A Brussels, il secondo Majalat Civil Society Forum

Il 2 e 3 dicembre 2019 si riuniranno a Brussels più di 160 rappresentanti di circa 130 organizzazioni della società civile, la maggior parte provenienti dal sud del Mediterraneo, per dar vita al secondo Majalat Forum.

L’evento concluderà il ciclo annuale di discussioni volte a creare spazi per un dialogo costruttivo tra organizzazioni della società civile, sindacati, movimenti sociali e accademici delle due sponde del Mediterraneo e dell’Unione europea, al fine di influenzare la visione e le politiche della regione. Cinque i temi prioritari: migrazione, sviluppo economico, buon governo e stato di diritto, sicurezza e lotta alla violenza, giustizia sociale e cambiamenti climatici.

Tutte le istituzioni europea riconoscono il ruolo chiave delle organizzazioni della società civile per l’individuazione delle priorità d’azione e la promozione e monitoraggio dell’attuazione della politica europea di vicinato. Le relazioni tra l’UE e gli stati del vicinato meridionale devono tuttavia affrontare ancora sfide importanti nella maggior parte dei paesi.

In tale contesto, nel 2014 l’UE ha avviato un dialogo strutturato con la società civile di questi paesi al fine di rafforzare la cooperazione nel processo decisionale politico attraverso consultazioni. Inizialmente l’incontro, noto comeSouthern Neighbourhood Civil Society Forum, era organizzato dell’Unione europea. L’edizione del 2018 ha però segnato un cambiamento di prospettiva e il Forum è stato organizzato dalla stessa società civile attraverso l’iniziativa Majalat (2018-2020).

Le attività di Majalat sono concepite come un processo bottom-up partecipativo e inclusivo che, attraverso un ciclo annuale di attività, integra le analisi politiche e le raccomandazioni delle organizzazioni civili nei dialoghi politici con le istituzioni europee che si svolgono ogni anno nel Forum regionale della società civile a Bruxelles.

I partecipanti potranno discutere i risultati dei workshop tematici svoltisi nel corso dell’anno, concentrandosi sull’attuazione delle raccomandazioni formulate durante le attività del 2019 e ragionare sulla loro fattibilità nel quadro di politiche e meccanismi europei. Al centro dell’iniziativa c’è la volontà di garantire uno spazio sicuro affinché i partecipanti possano esprimersi liberamente e discutere apertamente le attuali sfide e opportunità nel sud del Mediterraneo.

