.
[gview file=”http://iscosmarche.org/files/2014/02/Sintesi-progetto-Paesi-Terzi-IPRIT-IT-2014.pdf”]
[gview file=”http://iscosmarche.org/files/2014/02/Scheda-libro-Marocco.pdf”]
 
Per info:
Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico
Via Arrigo Davila 16, 00179 Roma
Tel. 06.66514345, interno 1 o 2
idos@dossierimmigrazione.it

Moltitudine Inarrestabile – Paul Hawken

Segnaliamo un libro, e un’idea, molto interessante: considerare tutti i movimenti per la pace, ecologisti, per i diritti umani e civili come un enorme movimento senza nome, una Moltitudine Inarrestabile.

Carissimi,
questa settimana siamo molto contenti di presentarvi un libro di Paul Hawken dal titolo “Moltitudine Inarrestabile (Benedetta Irrequietezza). Come è nato il più grande movimento al mondo e perché nessuno se ne è accorto”, edizioni Ambiente, in vendita su Commercioetico.it.
Hawken, ambientalista, imprenditore, giornalista è anche autore di un libro straordinario che abbiamo tenuto in catalogo per anni: Capitalismo Naturale.
Sentiamo che dice del libro Dario Tamburrano dal sito Terranauta.it
“Hawken esordisce delineando un ampio panorama delle organizzazioni e delle comunità che attualmente operano nel pianeta per la difesa dei diritti umani e civili e per la sostenibilità ambientale. Emerge da questa sorta di censimento che questo numero è impressionante in ogni luogo e senza differenza di razza e cultura. Queste associazioni di individui costituiscono nel loro complesso un movimento spontaneo ed autorganizzato, senza un centro ed un’ideologia portante che sfugge alla categorizzazione classica al punto tale che i media non sono in grado di recepirne la portata ubiquitaria e di coglierne l’aspetto innovativo.
Secondo Hawken, in questo che egli definisce il “movimento senza nome”, stanno confluendo in un’unica visione sia gli insegnamenti e i valori delle culture indigene di ogni continente, sia le tematiche proprie dei movimenti ambientalisti, per la giustizia sociale ed i diritti umani. Per la prima volta nella storia dell’uomo si assiste ad una moltitudine di individui che a volte inconsapevolmente, pur nella loro diversità, operano nella stessa direzione.
Similmente ad un sistema immunitario che è formato da più parti che collaborano tra di loro per reagire agli attacchi infettivi, questo movimento è, per Hawken, paragonabile ad una risposta immune della specie umana nel suo complesso, come reazione di autodifesa alle politiche economiche di sfruttamento dei popoli e di distruzione degli ecosistemi che minano la sopravvivenza dell’umanità stessa.”
E ora lasciamo parlare Paul Hawken…
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viaPaul Hawken, Moltitudine Inarrestabile | Jacopo Fo: buone notizie – vignette..

La fine dell'età dell'abbondanza

Gli Skidelsky vogliono indagare “sulle ragioni del fallimento della profezia di Keynes”, che, come noto, calcolava, nel saggio Prospettive economiche per i nostri nipoti, pubblicato nel 1930, che nel giro di cento anni, lo sviluppo tecnologico avrebbe consentito di raggiungere un livello di “abbondanza” tale da soddisfare le necessità di base (vitto, alloggio, vestiario, salute, istruzione…) impegnando ogni abitante della Terra a lavorare non più di tre ore al giorno.