Immigrazione: serve un approccio europeo coraggioso e inclusivo

Nella Plenaria del 10/11 settembre é stato dibattuto il Parere sulle politiche europee sulle Migrazioni (Relatore generale: Giuseppe Iuliano), richiesto al CESE dalla Presidenza italiana del semestre del Consiglio europeo.
Di seguito il Comunicato Stampa del Comitato Economico e Sociale Europeo.
IMMIGRAZIONE: SERVE UN APPROCCIO EUROPEO CORAGGIOSO E INCLUSIVO
Di fronte alle centinaia di migliaia di rifugiati che ogni anno attraversano il Mediterraneo, Stati membri come l’Italia, Malta e la Grecia stanno raggiungendo i limiti della loro capacità. Il compito di garantire la sicurezza dei confini e accogliere i richiedenti asilo non può essere lasciato a pochi Stati membri, ma~deve essere affrontato a livello europeo. Bisogna inoltre aggiornare la politica dell’immigrazione, non da ultimo per garantire un’adeguata disponibilità di manodopera di fronte a un mercato del lavoro che invecchia. Su richiesta della presidenza italiana, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha elaborato un parere sulle politiche europee dell’immigrazione che è stato adottato con largo consenso (161 voti favorevoli, 6 voti contrari e 6 astensioni) alla sessione plenaria del CESE il 10 settembre scorso.
Politica di asilo: ancora troppo spazio per le “filosofie” nazionali
Il CESE giudica favorevolmente il sistema europeo comune di asilo (CEAS), ma esorta la Commissione ad essere più ambiziosa nel promuovere l’armonizzazione delle politiche nazionali, in modo da eliminare finalmente l’ampio margine di discrezionalità lasciato attualmente agli Stati membri. “È giunto il momento di lasciarsi alle spalle le soluzioni esitanti”, ha affermato Giuseppe Iuliano, membro italiano del CESE alla sessione plenaria, “il CESE invita ad adottare un sistema inclusivo nell’UE, che garantisca una proporzionata condivisione degli oneri tra gli Stati membri sostituendo la Convenzione di Dublino. Inoltre, bisognerebbe potenziare il ruolo dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (UESA), con sede a Malta, nella valutazione, nell’analisi e a livello consultivo, e metterlo in condizione di fornire agli Stati membri un’assistenza tecnica e operativa permanente.
Frontiere comuni, responsabilità comune
Sebbene i 28 Stati membri dell’UE condividano una comune frontiera, il compito di garantire la sicurezza di tale frontiera è lasciato a pochi Stati membri. Nella fase di grandi rivolgimenti che attraversa attualmente il Mediterraneo, l’onere che grava sui paesi mediterranei sta diventando insopportabile. “Innanzitutto, abbiamo bisogno di un approccio globale, come proposto nel documento del CESE”, ha affermato Domenico Manzione, sottosegretario di Stato al ministero italiano degli Interni, “sulla base di un tale approccio possiamo poi sviluppare molte soluzioni intelligenti.” Il programma italiano Mare nostrum ha già salvato 120.000 naufraghi. Purtroppo però, altre 1.900 persone hanno perso la vita in mare. Il CESE invita perciò a rafforzare il ruolo dell’Agenzia per il controllo delle frontiere esterne (FRONTEX) sia in termini di poteri che di capacità. FRONTEX deve diventare un vero e proprio organismo di controllo delle frontiere a sostegno degli Stati membri dell’UE.
L’immigrazione è necessaria perché il mercato del lavoro europeo invecchia
“L’attuale quadro giuridico è frammentario, poco trasparente e dispersivo,” ha affermato Iuliano, esortando ad adottare un codice comune europeo in materia di immigrazione e un manuale di orientamenti europei comuni. “È essenziale affrontare le barriere e la discriminazione presenti sul mercato del lavoro in modo che sia più facile attirare lavoratori da paesi terzi.” Iuliano ha raccomandato la creazione di una piattaforma europea permanente sulle migrazioni per motivi di lavoro, e ha offerto la disponibilità del CESE a studiare le soluzioni migliori per la creazione di un tale organismo. Il CESE incoraggia inoltre ad adottare un approccio globale in materia di migrazione e mobilità (GAMM) e a concludere partenariati equilibrati e giuridicamente vincolanti.
In allegato il testo del Parere in italiano presentato alla Plenaria. N.B. : il testo finale, integrato da alcuni emendamenti presentati da un esponente maltese del Gruppo 1 (Imprenditori), sarà diffuso non appena completata la trascrizione e la traduzione.
EESC-2014-04791-00-01-PAC-TRA-IT
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Algeria for first time joins Morocco in Western exercise

(Worldtribune.com)
LONDON — Algeria and Morocco have joined in a major Western naval
exercise.
Algeria and Morocco participated in Seaborder-2012 in the Mediterranean
Sea in September 2012. Officials said the two North African neighbors and
longtime rivals cooperated in a series of maritime security drills meant to
enhance regional efforts against insurgency, smuggling and illegal
migration.Seaborder-2012 marked the first time that Algeria organized part of the Western exercise, part of the so-called 5+5 defense initiative between the European Union and North Africa. The Algerian Navy contributed a missile patrol boat that worked with a Royal Moroccan Navy frigate during the drills on Sept. 25-27.
Algeria had long refused to participate in bilateral or regional
exercises with Morocco amid their dispute over Western Sahara. Officials said the regime of President Abdul Aziz Bouteflika has softened its stand over the last year amid concerns over the spread of Al Qaida Organization in the Islamic Maghreb.
The exercise, which contained simulated and live phases, began with
participants from Algeria, France, Italy, Libya, Malta, Mauritania, Morocco, Portugal, Tunisia and Spain conducting mock missions from Algeria’s maritime monitoring operations center.
On Sept. 27, the five North African and EU states moved to the Gulf of
Cadiz, where Spain hosted the live phase of Seaborder. Officials said this
phase included the interception and boarding of a suspicious vessel.
Seaborder, held every year since 2008, did not include the participation
of Libya, which sent a delegation of observers. In 2011, Morocco was an
organizer of the exercise.

Albania, Marocco e Romania nuovi driver di investimento nella green economy

(Adnkronos)- Una volta erano sinonimo di immigrazione nel nostro paese ma ora Albania, Marocco e Romania vengono in Italia con qualificate delegazioni estere per proporre interessanti opportunità di investimento nel settore delle energie rinnovabili. E potrebbero rivelarsi, quindi, degli efficaci antidoti alla crisi economica. Tutto questo sarà possibile verificarlo all’ottava edizione ZeroEmission Rome, la manifestazione dedicata a energie rinnovabili, sostenibilità ambientale, lotta ai cambiamenti climatici ed emission trading, che si svolgerà dal 5 settembre alla Fiera di Roma. A ZeroEmission Rome 2012 saranno particolarmente numerose la delegazioni estere, con a loro disposizione un’area dedicata, provenienti, oltre che da Albania, Marocco e Romania, anche da Argentina, Brasile, Egitto, Giordania, Israele, Macedonia, Serbia e Slovenia, che presenteranno le opportunità di investimento nei loro Paesi. In particolare, saranno presenti Aaee (Associazione Eolica Argentina), Aida (Albanian Investment Development Agency), Aderee, l’agenzia del Marocco per lo sviluppo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, Siepa (Serbian Investment and Export Promotion Agency), l’Ufficio Economico del Consolato Generale della Repubblica di Slovenia, la Camera di Commercio Italiana per la Romania, Edama, associazione giordana che cerca soluzioni innovative per l’indipendenza energetica del Paese, e l’Ufficio di Promozione Commerciali e Investimenti dell’Ambasciata del Brasile in Italia. “Grazie a queste iniziative, ZeroEmission Rome diventa sempre di più il punto di riferimento internazionale per coloro interessati a investire soprattutto nell’area del Mediterraneo, dei Balcani, del Sud ed Est Europa e a trovare nuove partnership” afferma Marco Pinetti, presidente di Artenergy Publishing, la società organizzatrice.

UIC: terza Conferenza mondiale sul trasporto ferroviario merci, dal 17 al 19 ottobre 2012 in Marocco

(FERPRESS) – Roma, 8 AGO – Dal 17 al 19 ottobre 2012 si terrà a Tangeri, in Marocco, la terza Conferenza mondiale sul trasporto ferroviario merci (GRFC), organizzata da UIC e dalle ferrovie statali marocchine (ONCF) con la collaborazione di numerosi partner, tra cui l’Organizzazione mondiale delle dogane (OMD) e il Bureau International des Containers et du transport Intermodal (BIC).
La conferenza ruoterà intorno al ruolo del trasporto ferroviario merci nello sviluppo del sistema logistico globale.
Durante i dibattiti delle tavole rotonde e le sessioni plenarie, saranno affrontati i recenti progressi e le prospettive future in relazione a temi quali: intermodalità e partnership multimodali (tra ferrovie, porti, spedizionieri, ecc.); sviluppo di corridoi ferroviari merci internazionali e intercontinentali; ponti terrestri; ottimizzazione della catena logistica globale grazie alle nuove tecnologie (sistemi informativi e gestionali, di sicurezza, ecc.); il ruolo del Maghreb e del Mediterraneo come importante hub di trasporto e sistemi logistici all’incrocio tra Europa, Africa e Medio Oriente.
Tra i relatori confermati figurano: Mohammed Rabie Khlie, direttore generale di ONCF e presidente di UIC Africa; Jean-Pierre Loubinoux, direttore generale di UIC; Gaozhang Zhu, direttore di Conformità e Facilitazioni di OMD; Michel Hennemand, presidente di BIC; Alessandro Ricci, presidente di Unione Interporti Riuniti (UIR).
Durante la conferenza, espositori e sponsor presenteranno i propri prodotti e i successi ottenuti nel settore.
A breve sarà inoltre confermato un programma di visite tecniche nella zona di Tangeri.