Se pensiamo che spostando solo una quota parte delle spese militari (ad esempio) sarebbe possibile risolvere domani mattina il problema della fame e della sete del mondo, è evidente che l’errore di Keynes non sta nell’aver sopravalutato l’enorme aumento delle capacità produttive che si è davvero verificato dal secondo dopoguerra. Nemmeno la cattiva distribuzione dei frutti della produzione e della ricchezza è la ragione primaria della mancata realizzazione dell’utopia keynesiana (si pensi ai tragici fallimenti dei tentativi di pianificazione centralizzate).
Il difetto deve essere ricercato ancora più in profondità, nel non aver capito che il sistema economico e sociale capitalista ha eretto a proprio fondamento la “disposizione psicologica all’insaziabilità” propria del “tipo umano medio”.
Secondo i nostri autori: “Il capitalismo è un’arma a doppio taglio: da un lato ha reso possibili grandi miglioramenti delle condizioni materiali dell’esistenza, dall’altro ha esaltato alcune delle caratteristiche umane più deplorevoli, come l’avidità, l’invidia e l’avarizia” [p.10]. In altri termini: “un’economia competitiva monetizzata esercita su di noi continue pressioni a voler sempre di più” [p.23]. E ancora: “il capitalismo si fonda sulla inesauribile crescita dei bisogni” [p.94]. Nella nostra società non è possibile separare “bisogni assoluti” predeterminabili e “bisogni relativi” inesauribili. “I bisogni non conoscono limiti naturali, possono espandersi all’infinito almeno che non li conteniamo in maniera consapevole (…) La consapevolezza di avere quanto basta” [p.95].
Se le cose stanno così, allora è evidente che il raggiungimento dell’“età dell’abbondanza” pronosticata da Keynes verrà continuamente posticipata, travolta nel vortice della spirale produzione-consumo.
Come uscirne? Tornando a chiederci “cosa vogliamo dalla vita”. Quali sono i requisiti oggettivi di una buona e comoda vita. Scopriremmo allora che non di merci da comprare al supermercato si tratta, ma di “beni primari fondamentali” non commercializzabili, non quantificabili in termini monetari. Gli Skidelski ne propongono sette: la salute, la sicurezza, il rispetto, l’amicizia (rapporti di fiducia e relazioni affettive), la personalità (la capacità di realizzare progetti di vita autonomi), l’armonia con la natura, il tempo libero (l’attività volontaria autogestita e condivisa).Come si vede si tratta di beni del corpo, della mente e delle relazioni, costitutivi dell’umano, che “non escludono l’altro, ma lo includono” (Luigi Lombardi Vallauri in La Società dei beni comuni, Ediesse, 2010).
In definitiva, se vogliamo davvero realizzare il mondo della sufficienza immaginato da Keynes, dovremmo abbandonare il progetto di felicità che gli economisti hanno imposto e che si basa sulla creazione continua di “un surplus di piacere”, riscoprendo invece l’idea antica di “eudaimonia”, una condizione esistenziale che introietta la nozione di sazietà, il senso del limite, la necessità della condivisione e quindi della giustizia sociale.
viaLa fine dell’età dell’abbondanza / globi / Sezioni / Home – Sbilanciamoci.

Destinazione Uganda. Viaggio alle origini, tra cooperazione e rispetto di una identità – Scopetti Andrea

Destinazione Uganda. Viaggio alle origini, tra cooperazione e rispetto di una identità
Autore Scopetti Andrea
Prezzo
Sconto 15% € 12,75
(Prezzo di copertina € 15,00 Risparmio € 2,25)
Dati 2013, 160 p., ill.
Editore Armando Editore (collana Itinera)
Normalmente disponibile per la spedizione entro 2 giorni lavorativi
Uno stage di volontariato in un villaggio del nord dell’Uganda è stato l’occasione, per l’autore, per entrare in contatto con il mondo della Cooperazione Internazionale. L’esperienza si è trasformata poi nel racconto di un'”avventura” che l’autore ha vissuto come sfida: con se stesso e con la realtà con cui è venuto a contatto, alla ricerca di un arricchimento personale e all’inseguimento di una utopia e di una rivoluzione culturale, sociale e politica. Una vicenda piena, ricca di emozioni, che ha generato dubbi ma anche conferme, speranze ma soprattutto delusioni.
viaDestinazione Uganda. Viaggio alle origini, tra cooperazione e rispetto di una identità – Scopetti Andrea – Libro – IBS – Armando Editore – Itinera.

Ad un passo dal cuore. L'emozionante diario di un medico che lotta ogni giorno per ridare speranza a Chaaria, un piccolo villaggio in Kenya – Gaido Beppe; Bonanate Mariapia; Carraretto Miriam – Libro – IBS – San Paolo Edizioni – Il pozzo – 2ª serie

Ad un passo dal cuore. L’emozionante diario di un medico che lotta ogni giorno per ridare speranza a Chaaria, un piccolo villaggio in Kenya
Autore Gaido Beppe; Bonanate Mariapia; Carraretto Miriam
Prezzo
Sconto 15% € 12,66
(Prezzo di copertina € 14,90 Risparmio € 2,24)
Dati 2013, 168 p., brossura
Editore San Paolo Edizioni (collana Il pozzo – 2ª serie)
 
Beppe Gaido, medico, appartenente alla congregazione del Cottolengo, è arrivato a Chaaria (Kenya) nel 1998, in un territorio assai lontano dal Kenya turistico, segnato dalla povertà e da un’economia di pura sussistenza. Vi ha trovato un dispensario, che ha trasformato in un ospedale, aggiungendovi ogni anno un reparto. Il libro – curato da Mariapia Bonanate, giornalista de “Il Nostro Tempo”, e da Miriam Carraretto – è il diario di questa impresa non comune. Cuore del volume è l’incontro con l’umanità dolente: davanti al lettore si alternano personaggi indimenticabili, capaci di far emergere la vera realtà dell’Africa e delle africane, al di là degli stereotipi e dei pregiudizi occidentali. “Credo che l’unica risposta al male del mondo sia il silenzio, accompagnato dal nostro impegno serio e costante nel servizio di chi soffre”. L’impegno di Beppe Gaido per l’Africa.
viaAd un passo dal cuore. L’emozionante diario di un medico che lotta ogni giorno per ridare speranza a Chaaria, un piccolo villaggio in Kenya – Gaido Beppe; Bonanate Mariapia; Carraretto Miriam – Libro – IBS – San Paolo Edizioni – Il pozzo – 2ª serie.

Ricchi e poveri, vecchie e nuove idee

Non è vero che l’interesse individuale muove il mondo, non è vero che non c’è altro mondo possibile. La road map di Kaushik Basu “oltre la mano invisibile, per una società giusta”
Di questi tempi, con l’Europa a testa in giù, c’è davvero bisogno di scrivere 369 pagine fitte fitte per dimostrare che il modello economico dominante è fallito? Kaushik Basu pensa di sì, e riempie pagine, librerie e conferenze come astro ormai affermato di quella galassia che è stata definita, con un po’ di ironia, degli economisti-guru. Gli economisti popolari, quelli come Krugman, Stiglitz, Sen, quelli che raccontano un’altra verità e finalmente possono gridarla ai quattro venti, ingaggiando anche epiche lotte accademiche contro la scuola di pensiero che tuttora domina università, centri di ricerca e cenacoli governativi. Nel raccontarla, spesso sono brillanti e anche spiritosi, non disdegnano il linguaggio semplice, strizzano l’occhio al coltissimo ma si fanno capire bene anche da chi si è tenuto sempre lontano dalle aule degli algoritmi dell’economia formalizzata. Così è Basu, economista indiano ben inserito nel mondo dell’ortodossia – docente alla Cornell University, senior vicepresident ed economista-capo della Banca mondiale -, autore di un libro eterodosso: Oltre la mano invisibile – ripensare l’economia per una società giusta. Un libro che dichiara nel titolo l’intento di “dimostrare che la scienza che ci ha donato Adam Smith si è fossilizzata in un’ideologia”. Per farlo, compie una dettagliata esplorazione e confutazione della teoria dominante, smantellando dall’interno l’individualismo metodologico che di tale teoria è base e cornice. Nella narrazione, intreccia continuamente logica, teoria economica, storielle popolari e letteratura (quanti sono gli economisti che citano Kafka?). Per arrivare infine a tre proposte concrete e un po’ eversive per affrontare quello che lui considera il problema economico n. 1: la povertà.
Tra la povertà e certe idee sbagliate dell’economia c’è un nesso per Basu evidente. “La povertà che esiste oggi nel mondo ha dimensioni inaccettabili. Se il mondo non esplode contro questa ingiustizia è per via degli smisurati sforzi intellettuali profusi per farla apparire accettabile”. E gran parte di tali smisurati sforzi intellettuali ruota attorno all’originario teorema della mano invisibile: quello per cui la somma dei comportamenti singoli spinti dall’interesse egoistico dell’individuo porterà al benessere maggiore per la società nel suo insieme. Ne sono derivati, con costruzioni teoriche via via più sofisticate, varie conseguenze normative tutte tra loro coerenti: che l’iniziativa individuale va limitata e condizionata il meno possibile; che è il mercato a permettere la sistemazione più efficiente delle risorse; che bisognerebbe evitare di intromettersi nei mercati; e che questo è il migliore dei mondi possibili, non essendoci la prova di altri funzionamenti altrettanto perfetti. Se dunque, per avere un’economia efficiente, dobbiamo sopportare un certo grado di diseguaglianza e povertà, rassegniamoci: altre strade sarebbero peggiori, alcune hanno già dimostrato di esserlo.
Senonché, esiste anche un’altra narrazione della mano invisibile. È quella del Processo di Kafka, quella che guida, da posizione occulta, le avventure di Joseph K. “Kafka concorda con Smith riguardo alle forze che possono essere scatenate dalle azioni individuali atomistiche, senza nessuna autorità centrale, ma – scrive Basu – allarga la nostra visione mostrandoci che possono essere non solo forze di efficienza, di organizzazione e di benevolenza, ma anche forze di oppressione e malevolenza”. E se la benevola mano invisibile di Smith può trasformarsi, passando dai modelli economici alla realtà, nella oppressiva mano invisibile di Kafka è perché quella teoria è difettosa, per tanti motivi che l’economista indiano va ad elencare, si può dire, “dall’interno”: confutando gli assiomi non dichiarati, rileggendo i teoremi e i nessi della teoria dei giochi, applicando all’estremo le stesse teorie e gli stessi modellini che contesta. Non è un libro facile, in questi passaggi. Ma il lettore viene condotto a scoprire, per varie strade, che “gli smisurati sforzi intellettuali” dell’economia hanno sistematicamente e dolosamente saltato un passaggio, un dettaglio, un dato della nostra realtà: siamo individui sociali, viviamo con altri, dentro una storia, e la rete delle nostre relazioni e costruzioni sociali determina il nostro comportamento tanto quanto la spinta ad avere la massima soddisfazione individuale possibile. “Ci sono prove a sufficienza, oltre che ragioni a priori, per credere che gli esseri umani siano capaci di non sfruttare ogni opportunità per il proprio guadagno personale”. E dunque ci sono “indizi a sufficienza per sostenere che una società migliore ed enormemente più equa è realizzabile”.
viaRicchi e poveri, vecchie e nuove idee / alter / Sezioni / Home – Sbilanciamoci.