Migranti all’assalto della frontiera Spagna-Marocco

(Il Secolo XIX)
Melilla – In concomitanza con la fine del Ramadan, fra la notte di sabato e domenica, centinaia di migranti hanno preso d’assalto la doppia barriera di filo spinato che divide il Marocco da Melilla, l’enclave spagnola in nord Africa. In due diverse ondate, circa 450 persone di origini magrebine e sub-sahariane hanno tentato di scavalcare in massa la recinzione alta sei metri della frontiera, nel tratto che costeggia il Rio de Oro. Il confine terrestre fra Melilla e l’entroterra marocchino, così come quello di Ceuta, è infatti recintato e sorvegliato per impedire l’immigrazione illegale e il contrabbando.
Sabato notte, intorno alle 21, c’è stato il primo assalto: dei circa 300 che hanno tentato il passaggio, 60 sono riusciti a entrare in Spagna. Non si sono registrati feriti e la mattina dopo, domenica all’alba, c’è stato il secondo tentativo di 150 persone.
Era dal 2005 che la frontiera di Melilla non registrava cifre simili, con centinaia di migranti in fuga. Quell’anno, infatti, furono migliaia gli africani che cercarono di entrare in territorio spagnolo e il governo centrale decise quindi di alzare da 3 a 6 metri la doppia recinzione.
Progettate e costruite dalla Spagna, le barriere di Mellilla e Ceuta – 12 km la prima, 8 la seconda – sono costituite da filo spinato. Costate 30 milioni di euro, sono state costruite con fondi della Comunità Europea. Consistono in barriere parallele con posti di vigilanza alternati e camminamenti per il passaggio di veicoli adibiti alla sicurezza. Cavi posti sul terreno connettono una rete di sensori elettronici acustici e visivi. Sono dotate di un’illuminazione ad alta intensità, di un sistema di videocamere di vigilanza a circuito chiuso e strumenti per la visione notturna. Il Marocco si è opposto alla loro costruzione. E non è il solo: in tanti infatti si dichiarano contrari, denunciando che la sua esistenza ha provocato la morte di almeno 4.000 persone, annegate nel tentativo di attraversare lo Stretto di Gibilterra ed entrare illegalmente in Spagna.

Italiano ucciso da un ventenne a Hammamet riapre dibattito su diritti gay e turismo sessuale

(La Repubblica)
di Sabrina Ambrogi
Un italiano è stato accoltellato a morte in casa propria nei giorni scorsi nella medina di Hammamet. Si chiama Angelo V. C., cinquant’anni. L’autore del delitto, un ventenne tunisino reo confesso, originario di Gabès e residente a Nabeul, è ora in prigione dopo essere stato arrestato a Ben Arous. Un furto degenerato in tragedia sarebbe all’origine del gesto, secondo quanto dichiarano ufficialmente le autorità tunisine locali. L’omicidio risale al 2 agosto scorso.
Secondo quanto riportato da Tuniscope (quotidiano tunisino on line) l’assassino ha dichiarato che la vittima l’aveva invitato a festeggiare il suo compleanno. Ma, aggiunge, l’italiano l’ha molestato sessualmente. In preda alla rabbia e volendosi difendere, l’avrebbe accoltellato. Racconta poi di essere stato preso dal panico dopo averlo visto in un lago di sangue, e di essere fuggito rubandogli soldi e oggetti. Da notare – continua Tuniscope – che le autorità hanno scoperto che la vittima aveva l’abitudine di ricevere giovani uomini allo scopo di intrattenere rapporti sessuali.”
Alla radio Shems Fm il vicino di casa di Angelo racconta: “Abbiamo sentito un rumore di valigia trascinata, poi verso mezzogiorno un gruppo di amici, arrivati per festeggiare il compleanno di Angelo, non sono riusciti ad entrare. Ci hanno domandato aiuto e il proprietario di casa è venuto ad aprirci la porta. Abbiamo allora scoperto il corpo legato, presentava diversi segni di aggressione”.
La Farnesina non ha dato alcuna informazione circa l’identità completa della vittima indicata solo come “Angelo”, né circa la sua professione, né per quali ragioni si trovasse a Hammamet e perché gli sia stato rilasciato un permesso di soggiorno tunisino, che è la sola circostanza resa nota. La famiglia adottiva di Angelo si trova in queste ore in Tunisia per riportare in patria il corpo del congiunto.
Alcuni quotidiani on line riportano che Angelo fosse un prete, che alcuni oggetti ritrovati a casa dell’assassino lasciano pensare che si tratti del suo amante, e che i due si conoscessero già. La stampa tunisina ha però lasciato aperte tutte le ipotesi (dal traffico di droga, alla rapina degenerata in tragedia, al turismo sessuale).
A quanto dichiara un’amica della vittima, Martine Costa, che ad oggi continua a essere l’unica fonte diretta, l’omicidio sarebbe legato all’omosessualità di Angelo e il suo mestiere era quello di truccatore. Secondo Martine, Angelo sarebbe stato ucciso con dieci coltellate e poi sgozzato. Anche questo dettaglio è ad oggi inverificabile poiché l’ospedale Charles Nicolle di Tunisi dove è stata trasferita la salma per l’autopsia non fornisce informazioni. “Erano le due di notte e deve aver gridato ma nessuno è accorso in suo aiuto”, denuncia su Facebook la donna francese. E poiché è impossibile non essere sentiti nei vicoli strettissimi della medina, questa omissione, sempre secondo Martine, è ascrivibile all’orribile pregiudizio sull’omosessualità esistente in Tunisia. Poi ha raccontato dell’esposizione del cadavere subito dopo, con i bambini che ridevano “perché è morto l’omosessuale”.
Poiché appunto la notizia è frutto della rete, nelle rete si è aperto un acceso dibattito sull’omofobia in Tunisia e nei paesi musulmani in genere, dove l’omosessualità è frequentissima ma viene repressa e negata. Ciò avviene sia nel caso si tratti di una reale identità sessuale, sia nel caso di “pratica” alternativa alle limitazioni alla libertà delle donne, spesso poi costrette – usanza sempre più diffusa – a sottoporsi ad operazioni di ricostruzione plastica dell’imene per arrivare vergini al matrimonio. Modalità relazionali controllate, basate sull’ipocrisia e sulla frustrazione se si considera che i rapporti sessuali per le ragazze avvengono intorno ai 17 anni, mentre l’età del matrimonio è intorno ai 30.
E se il codice penale tunisino all’articolo 230 prevede che la sodomia debba essere punita con tre anni di prigione, il partito islamista Ennahda maggioritario all’assemblea costituente non sembra andare verso un’evoluzione più illuminata della libertà sessuale degli individui. Ecco quindi che nei dibattiti infuocati nella rete si sia aggiunto un carattere fortemente politico all’avvenimento.
L’altra grande questione che si è aperta, oltre all’omofobia dei paesi musulmani per molti versi speculare all’omofobia del nostro paese (“è ora che ci si renda conto che essere omosessuali è un flagello contro natura”. sono i commenti a sfavore più diffusi ), riguarda anche una delle possibili versioni dell’omicidio di Angelo: la drammatica conseguenza del dilagante turismo sessuale di uomini e donne europei, italiani in particolare, verso i paesi del Maghreb. Un fenomeno databile dagli anni ’80, e frequentissimo in Tunisia. Questo squallido costume occidentale ha fatto prosperare una “professione” locale, figlia della miseria, del disagio e della disoccupazione: sono i bezness o dragueur che seducono uomini o donne per poi derubarli o appropriarsi indirettamente dei loro beni.